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martedì 15 agosto 2017

Io vaccìno: effetti della comunicazione (sbagliata) a breve e lungo termine

"Sugli errori di comunicazione dell’intera vicenda vaccini andata in scena nel nostro paese molto è stato già detto e scritto. Ma un ulteriore spunto di riflessione sull’argomento viene ora da uno studio italo-scozzese dal titolo «La disinformazione persiste in memoria», condotto da Sergio della Sala e colleghi dell’Università di Edimburgo, che mette ancora una volta in guardia dal rischio per la salute pubblica di sottovalutare o ignorare i meccanismi cognitivi in atto nell’elaborazione e memorizzazione delle informazioni. 

Secondo i ricercatori, infatti, le attuali strategie messe in campo per correggere la disinformazione sui pericoli delle vaccinazioni non sortiscono l’effetto sperato e, al contrario, finiscono per rafforzare le credenze non fondate. 

«L’incapacità di aggiornare i ricordi con le informazioni correttive potrebbe avere delle importanti conseguenze sulla salute pubblica, come nel caso della scelta della vaccinazione» scrivono gli autori nello studio, apparso su Plos One, dove confrontano l’efficacia di tre diverse strategie comunicative cui i 134 partecipanti allo studio, italiani e scozzesi, sono stati esposti. 

Al primo gruppo, è stato consegnato un opuscolo che ribatte con i fatti alle false credenze; al secondo gruppo, è stata data una serie di grafici e tabelle che confrontano potenziali problemi causati da morbillo, parotite e rosolia con potenziali effetti collaterali del vaccino MPR (morbillo parotite e rosolia) e al terzo gruppo sono state mostrate immagini di bambini affetti da morbillo, parotite e rosolia.

Le credenze dei partecipanti sul presunto legame vaccini-autismo e sugli effetti collaterali dei vaccini sono state raccolte prima dell’esperimento, immediatamente dopo e a una settimana di distanza. Le risposte raccolte dai ricercatori segnano una bocciatura per tutti e tre i metodi comunicativi. Anzi, è emerso un effetto contrario, di potenziamento delle false e infondate credenze, e un rafforzamento nel tempo delle proprie intenzioni iniziali di non ricorrere al vaccino.

Secondo gli autori, contrastare le false informazioni in modi che le ripetano sembra avere l’effetto di amplificarle e diffonderle ancor più, rendendole familiari e più accettabili (illusory true effect).
Lo studio, inoltre, conferma quanto già emerso da precedenti ricerche sull’efficacia dei vari messaggi per spingere i genitori a vaccinare i figli e cioè che ricorrere a immagini di bambini non vaccinati malati per far leva sulla paura, non paga: invece di aumentare la consapevolezza dei rischi della malattia non fa che rafforzare l’idea del legame tra vaccini e autismo, secondo una distorsione cognitiva nota come «danger priming effect».

Gli autori spiegano questi e altri meccanismi in atto nella mente delle persone che contribuiscono al fallimento di questo tipo di strategie comunicative, molto comuni. «Probabilmente non esiste una regola d’oro per superare tutte queste complessità» scrivono. 

Che fare dunque per evitare non solo il fallimento della campagna ma il suo trasformarsi in un boomerang, pericolosamente controproducente? Per influenzare credenze e comportamento delle persone è necessario diversificare le comunicazioni, non puntare tutto su un’unica campagna, pensare a «interventi diversi, su misura, simultanei e frequenti per aumentare la probabilità di diffusione e accettazione del messaggio». 

Ma anche agire su più livelli, indirizzandosi verso tutti i fattori che possono influenzare le decisioni, sociali e non da ultimo quelli strutturali, organizzativi e logistici."

http://www.lastampa.it/2017/08/14/scienza/benessere/vaccini-ecco-perch-le-campagne-falliscono-7QB5Ci2hjRxLxqHLwifvJP/pagina.html

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