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USA: LA PANDEMIA FERMA ANCHE LA MANO DEL BOIA



Il Riformista, 26 marzo 2020 (link all'articolo)

La pandemia da coronavirus si è abbattuta come una minaccia mortale in molti Stati della Federazione ma sul braccio della morte del Texas è caduta come una manna dal cielo.

John Hummel doveva essere giustiziato tramite iniezione letale il 18 marzo nella camera della morte di Huntsville, alle 6 del pomeriggio, come è consuetudine. Normalmente, a un’esecuzione partecipano molte persone, affollate in una stanzetta adiacente a quella dell’estremo supplizio dove su un lettino fatto a forma di croce è legato il condannato. Seduti fianco a fianco, da dietro a una vetrata, assistono al rito capitale avvocati, medici, agenti carcerari, parenti della vittima del reato e gli amici e la famiglia del detenuto.

Il Dipartimento di giustizia penale aveva preparato con cura l’intera procedura di controllo anti-contagio per tutti i presenti ed era pronto per eseguire l’esecuzione. I pubblici ministeri, dopo aver escluso i visitatori dalle carceri in tutto lo stato, si erano opposti alle richieste di annullamento dell’esecuzione e i funzionari del Dipartimento di Giustizia Penale avevano affermato di poter ancora effettuare iniezioni letali in tutta sicurezza.

La mano di Dio si è manifestata a favore di Hummel con l’ordine di sospensione per 60 giorni emesso alla vigilia della sua esecuzione dalla corte d’Appello del Texas: “Abbiamo stabilito che l’esecuzione deve essere subito sospesa alla luce dell’attuale crisi sanitaria e delle enormi risorse necessarie per far fronte all’emergenza”.

Pochi giorni dopo, la stessa buona sorte ha toccato la vita di Tracy Beatty, salvato dallo stesso tribunale che ha rinviato di 60 giorni l’esecuzione prevista il 25 marzo, perché il numero di persone che si radunano per vedere ed eseguire l’esecuzione rischierebbe di diffondere il virus.

Da qui fino alla fine dell’anno sono programmate altre sette esecuzioni in Texas, sei in Ohio, quattro in Tennessee e una in Missouri. È molto probabile che siano rinviate, a partire da quelle di Fabian Hernandez, Billy Wardlow, Edward Busbye e Randall Mays fissate in Texas tra la fine di aprile e i primi di maggio.

Fermare le esecuzioni in Texas equivale a una sospensione in tutta l’America, essendo lo Stato nella cosiddetta “fascia della Bibbia” dove ogni anno si pratica di più, in coincidenza perfetta con la “fascia della morte”, il rito pagano della “crocifissione” tramite la “civile” iniezione letale.

Non c’è solo questa moratoria di fatto delle esecuzioni capitali. La crescente pandemia ha anche interrotto i processi in cui era stata chiesta la pena di morte, anche perché gli avvocati, limitati nei propri movimenti, nella possibilità di accesso ai tribunali o di accesso ai clienti, non avrebbero potuto indagare sui loro casi e preparare come si deve una difesa in un processo capitale come quello americano nel quale la rappresentanza legale è sacra.

Invece, il governatore Jared Polis del Colorado non ha aspettato il coronavirus per liberarsi di questo ferro vecchio della storia dell’umanità e lunedì scorso ha fatto del Colorado il 22° Stato americano ad abolire la pena di morte.

Esecuzioni negli USA sono spesso sospese da decisioni della Corte suprema in casi particolari oppure del tutto vietate come nei casi di malati mentali e di minori. Nel 2009, una “carestia” di droga, indispensabile per condurre le iniezioni letali, aveva afflitto molti Stati che hanno dovuto interromperle per molti anni a seguire. Ma è raro che siano eventi naturali a inceppare la macchina della morte.

È accaduto proprio in Texas nel 2017, quando l’uragano Harvey che si era abbattuto sullo Stato aveva portato all’interruzione dell’esecuzione di Juan Castillo che fu giustiziato l’anno successivo tra mille dubbi sulla sua reale colpevolezza.

Ma il male di una pandemia così mortale per molti e per molto tempo che comporti, seppure per pochi e per poco tempo, il bene di una moratoria delle esecuzioni capitali e dell’esecuzione penale stessa, non era mai accaduto, ed è qualcosa che può assomigliare a un castigo divino, la giusta punizione inflitta a fronte di una intollerabile malvagità umana. Oppure può anche essere un monito volto a cambiare modo di pensare, di sentire, di agire: non sfidate la capacità di un sistema, sia esso il pianeta o una prigione, per sua natura limitato, caricandolo di un dolore illimitato, strutturalmente insopportabile, umanamente intollerabile.

L’Antico Testamento è stracolmo di storie, di maledizioni e benedizioni, di castighi e perdoni. Non c’è scritto solo “occhio per occhio”, c’è scritto anche “nessuno tocchi Caino”. Ritorniamo alla letteralità di quel passo della Genesi: “il Signore pose su Caino un segno perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato”. Nessun marchio d’infamia, nessuna pena, nessun patibolo, nessuna violenza, nessuna sofferenza. Caino-costruttore-di-città, questa fu la soluzione, attualissima, concreta, trovata nella Genesi, alle origini e nei “principi” della Storia e dell’umanità, quando eravamo più civili, più umani, più giusti di oggi.



Sergio D’Elia

Segretario di Nessuno Tocchi Caino

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