45.000 morti di malasanità negli ospedali italiani
Ho
chiesto a Marcello Crivellini, dirigente della nostra Associazione e
docente di Analisi e organizzazione di sistemi sanitari al Politecnico
di Milano, di commentare l’inchiesta sulla malasanità del “Corriere
della Sera” segnalata nel numero 45 di questa newsletter. Mi ha risposto con un articolo che
contiene dati, relativi al 2011, conosciuti solo dagli esperti: il 5,2%
dei ricoverati negli ospedali italiani subisce un “evento avverso” (un
errore che provoca danni alla salute); il 9,2% di questi errori conduce
al decesso del paziente. Dunque, i morti per malasanità sono 45.000 mila
l’anno, contro i 4.500 per incidenti stradali e i 1.000 morti sul
lavoro. Sul piano internazionale, risulta che il 30 o il 40 per cento
degli interventi sanitari sono comunque inutili, ed effettuati per
incapacità dei medici o per interesse economico.
In
queste due settimane, fra le molte cattive notizie dall’Italia (diamo
430 milioni a tre cliniche cattoliche a Roma e solo 375 a tutti i malati
di SLA; siamo i penultimi in Europa per la condizioni dell’infanzia,
prima solo della Bulgaria; e via dicendo), due spiragli di speranza: a
Milano nasce – anche ad opera di Marco Cappato – il registro dei
testamenti biologici; a Roma il sindaco Marino si dice favorevole al
registro delle unioni civili, ed anche alle nozze e alle adozioni gay).
Dall’estero le notizie che più colpiscono riguardano l’eutanasia: in
Belgio si va verso la legalizzazione per i minorenni, non senza
polemiche; in Francia fa scalpore il suicidio di una coppia di
intellettuali di 86 anni, che in una lettera denunciano l’orrore di una
legislazione che vieta di avere una morte dignitosa. Infine, per chi
spera molto nel riformismo di Bergoglio, arriva dagli USA una doccia
fredda: la Chiesa – dice l’arcivescovo di Boston Sean O Mallory – “non è
democratica, è gerarchica; niente concessioni alla mondanità
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