di Marta Ghezzi da Amman
Continuano i rastrellamenti della polizia irachena ai danni dalla comunità lgbt. Il 15 settembre scorso, 25 uomini sono stati arrestati, nella città di Kalar, a nord di Baghdad, durante una festa privata.
Di questi, ne sono stati scarcerati solo 3, e solo per le proteste di numerose associazioni per la difesa dei diritti umani. Degli altri 22 non si conoscono le condizioni di salute, né il luogo di detenzione. Tantomeno sono stati formalizzati capi di accusa.
A denunciare l'accaduto è la Iraqi Lgbt, associazione irachena transfuga a Londra a difesa dei diritti della comunità gay, lesbica e transgender in Iraq.
Tra il 2003 e il 2009 sembra siano più di 700 le vittime di quella che sembra una vera e propria pulizia sessuale. Attivisti per i diritti dei gay e semplici cittadini vengono picchiati, arrestati, rapiti e spesso giustiziati sommariamente a causa del loro orientamento sessuale, vero o presunto.
Nell'immensa casistica registrata dall'associazione figura anche l'omicidio di un bambino, sospettato di comportamenti sessuali contrari alla morale.
Dalla caduta del regime di Saddam Hussein, milizie sciite e plotoni di polizia compiacenti attuano sistematicamente una lotta extra-legale all'omossessualità nel paese. Sebbene nessuna legge condanni ufficialmente l'omosessualità, la pesante fatwa dell'ayatollah Ali Al-Sistani pesa sulle teste dell'intera comunità dal 2006.
Deposto il rais e distrutta la società civile e laica, i gay in Iraq si trovano a dover vivere in condizione di clandestinità e continuo pericolo: rastrellamenti casa per casa, raid nei luoghi di ritrovo, processi organizzati in corti islamiche non riconosciute dal governo centrale con il solo scopo di dichiarare colpevoli di immoralità gli imputati, sono ormai all'ordine del giorno.
Il gruppo di Iraqi Lgbt opera in segreto da diversi anni, garantendo protezione in case-rifugio per i cittadini iracheni vittime di persecuzione da parte della polizia e dei fanatici religiosi, arrivando anche a organizzarne la fuga all'estero.
25 ottobre 2011
A denunciare l'accaduto è la Iraqi Lgbt, associazione irachena transfuga a Londra a difesa dei diritti della comunità gay, lesbica e transgender in Iraq.
Tra il 2003 e il 2009 sembra siano più di 700 le vittime di quella che sembra una vera e propria pulizia sessuale. Attivisti per i diritti dei gay e semplici cittadini vengono picchiati, arrestati, rapiti e spesso giustiziati sommariamente a causa del loro orientamento sessuale, vero o presunto.
Nell'immensa casistica registrata dall'associazione figura anche l'omicidio di un bambino, sospettato di comportamenti sessuali contrari alla morale.
Dalla caduta del regime di Saddam Hussein, milizie sciite e plotoni di polizia compiacenti attuano sistematicamente una lotta extra-legale all'omossessualità nel paese. Sebbene nessuna legge condanni ufficialmente l'omosessualità, la pesante fatwa dell'ayatollah Ali Al-Sistani pesa sulle teste dell'intera comunità dal 2006.
Deposto il rais e distrutta la società civile e laica, i gay in Iraq si trovano a dover vivere in condizione di clandestinità e continuo pericolo: rastrellamenti casa per casa, raid nei luoghi di ritrovo, processi organizzati in corti islamiche non riconosciute dal governo centrale con il solo scopo di dichiarare colpevoli di immoralità gli imputati, sono ormai all'ordine del giorno.
Il gruppo di Iraqi Lgbt opera in segreto da diversi anni, garantendo protezione in case-rifugio per i cittadini iracheni vittime di persecuzione da parte della polizia e dei fanatici religiosi, arrivando anche a organizzarne la fuga all'estero.
25 ottobre 2011
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