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domenica 17 aprile 2011

Esiste l'apartheid tra etero e gay ?

 A mio avviso la recente polemica scatenatasi all'interno della cosiddetta Comunità LGBT a seguito della elezione di un uomo etero alla presidenza di Arcigay Bari, mostra come pesanti e striscianti forme di apartheid siano presenti nella nostra società, anche tra coloro che sembrerebbero dover apparire meno disposti a discriminare, in quanto discriminati. L'apartheid appare quindi esistere quindi a doppio senso, malgrado gli sforzi per dimostrare il contrario. Con buona pace di tutti coloro che pretendono che ciò non sia e non possa essere.

Credo che sempre di più sia necessario riflettere sulle implicazioni di tali comportamenti, che appaiono assolutamente contraddittori rispetto a ciò che ci si propone di sostenere e realizzare e che evidentemente affondano le loro radici di intolleranza discriminatoria in un substrato culturale che è comune a molti gay come molti etero. E', a mio avviso, dall'attenzione massima di ciascuno a individuare e non riprodurre nel suo comportamento quanto disapprova e combatte in chi gli si contrappone la possibile chiave per superare questo tipo di situazione, che obbiettivamente appare come un forte blocco per la crescita civile dell'intera società. Cominciando ciascuno da se stesso, con umiltà, ma anche con determinazione e senza scarichi di responsabilità.

 Giovedì 11 settembre 2008 (in piena bagarre pacs e campagna elettorale) scrivevo in proposito, riprendendo una riflessione iniziata tempo prima e pubblicata nel 2006


apartheid etero/gay--- un post un po' lungo.....che vi consiglio di leggere con attenzione.

Anche se è già stato pubblicato sul notiziario gaya-csf del 21 e del 23 marzo 2006, ritengo purtroppo ( e qualcuno comincia ad accorgersene..) che non sia affatto superato.

Mi auguro di cuore perciò che possa servire a individuare all'interno della Comunità varia , ma non solo, le motivazioni profonde di certi atteggiamenti mentali e comportamenti "politici" che impediscono pericolosamente una civile e rispettosa convivenza tra PARI nel nostro paese e ovviamente anche nel nostro mondo.
Se non si esaminano con attenzione critica le cause di comportamenti e situazioni distruttive e auto-distruttive, è altamente improbabile anche solo ipotizzare modi e mezzi per eliminarne gli effetti dannosi.
E ciò va fatto partendo proprio da una analisi comportamentale, possibilmente storicizzata, che ciascun*, singolarmente ed in prima persona, ovvero senza rifugiarsi dietro un gruppo, deve intraprendere con coraggio e senso di responsabilità di sé.
La propria libertà di essere e di amare è una conquista, giorno dopo giorno, ora dopo ora; si nutre dell'esperienza, anche dei propri comportamenti negativi, non solo di quelli altrui: rendersi consapevoli e responsabili dei propri pensieri e delle proprie azioni è il solo concime davvero "ecologico" che ne rende possibile e "naturale" la fioritura rigogliosa .
Non dobbiamo avere paura di affrontare argomenti " scomodi", di veramente scomodo c'è solo il non affrontarli e ormai forse qualcun* in più se n'è accorto.


tra etero e gay esiste l'aparteid?


Si, esiste in Italia una sorta di apartheid tra etero e gay: agli etero sono riconosciuti diritti che ai gay sono negati, eppure gran parte dei GLBTQ, quelli che lavorano, sono tassati esattamente come gli etero.
E la "parità", a norma dell'art.3 della Costituzione al momento, da 60 anni, è tutta qui.
Sulla carta, come per le donne
.
La cosa peggiore è che, specie nell'ambito della "sinistra", ma non solo, tali diritti non sono negati ufficialmente e apertamente ( vedi la questione nozze), ma da troppo tempo ignorati e delegittimati in mille modi: solo dopo un lavoro politico e culturale di anni da parte di alcuni ardimentosi ultimamente si è assistito ad una sorta di "apertura" da parte dei più illuminati politici (laici) nostrani. In massima parte di facciata, a sinistra, come a destra, le eccezioni, che pure ci sono e ben determinate, non trovano alcuno spazio mediatico effettivo e continuativo nella comunicazione politica.

I diritti GLBTQ, come delle donne, negati da una cultura maschista e integralista, fortemente radicata nelle istituzioni a tutti i livelli, continuano ad essere relegati solo e unicamente nel "privato" (privato di diritti alla parità certamente), o al massimo in quello dell'intrattenimento, quando non della cronaca nera, solo con connotazioni fortemente negative, perchè certamente la parte della macchietta, del giullare, o della pin-up, neanche quella della madre di figli, non è considerata "seria" quanto quella di un ex-presidente di un'istituzione internazionale o nazionale.
Forma di disprezzo "razziale", fisico, mentale, lessicale, tanto più nascosto ed ipocrita, quanto più ben radicato e istituzionalizzato, omofobia viscerale,insomma.

Però... basta seguire solo un poco le vicende di questa campagna elettorale che si presenta come anche peggiore delle precedenti, e ci viene imposta già dall'inizio della legislatura ora in scadenza come una sorta di scontro tra opposte tifoserie, per rendersi conto che in parecchi ( partiti o gruppi) sono ben determinati a catturare il voto LGBTQ, ma quanto poi a soddisfare le richieste,le "pretese" degli alfieri dei medesimi che sono solo l'ottemperanza di diritti sacrosanti alla parità tra tutti i cittadini in quanto tali in un paese che si reputa e pretende di esser reputato civile, democratico, laico...continuiamo a sentirci dire:" beh, poi si vedrà, ci penseremo poi, fidatevi".

Come se chi è in catene dovesse fidarsi di chi lo ha sempre sfruttato e potesse ragionevolmente credere a chi gli dice che lo libererà dalle catene che gli ha imposto, se avrà più potere!
Che chi ha creato e mantenuto l'apartheid ha bisogno dell'approvazione di chi ne è oggetto...
Ma non raccontateci ancora queste "storie", per favore! Abbiamo già visto i risultati precedenti, oltretutto, e non ci siamo affatto divertiti.
La parte drammatica della storia ( quella vera e reale), è che non è più sostenibile continuare a vederla trasformare in una sorta di sceneggiata.

La parte inquietante è che non è certo il gay, o la lesbica, o il/la trans, o il/la bisex, insomma il cittadino cosiddetto "diverso" da quello classicamente codificato al maschile/femminile secondo i canoni di santaromanachiesa (tra pochissimo anche la sharia), che decide di fare del proprio orientamento di genere una bandiera o una scelta di vita ( e finisce per essere oggetto d'apartheid).
E' invece l'ambiente "umano"( socio-politico-culturale)circostante, nell'intero paese, che fa del proprio orientamento di genere (eterosessuale, monogamico, procreativo, consacrato) una bandiera o una scelta di vita discriminando i GLBTQ. Pretende addirittura di continuare a imporla per legge a tutti, LGBT compresi, invocando la natura, la scienza, la fede e la volontà divina e tutte le gerarchie più sacre. Da un paio di millenni e anche con severe sanzioni in caso di non omologazione.
Non mi risulta che si sia mai verificato nella storia degli ultimi 2000 anni il contrario , ovvero che qualcuno o tutti coloro che sono GLBTQ abbiano mai preteso che tutti siano tali, imponendoglielo per legge, o natura, o dogma religioso, nè picchiandoli o ammazzandoli, nè gentilmente e subdolamente educandoceli. E non solo perchè non ne hanno avuto il potere...
Appare del tutto logico quindi parlare di apartheid nei confronti delle persone GLBTQ, diffusa nella nostra società a tutti i livelli.


Dunque è assolutamente necessario che chi proclama la propria comprensione per i nostri "problemi", la propria condivisione dalle nostre rivendicazioni, metta nero su bianco ( verba volant...) come obbiettivo da realizzare subito, entro questa legislatura, nel proprio programma politico l'abolizione di tale apartheid.
Riteniamo improrogabile che si impegni, questo sì seriamente, a realizzare nella pratica attuazione, anche quotidiana, la parità di diritti tra tutti i cittadini, compresi i GLBTQ, scritto da sessant'anni nella Carta Costituzionale Italiana oltra che e nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ( inteso come essere umano).
Altrimenti sarebbe ancora una volta un'altra, e più subdola, forma di violenza, con parecchie somiglianze col razzismo.

La gente GLBTQ, assieme alle donne, è oggetto principale della violenza sociale (generalmente di origine maschista), anche se si trova in buona compagnia con altre "categorie" di persone ( a cominciare dai diversamente abili, ad esempio) e le ultime statistiche a livello mondiale ne sono una terribile constatazione.
I GLBTQ sono oggetto di tale violenza, chiamata omofobia, non solo da parte della società in generale e dei singoli, ma anche da parte delle stesse istituzioni che dovrebbero essere invece le più attive e solerti nel difenderle, oltre che delle loro stesse famiglie e ipocritamente o meno da parte dei referenti religiosi, specie monoteisti.

Così si consumano contro di noi perfino troppe violenze, fisiche, psicologiche, quotidiane, in nome dell'affetto e del voler bene, come forme di "tutela", che tutto fa tranne che riconoscere, rispettare, solidarizzare con le nostre scelte di identità e di genere....

Noi LGBTQ non vogliamo essere tutelati, cioè "protetti", in quanto "diversi": vogliamo, esigiamo di esser rispettat*- in ogni luogo e in ogni situazione- in quanto "pari".

Noi LGBTQ non vogliamo una legge che ci tuteli in quanto GLBTQ, la Legge che c'è già, uguale per tutti, è anche per noi. Ma esigiamo che sia applicata, e fatta applicare, da tutti, poichè finora così non è e non è stato.
E' la non/applicazione della medesima che è pesantemente discriminatoria nei nostri confronti.
E' questo che deve essere eliminato, superato, al più presto, chiunque "vinca" e "perda" questa tornata elettorale. Senza stravolgerne i principi, che sono già di parità di diritto e dovere per ogni cittadino italiano.

Se e quando avverrà che la Legge sia davvero uguale per tutti forse avremo modo di decidere poi ciascun* (in tutta libertà) se "rinchiuderci" (tra gay, tra lesbiche, tra transgender, tra etero, tra bisex, tra chiunque decidiamo) in qualche sorta di "luogo protetto" o ghetto, o convento, oppure vivere assieme a tutti, ciascun* con la propria identità e la propria vita, come cittadini di un paese civile, laborioso e pacifico.

Talvolta, parlando e discutendo tra noi e con tutti di questo, mi sorge il sospetto - forse còlto anche dagli estensori del programma dell'Unione e pure dalla cosiddetta Casa della Libertà - che ai GLBTQ italiani la situazione attuale in fondo poi non dispiaccia troppo.

Forse a furia di ingegnarsi a trovare il modo di conciliare , come si dice, "il diavolo con l'acqua santa", forse riescono anche a pensare di trovare in una propria auto-apartheid il proprio tornaconto: si vive "da GLBTQ", part-time, tra amici GLBTQ, senza esplicitarsi, anzi nascondendolo il più delle volte, nella vita quotidiana, lasciandolo al massimo solo intuire (o dedurre), e mentendo (quasi) sempre, in primo luogo a sé stessi, poi alle persone vicine e in famiglia (genitori, mogli, mariti, figli) e poi via via sul lavoro, in parrocchia, nel partito, nel sindacato ecc.
I locali ( disco ecc.), e ora soprattuto mailing-lists e chat varie consentono a molt* di "vivere" comunque i propri generi in una situazione di sostanziale schizofrenia, in bilico tra due ( o più) mondi diversi e due o più identità diverse e quasi sempre opposte (e contrapposte, ufficialmente).

Per gli specialisti della psicologia è causa certamente di vero surplus di lavoro, immagino.
Ma per i GLBTQ spesso è, e resta, pericoloso per la propria vita e non soltanto quella fisica: vedo intorno che per troppa gente il gioco della sessualità-a prescindere dall'identità di genere- tende a perdere progressivamente le sue componenti fantasiose e ludiche, allegre, corroboranti, rasserenanti, per trasformarsi sempre più in un gioco di ruolo (sessuale) compulsivamente reale, in cui la componente relazionale ed affettiva finisce per scomparire, schiacciata e stravolta da quella sessuale.

La relazione interpersonale ( per tutti, non solo GLBT) si va riducendo a un gioco di ruoli contrapposti, l'uno che privilegia la componente edonistica, che pretende di considerare anche politica (laica e libertaria tout court), l'altra che impone la componente procreativa, considerata come unica "eticamente corretta" dalla cultura di potere socioeconomico ( politico-religioso) culturalmente vigente.

E in questo ambito relazionale i GLBTQ condividono con gli etero una sostanziale parità, ma che razza di parità è?
La relazione sessuo/affettiva tra persone libere e consapevoli di ciò che si è, implica assunzione non di ruoli, ma di responsabilità oggettive in un rapporto protratto nel tempo, con tutte le possibili modifiche indotte dalla quotidianità, con tutte le sue sfaccettature.
Bisogna essere prima liberi di essere per poter davvero scegliere come e chi amare, non serve ( anzi è automaticamente autodiscriminatoria) una legge particolare, separata, che stabilisca modi-e-tempi-della-relazione-come-da-contratto, nè per i singoli contraenti, nè soprattutto per i contraenti in relazione al gruppo/società.
Non serve, non basta per assicurare la felicità dei rapporti interpersonali, e soprattutto c'è già, ma finora solo qualche "eroe" è stato ed è disposto a renderla effettivamente attiva, cioè ad usarla.
Pretendere politicamente da parte dei GLBTQ una legge "speciale e nuova", significa trasferire nella realtà una affermazione politica della "diversità" assolutamente antitetica alla pretesa di parità di diritti tra tutti i cittadini e in ultima analisi potrebbe rivelarsi non solo inutile, ma adirittura dannosa.

Bisogna semmai chiedersi( e non è mai troppo tardi, ancora per un po') come mai l'attuazione della legge già esistente è stata resa sì impraticabile da parte dell'autorità preposta, ma con la complicità più o meno consapevole di col oro che, per aver paura di manifestare apertamente almeno in questo caso la propria scelta di identità di genere, finiscono per ritrovarsi a vivere al massimo relazioni clandestine in tutto o in parte, ma più "facili da gestire" e più in una realtà di separatezza che di comunità solidale.

Religiosi ( per loro scelta condannati alla castità) compresi, salvo lamentarsene.

I partiti e gli schieramenti politici, salvo qualche rara eccezione, sono il frutto della società reale, GLBTQ, cattolici, laici ed altro compresi.
Non sembrano davvero in grado di interrogarsi seriamente su come porsi su una questione che i più si ostinano a pretendere di considerare "privata", individuale, personale e "non politica".
Ed è comprensibile, è questione spinosa viste le pesanti interferenze del potere religioso con le sue indicazioni perentorie e illuminate addirittura dal padreterno.

Tanto meno i partiti tradizionali appaiono in grado di azzardare delle risposte operative: dovrebbero innazitutto autodenunciare la loro assenza e anche la loro reiterata ripulsa, senza distinzione di colore, di fede, o di ideologia, ad applicare la Legge dello Stato.
Solo dopo una simile azione potrebbero credibilmente applicarsi a riscoprire la parte laica e libertaria delle loro idee e organizzarne l'attualizzazione delle valenze. E poi infine, per renderne realmente possibile la realizzazione, impegnarsi a promuovere una evoluzione culturale nella coscienza e nella conoscenza collettiva, che hanno mantenute pervicacemente bloccate da vari decenni.
Forse è per questo che tutto sommato è più facile inserire un candidat* Trans nella propria lista: questo "compitino" può ben essergli accollato visto che è ben pratico di "imprese impossibili".
Come ha "spiritosamente" stigmatizzato Madamemussolini recentemente, "essendo un uomo vuole essere una donna".
Inoltre certo può dimostrarsi utilissim* per rassicurare gli elettori (possibili) GLBTQ, piuttosto che impegolarsi ad assumersi in prima persona, magari da maschi, etero convinti e sposati con prole, il programma di ottemperare la Legge.
Che qualcuno abbia pensato che se rinnovasse ancora le troppe promesse già fatte, a parole e mai mantenute ( quelle di abolizione dell' "apartheid"), stavolta il GLBTQ potrebbe non credergli?
Che qualcuno si sia messo in mente che basta una "rappresentanza" GLBTQ in parlamento per farci "felici"?
Spero che si accorga di aver sottovalutato le nostre capacità di attenzione e di giudizio.
Spero che la Comunità Varia e variegata si riveli intelligente e battagliera come vuol sembrare.

Mi auguro, ci auguro, che sappiamo riconoscere, chi dedica il suo impegno politico e personale da più di trent'anni, sul serio e senza solo proclamarsi tale, per ottenere quel che ci spetta, malgrado le chiusure e le mistificazioni, le antipatie e le contrapposizioni ampiamente coltivate per "distrarci", malgrado la "nuova legge elettorale", malgrado i massmedia e le "indicazioni etiche" delle gerarchie ecclesiastiche.
Lo so, non è facile, il tam tam mediatico non ci aiuta, ma dopotutto siamo abituati a non fare affidamento altro che sulle nostre risorse.
Mi auguro di cuore che sapremo uscire dall'apartheid, senza ipocrisie, con il sorriso sulle labbra e la rosa nel pugno .

17 marzo 2006

Alba Montori - GAYA CsF

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