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giovedì 29 novembre 2007

PER NON DIMENTICARE

Ringrazio Manliok, che sul suo blog ripubblica un famoso intervento di Massimo Consoli sull'aids
PER NON DIMENTICARE


IN RICORDO DI MASSIMO CONSOLI

Vi ricordo che domani, 3 luglio, è l’anniversario dell’apparizione dell’aids nelle nostre vite. Vi unisco qui di seguito un mio articolo che tratta dell’argomento pubblicato 18 anni fa. Per non dimenticare. Buona lettura,
Massimo Consoli


Ompo N° 131, Maggio 1989, pagg. 2-4

Giornalisti, ancora uno sforzo!

Il 3 luglio del 1981, il New York Times dava notizia di un “Raro cancro in 41 omosessuali”.
Il 13 luglio era la volta del New York Native (“Un cancro colpisce la comunita’ gay”).
Quasi subito, il Centro per il Controllo delle Malattie Infettive di Atlanta, nella Georgia, (CDC = Centers for Disease Control), che il precedente 5 giugno aveva messo in allarme la comunita’ medica, comincio’ a parlare di Sarkoma di Ka’posi, puntando l’accento sull’infezione opportunistica piu’ appariscente, o di Polmonite Penumocisti Carinii (MMWR = Morbidity and Mortality Weekly Report, Rapporto Settimanale sulla Morbilita’ e la Mortalita ’).
In generale, la stampa preferiva definizioni piu’ scandalistiche, come GRID (Gay-Related Immune Deficiency, Immunodeficienza Collegata all’Omosessualita’), Gay Cancer, Homosexual Plague, Morbo Gay…

Ompo N° 71, del dicembre dello stesso anno, scriveva di “Un nuovo male americano?”, e di “Peste del XX secolo”. Quest’ultima definizione era destinata a fare il giro del mondo, anche se tolta dal contesto nel quale era stata inserita e che ne avrebbe reso piu’ chiaro il significato originario.
Fin dall’inizio il CDC aveva sottolineato l’immunodeficienza delle persone che cadevano ammalate, cosi’ che qualcuno comincio’ a riassumerla nell’acronimo ACID (Acquired Immunodeficiency Disease, New York Native, March 29, 1982), o CAID (Community Acquired Immunodeficiency, NYN, June 21, 1982), ed infine “AIDS” (che all’inizio voleva significare Acquired Immune Deficiency Status, prima ancora che Sindrome, ibidem).
Quest’ultima sigla, suggerita gia’ a suo tempo dal CDC, venne usata di preferenza da un’organizzazione per l’assistenza medica ai gay, la GMHC (Gay Men’s Health Crisis) nel settembre dello stesso anno, mentre in Italia s’instaurava la tendenza a scrivere “A.I.D.S.” un po’ dappertutto.
Ompo era il primo giornale a scrivere “Aids” (N° 79, gennaio 1985), ed infine “aids” (N° 81, marzo 1985), immediatamente seguito dal quotidiano Paese Sera (intervista al prof. Fernando Aiuti, del 7 aprile 1985).
I francesi, che piu’ correttamente di noi chiamano l’aids, “sida” (come tutti gli altri popoli di lingua neolatina), hanno seguito la stessa strada: “SIDA”, “Sida”, e infine “sida” (cfr. Gai Pied Hebdo N° 69, 14 mai 1983; N° 114, 7 avril 1984; N° 149, 22 de’cembre 1984).
Poco alla volta, anche i giornalisti italiani si sono adeguati, passando dal primitivo “A.I.D.S.” all’attuale “aids” del quotidiano Il Tempo (“All’amante di Hudson solo 7,5 miliardi”, 23 aprile 1989). Ma se questa e’ la (logica) tendenza, ci sono ancora numerose resistenze: gli americani e gli inglesi insistono con “AIDS”, imitati nel nostro paese quasi solo da Il Medico d’Italia, mentre la stragrande maggioranza si e’ fermata a “Aids”.

Noi siamo per “aids”! (per quel che riguarda il solo nome, ovviamente!).
Noi siamo per “aids” per lo stesso motivo per cui siamo per “malaria” e non “mal aria”, per “tbc” e non “TBC”…
Tutte le sigle che entrano nel linguaggio quotidiano e che diventano nomi comuni vanno scritte minuscole, anche i nomi delle malattie, visto che noni non diciamo “Sifilide”, ma “sifilide”, non “Peste”, ma “peste”, non “Influenza”, ma “influenza”…

Un altro problema sorge quando vogliamo indicare il malato di aids. Un gruppo di pazienti riuniti in convegno del 1983 a Denver, nel Colorado, si dette il nome di “People With Aids”, “Persone Con Aids”, che oggi viene comunemente siglato in “PWA”. L’origine di questa definizione sembra risalire a Mark Feldman che, durante una marcia con le candele tenutasi a San Francisco un mese prima della sua morte, disse: “Il 1 novembre del 1982 io ero una persona, un essere umano. Il 23 dello stesso mese, la mia diagnosi e tutta la gente mi etichettava come una vittima. Poi, cominciarono a chiamarmi ‘persona con aids’. Ebbene, come tanti di noi gia’ sanno, io sto cercando di dare una definizione di me stesso. Io sono una persona con aids, un essere umano, non una vittima, e divento un paziente solo quando vado all’ospedale…”
(cfr. Dennis Altman, Aids in the Mind of America , Anchor, New York , 1987).

I francesi usano talvolta, a meta’ tra l’ironico ed il polemico, “sidatique”, come gia’ dicono “chole’rique” (“coleroso”), “syphilitique” (“sifilitico”), “herpe’tique” (“che ha l’herpes”), e via di questo passo.

Noi, su Ompo, usiamo l’acronimo “PWA”, tutto maiuscolo perche’ non e’ una parola entrata nell’uso comune (e probabilmente non ci entrera’ mai), e perche’ il nostro periodico si rivolge soprattutto ad un pubblico di “addetti ai lavori” che non hanno difficolta’ ad interpretare le decine di sigle delle quali sono infarciti i nostri articoli.
Ma siamo coscienti della necessita’ di un termine breve, riassuntivo, che non costringa l’italiano medio a estenuanti “calembours” o giri di parole. Non i puo’ quotidianamente dire o scrivere “persona con aids”. Poiche’ noi italiani, unici tra tutti i latini abbiamo adottato l’inglese “aids”, invece del piu’ confacente “sida”, ne dovrebbe conseguire che la “persona con aids” andrebbe definita “aidsitica”: parola impronunciabile, difficile e troppo vicina a “stitica”. A parte i problemi di assonanza, le “PWA” sono tutto, meno che stitiche. Anzi, il primo tra i sintomi della sindrome e’ una diarrea profusa e inarrestabile.
Potremmo provare con una sine’ddoche, estrapolando uno dei componenti della sigla (Sindrome Immuno-Deficitaria Acquisita) pe indicare il tutto del male. Ma quale? “Sindromatico”? Ma la “sindrome” e’ un insieme di segni e sintomi che possono fornire infinite diagnosi. “Immunodeficitario”? Forse andrebbe anche bene, ma e’ troppo lungo e vago, cosi’ com’e’ vago e onnicomprensivo “immunodepresso”. “Acquisito”? non ha alcun senso.
Forse bisogna recuperare la versione latina di “aids”, cioe’ “sida”, e da questa fare come i francesi (e gli spagnoli e i portoghesi), derivandone “sidatico”. Non dobbiamo dimenticare, comunque, che questa parola e’ estremamente vicina a “sotadico”. La Satira Sotadica di Luisa Sigea e’ un libro licenzioso di Nicolas Charter, mentre le “fasce sodiche”, se la memoria non m’inganna, erano quelle zone del globo terrestre nelle quali (secondo Richard Burton) era maggiormente diffusa l’omosessualita’!

In ogni caso bisogna decidersi ad adottare un linguaggio comune, comprensibile da tutti.
Anche nella pronuncia di “aids” abbiamo i soliti problemi derivati dall’ambiguita’ di una sigla anglosassone per niente duttile alle necessita’ della nostra lingua. Cosi’, i piu’ sofisticati pronunciano “e’iz”, gli indecisi “ai(d)z”, i precisi “aiddiesse”… per ragioni fonetiche, e in apparente contraddizione con quanto detto sopra sulle sigle che diventano nomi comuni, crediamo che in questo caso si debba dire proprio “aiddiesse”, pronunciando, cioe’, tutte le singole lettere che compongono la sigla A.I.D.S.
Percio’, visto che la responsabilita’ di un uso corretto della nostra lingua, e di quanto nella nostra lingua ci viene dall’estero, oggi ricade in larghissima parte sulla stampa, la radio e la televisione, i giornalisti devono poter essere messi in grado di svolgere il loro lavoro nel miglior modo possibile e con tutti gli strumenti adatti.
Questo articolo, insieme ad un altro pubblicato sul nostro periodico in merito ai problemi di terminologia sollevati dalla problematica aids (come si dice: “Ka’posi” o “Kapo’si” o “Kaposi’”, “emofiliaco” oppure “emofilico”, ecc., Ompo N° 84, giugno 1985), cerca di venire incontro anche a questi problemi di linguaggio che potrebbero sembrare futili, ma non lo sono per niente. Basta pensare che, molto spesso, chi ci telefona in redazione perde i primi cinque minuti cercando di mettere insieme parole che non conosce bene o che non capisce affatto, oppure usando frasi perifrastiche imbarazzanti, come quel giovano che ci ha chiamato ed ha esordito affermando: “Io sono uno di quelli che hanno l’aids…”.
Percio’, giornalisti, ancora uno sforzo! Cerchiamo, tutti quanti insieme, di usare un linguaggio comune, chiaro, facilmente comprensibile e onesto senza essere allarmante e ricordiamoci che perfino nella scelta grafica di una parola si puo’ fare del terrorismo, e A.I.D.S. e’ molto piu’ “paralizzante” di aids.
Buon lavoro.

Massimo Consoli

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