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venerdì 5 ottobre 2007

Kosovo. da Notizie Radicali





Kosovo: Un Sogno per Superare la Crisi

di Maurizio Morabito

Dopo tanti anni di rinvii la crisi internazionale intorno al Kosovo sta per venire al pettine. Secondo le intenzioni del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon, il 10 dicembre sarà la data conclusiva dei negoziati fra la Serbia e la provincia meridionale a maggioranza albanese esclusa dal controllo di Belgrado dal 1999.


Il mediatore Martti Ahtisaari ha pubblicato lo scorso aprile una serie di raccomandazioni che includono l’indipendenza del Kosovo, e ci sono tutte le indicazioni che gli ulteriori negoziati in corso falliranno, gli USA seguiranno il Piano Ahtisaari, la Russia ne farà un caso, e la Serbia si chiuderà a riccio rifiutando sdegnata a priori di entrare nell’Unione Europea (UE), sempre più attratta in orbita intorno il Presidente Putin (che magari all’epoca sarà Primo Ministro).

Nel frattempo la UE, per dimostrare di non essere comandata da Mosca, deciderà in una materia cosi’ straordinariamente europea di seguire quanto dettato da Washington: scegliendo così di non fare niente per sanare i conflitti rimasti aperti nel Continente.

Anzi, si può essere certi che scorre abbastanza cattivo sangue fra il Kosovo e il resto della Serbia da garantire che dal 10 dicembre in poi, i mercanti d’armi faranno affari con le bande armate di qua e di là della “nuova” frontiera, semmai ce ne fosse bisogno.

La Storia insegna che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Europei sono diventati bravissimi a illudersi che i problemi si risolvono rimandandone la soluzione a data da destinarsi. Non meravigliamoci allora se non è cambiato molto da quel Dicembre 1991 nel quale prima la Germania e poi il resto dell’Unione riconobbero l’indipendenza di Croazia e Slovenia, all’apparenza fermando la guerra fra Zagabria e Belgrado ma in pratica scatenando il lunghissimo conflitto bosniaco.


Un parallelo tra la Bosnia e il Kosovo è ovvio: nella prima furono musulmani e croati a optare per l’indipendenza nonostante il desiderio dei Serbi locali, nel Kosovo sono gli albanesi: o meglio, gli albanesi che si sono trovati in Serbia a causa di una decisione geopolitica presa sulla testa dei loro avi, quasi 130 anni fa. Gli albanesi sono infatti uno dei popoli storicamente “perdenti”, un po’ come i curdi. Nel 1878 fu addirittura riconiata da Bismarck per l’Albania quella frase “solo un’espressione geografica” usata anni prima per definire l’Italia. E fu quindi negata l’indipendenza, fino al 1913 quando l’Albania che conosciamo è stata ritagliata in una conferenza internazionale a Londra, abbandonando però una larga fetta di popolazione etnicamente albanese nelle attuali Serbia, Grecia e Macedonia.

La caratteristica che accomuna queste decisioni è che nessuno ha mai interpellato gli albanesi stessi. Anche in Kosovo, alla fine la “liberazione” è arrivata dalle bombe americane, non dalla guerriglia. E dal 1999, nonostante siano state tenute delle elezioni, la provincia è stata effettivamente in mano all’ONU seguendo la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1244.

Neanche i Serbi hanno granché da celebrare nella loro storia. Sottomessi dagli Ottomani nel 1389 dopo aver vinto una battaglia contro di quelli proprio in Kosovo, fu loro riconosciuta internazionalmente l’indipendenza nella già citata Conferenza del 1878. Persero però la maggior parte della popolazione maschile fronteggiando l’Impero Austriaco nella Prima Guerra Mondiale, e furono atti poi a pezzi non solo figurativamente da Nazisti, Croati e Italiani nella Seconda Guerra Mondiale,. Finito il Comunismo di Tito hanno fatto guerre quasi per tutti i dieci anni della straordinariamente aggressiva Presidenza nazionalista/socialista di Slobodan Milosevic, in un isolamento sempre piu’ implacabile.

La Serbia è oggi una nazione con serissimi problemi di immagine, che per qualche motivo non si sono risolti quando il Dittatore nel 2000 è stato impacchettato verso il processo all’Aja e la morte in carcere. Il suo cammino verso una democrazia “moderna” continua a non essere facile, con i nazionalisti sempre al potere o quasi, un Primo Ministro ucciso dalla mafia, e vari criminali di guerra ancora latitanti. Nonostante il cambiamento di regime grazie a una incruenta rivoluzione popolare, non c’è stato granché tentativo di rapprochement fra Belgrado e Bruxelles /Washington, in un atteggiamento rancoroso.

Sembra quasi che l’intera Nazione Serba debba “scontare colpe”, in un modo di pensare un po’ difficile da comprendere, specie in chi ha fatto tanto per intervenire, togliere di mezzo Milosevic e dare spazio alla democrazia.

Ma i serbi sono europei, quanto lo sono gli italiani, i portoghesi e i tedeschi (e gli albanesi). E’ vero che la loro società si è sviluppata anni fa in maniera dittatorial-comunista; che c’è ancor oggi corruzione e mafia nei centri di potere; che alcuni serbi hanno commesso atrocità in una guerra a tutti gli effetti civile, macchiandosi di sangue in tentativi di pulizia etnica, in campi di concentramento e in eccidi; e che due criminali di guerra come Karadzic e Mladic siano ancora a piede libero.

Ma tutto ciò rende i Serbi ancora più europei, accomunando la loro storia con quella di quasi tutto il resto del Continente: dai Partiti Comunisti; al fascismo italiano; alle menti naziste genocide, molte delle quali poi fuggite e mai trovatisi di fronte a un tribunale. E non è difficile continuare.

Possiamo anzi dire di più la UE è figlia del cambiamento epocale di paradigma del 1951, quando l’ascia di guerra fra Francia e Germania, l’Europa Latina e quella Germanica, fu sotterrata nella Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, ben 1942 anni dopo il massacro delle legioni di Varo nella foresta di Teutoburgo.

La UE è l’esperimento di pacificazione più di successo nella Storia dell’Umanità, più importante perché più complesso anche dei 6414 chilometri completamente smilitarizzati fra USA e Canada. Ma se con quell’idea l’Europa comincia, con quella finisce (o quantomeno, si inceppa). Sarà insomma proprio l’ingresso della ex-antagonista Serbia a sancire il completamento “europeo” della UE, proprio perché la Serbia e’ stata per anni il nemico da isolare e finanche bombardare. Un paio di incisi per chiarezza: anche l’ingresso dell’Albania nella UE e’ importante ma appare soprattutto una questione di tempo…dal punto di vista strategico, e’ come se fosse già avvenuto.

E gli altri “pezzi mancanti” del Continente (Svizzera, Norvegia, Islanda) sono in tutto tranne che sulla carta membri effettivi dell’Unione, di cui devono seguire quasi ogni direttiva e regolamento.

Infine, senza Serbia, anzi se la Serbia viene messa alla porta e/o si pone volontariamente in contrapposizione del sogno che fu di Spinelli, Monnet e Schuman, la UE non solo non potrà mai essere completa, ma si troverà anche a spendere tempo e risorse per quella che rimarrà una ferita interna, inutilmente aperta e che sanguinerà alla prima occasione: altro che espansione alla Turchia, all’Ucraina, al Marocco e ad Israele!

Purtroppo però quello è il futuro più probabile.


Per gli albanesi del Kosovo, l’indipendenza è adesso un sogno che pensavano di aver già ottenuto l’anno scorso.

Per i Serbi a Pristina e Belgrado invece il mantenimento della provincia del Kosovo è l’ultimo bastione di dignità nazionale da difendere, dopo essere stati divorziati da Sloveni, Croati, Bosniaci, Macedoni e Montenegrini. Andrebbe considerata anche la posizione dell’Albania, che naturalmente non è stata invitata ai negoziati ma è pur sempre confinante e a cui potrebbe aspirare di unirsi nel futuro un Kosovo, alla cui indipendenza il Primo Ministro di Tirana Sali Berisha si è dichiarato favorevole (anche se il sogno della Grande Albania forse è’ morto il giorno che i rifugiati kosovari hanno potuto “apprezzare” in che stato era ridotta dopo il suicidio culturale, sociale e politico di 41 anni anni sotto Enver Hoxha); paradossalmente, il Kosovo potrebbe entrare nella UE molto prima dell’Albania.


La partita però è fra pesci grossi. Ci sono di mezzo anche gli USA, che hanno dichiarato più volte l’intenzione di riconoscere l’indipendenza del Kosovo, in aperto contrasto con la posizione filoserba della Russia, mentre la UE cerca di decidere la propria strategia all’unanimità e quindi pospone ogni atto concreto il più possibile. Siamo alle solite, con gli Albanesi in mano alle Potenze che se li tirano di qua e di là: 94 anni dopo Londra 1913, non è cambiato niente.

E’ facile capire perché allo stato attuale i negoziati non siano arrivati a conclusione. Nella crisi del Kosovo la diplomazia internazionale mostra tutti i suoi limiti, colpita ancora una volta dalla “Maledizione della Ragione”: quel meccanismo per il quale la somma dei comportamenti perfettamente logici di ciascuno dei protagonisti e’ una decisione collettiva perfettamente illogica, e disastrosa.

Pensiamo al gioco delle parti che portò l’equilibratissima Europa di prima dell’attentato di Sarajevo nel 1914 alla autodistruttiva crisi della Prima Guerra Mondiale; oppure anche alla Guerra di Corea, che si interruppe il 27 Luglio 1953 al confine dove era iniziata il 25 Giugno 1950, con la “piccola differenza” di quattro di milioni di morti. Per forza di cose, nessuna soluzione “logica” presentata finora può soddisfare tutte le Potenze, anzi ogni “idea pratica” garantisce il perpetrare di una ingiustizia: un Kosovo indipendente sarebbe la prova che degli interessi della Serbia agli USA e alla UE non potrebbe importare meno: francamente, un’umiliazione davvero di troppo e non si sa bene a quali fini.

Un Kosovo provincia della Serbia vorrebbe dire invece il tradimento delle aspettative costruite in tutti questi anni, e alienerebbe i kosovari senza peraltro suscitare moti di ringraziamento a Belgrado o a Mosca.

La continuazione dello status attuale di protettorato ONU non giova invece certo allo sviluppo di un territorio che sta sviluppando dipendenza dagli aiuti internazionali, e dalle attivita’ malavitose che si finanziano con il contrabbando soprattutto di droga.

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Occorre allora un’idea nuova, irragionevole, assurda, impraticabile e proprio per quello davvero logica, ragionevole e pratica, molto più che le guerre fredde e calde (e probabilmente, i morti) che altrimenti, quasi ineluttabilmente ci attendono.

Quale può essere quell’idea?

Offrire l’indipendenza a un Kosovo leggermente più piccolo, secondo le linee etniche di prima del 1999, con conseguente cessione dei territori a maggioranza Serba alla Serbia?

Implementare una unione doganale Serbia/Kosovo/Albania che semplificherebbe le loro trattative di accesso alla UE e renderebbe in un solo colpo obsoleto il problema dell’indipendenza del Kosovo?

Offrire la libera circolazione delle persone fra Serbia e Kosovo indipendente, con generosi aiuti per i Serbi che volessero rientrare in patria?

Dimenticare l’indipendenza in favore di una separazione federale a base etnica “a macchia di leopardo”?

Garantire alla Serbia l’ingresso immediato nella UE una volta varata la legislazione necessaria, e comunque non dopo Croazia e Turchia? Riammettere Belgrado nel consesso delle nazioni senza la sfiducia passata e indipendentemente dalla situazione con i criminali di guerra? Compensare almeno le vittime serbe civili del 1999?

Nessuna di quelle domande ha una risposta facile: anzi, potrebbero essere tutti e solo Sogni.

D’altronde, cosa hanno da offrire le Potenze, se non incubi?

1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

vedo la soluzione lontana.