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domenica 22 aprile 2007

gli altri cristiani favorevoli alle coppie gay.....

Panorama – Italia
Dico sì: gli altri cristiani favorevoli alle coppie gay
redazione Venerdì 23 Marzo 2007 alle 18:55

La Chiesa cattolica è sola nella battaglia contro i Dico.
Protestanti, anglicani e ortodossi, interpellati da Panorama, sono favorevoli al riconoscimento delle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali.
“Non capisco perché si continui ad agitare il fantasma delle unioni di fatto come un attentato contro la famiglia fondata sul matrimonio” osserva il pastore valdese Paolo Ricca.
“Dobbiamo prendere atto che oggi esistono tante forme di convivenza che lo Stato è chiamato a regolamentare”.
Il pastore non si scandalizza nemmeno per le coppie gay (”L’omosessualità è un dato di fatto naturale”) e garantirebbe loro anche il diritto di adottare bambini, “se l’alternativa è l’orfanotrofio oppure non ci sono coppie eterosessuali disponibili”.

Analoga la posizione di John Flack, vescovo anglicano e direttore del Centro anglicano di Roma: “Dal punto di vista morale non vedo ostacoli al riconoscimento delle unioni civili, anche omosessuali”.
Più prudente invece sull’adozione da parte di coppie gay: “Su questo punto sarebbe meglio fare una riflessione più approfondita” suggerisce il vescovo anglicano.

Anche gli ortodossi si schierano a favore dei Dico: “Penso che la Chiesa non dovrebbe sentirsi minacciata dalla legge sulle unioni di fatto” afferma Christophe D’Aloisio, presidente di Syndesmos, un organismo internazionale che riunisce 126 movimenti giovanili ortodossi. Ma aggiunge che “la Chiesa deve continuare a insegnare il valore del matrimonio cristiano”.

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il 29 Marzo 2007 alle 23:56 Grande Picci ha scritto:

Capisco il valore dell’informazione in senso generale… ma avendo impostato il titolo in quel modo e avendo introdotto l’argomento con le parole “la Chiesa cattolica è sola contro i Dico: Protestanti, anglicani e ortodossi sono favorevoli al riconoscimento…”, l’autore dell’articolo ha dato la netta e fuorviante impressione che TUTTI i protestanti, o gli altri cristiani diversi dai cattolici, “siano favorevoli al riconoscimento ecc. ecc.” - il che è TOTALMENTE inesatto!

Per quanto riguarda il mondo protestante/evangelico italiano, è bene che si sappiate (se non è ancora sufficientemente noto) che il pastore valdese Paolo Ricca ne rappresenta soltanto un’ESIGUA minoranza.

La stragrande maggioranza degli evangelici italiani, infatti, non è e non si sente rappresentata né dal pastore Ricca né dalla FCEI (Federazione Chiese Evangeliche Italiane), di cui egli fa parte.

Quella della FCEI, quindi, non è affatto LA voce “evangelica” italiana per antonomasia!

CHI VUOLE VERAMENTE CONOSCERE IL “PARERE” DEGLI EVANGELICI RISPETTO ALLA VOCE CATTOLICA E A QUELLA “LAICA”, faccia riferimento, piuttosto, all’ALLEANZA EVANGELICA ITALIANA (www.alleanzaevangelica.org), che è collegata all’Alleanza Evangelica Europea (EEA - www.europeanea.org) e, a livello internazionale, all’Alleanza Evangelica Mondiale (WEA - www.worldevangelicalalliance.c.....om), la quale raggruppa circa 420 milioni di evangelici!

Infine, proprio in riferimento alla questione dei DICO, l’Alleanza Evangelica Italiana ha stilato di recente il documento che riporto qui di seguito per una presa di conoscenza e, SPERO, di correzione dell’informazione da parte dell’articolista.
***************
DICO: tra ambiguità e para-matrimonio
Una dichiarazione della Commissione etica e società dell’Alleanza Evangelica Italiana

La presentazione da parte del Governo di un DDL sulle unioni di fatto invita a proseguire la riflessione partecipata, anche da parte degli evangelici. Essendo già intervenuta su questi temi con i documenti “Omosessualità: un approccio evangelico” (8/11/2003) e “Gli evangelici e le unioni di fatto” (18/9/2005), entrambi consultabili su www.alleanzaevangelica.org, la Commissione etica e società dell’AEI offre questi spunti per un ulteriore approfondimento alla luce di questa proposta di legge.

Si capisce subito dall’art. 1: “Due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale” che il problema principale del DDL sulle unioni civili è la legittimazione pubblica offerta alle unioni omosessuali ed eterosessuali estranee al matrimonio. Lo si fa esercitando l’indiscussa creatività politica nostrana: la convivenza Dico diventa fattispecie anagrafica per distinguerla da quella matrimoniale, da stato civile.

Basta poi questo per ridisegnare il diritto successorio, i meccanismi pensionistici, assistenziali, economici e quant’altro.
A capo di questa nuova convivenza anagrafica si estendono di fatto tutele e diritti che, però, non possono essere considerati mera estensione dei diritti individuali o tentativo di norma minimale delle proprie relazioni. L’estensione si iscrive in una equiparazione di fatto di tutte le relazioni.

L’elemento che più preoccupa gli evangelici è l’azione dello Stato (nella fattispecie della legge e delle politiche a sostegno di molte forme di convivenza) volta ad equiparare, di fatto se non ancora pienamente di diritto, le molteplici relazioni affettive e sessuali oggi presenti.

La convinzione evangelica è che, dal punto di vista sessuale ed affettivo, nessuno possa dirsi “normale”. A causa del peccato, tutti viviamo una dimensione distorta della relazionalità, bisognosa di essere guarita e riconciliata dalla grazia di Cristo. In questo campo, il cammino di guarigione passa attraverso la vocazione al matrimonio o alla condizione di celibato/nubilato. Questi sono gli ordinamenti della creazione che la grazia conferma e rinnova.
La chiesa ha la responsabilità di predicare e praticare questo orizzonte di verità e di libertà, anche se si tratta di insegnamenti non “politicamente corretti”.

Lo Stato ha una sfera di attribuzione diversa. Non è suo compito dare un giudizio morale nei confronti delle relazioni omosessuali o di altre relazioni liberamente scelte. Questo non fa parte delle sue competenze ed è giusto che disciplini i diritti individuali all’interno delle relazioni che le persone liberamente scelgono.
Il problema del Dico è il riconoscimento “pubblico” di tali relazioni come aventi “valore sociale” da difendere e promuovere, in modo del tutto simile alle famiglie così come concepite nell’art. 29 della Costituzione italiana.

Prima di attribuire diritti civili para-familiari, occorre distinguere opportunamente le unioni matrimoniali e altri tipi di relazioni legalmente legittime, come amicizie o semplici convivenze (come anche tra scuole e imprese, tra chiese e Stato ecc.).
La famiglia ha “valore sociale” e questo ha una valenza simbolica, giuridica, politica, economica, sociale e culturale. Le altre relazioni sono libere espressioni di stili di vita, ma lo Stato non ha competenza per attribuire loro un simile valore.
Il Dico proposto va oltre il riconoscimento di diritti individuali e si avvicina molto ad un simil-matrimonio, soprattutto quando gli viene riconosciuto un valore sociale che, sin qui, è stato riconosciuto alle famiglie: si pensi all’assegnazione degli alloggi popolari, ai familiari, agli aiuti economici che da ora in avanti tutti i provvedimenti per la famiglia saranno costretti a riconoscere anche ai Dico ecc. Coloro che scelgono di vivere in una relazione affettiva, anche con persone dello stesso sesso, sono certamente liberi di vivere come vogliono. Tuttavia, ridefinire il riconoscimento pubblico delle relazioni affettive e sessuali diverse dal matrimonio ope legis, è molto rischioso, soprattutto perché attribuisce valore sociale a rapporti che devono essere mantenuti sul piano dei diritti individuali e apre la porta alla loro progressiva equiparazione.
Va dato atto al Governo di aver provato a normare un settore dinamico e complesso, soggetto a molteplici controversie.

Riconoscendo e promuovendo la pluralità dei diversi contesti, rifiutando l’omofobia, e riconoscendo il diritto a tutti di vivere e ordinare la propria vita come meglio si crede (purché non si danneggi l’altro); tuttavia, non è possibile ignorare il dato strutturale della creazione di Dio che prevede la famiglia monogamica ed eterosessuale come nucleo della società e il ruolo dello Stato che rispetta le scelte di vita dei cittadini, ma riconosce “pubblicamente” solo le unioni matrimoniali.
Questa proposta dei Dico infrange entrambi gli aspetti e andrebbe opportunamente rivista.

Roma, 13 febbraio 2007
Alleanza Evangelica Italiana
Vicolo Sant’Agata, 20
00153 Roma
Presidenza: tel. 0564 409096
www.alleanzaevangelica.org

Grazie per l’attenzione. Distinti saluti.
Gianfranco Piccirillo
Redazione “Ideaitalia”
(Trimestrale dell’AEI)

Anonimo ha detto...

Il 1 Aprile 2007 alle 7:30 barvin ha scritto:

Realmente la Chiesa Cattolica per tutti i suoi trascorsi storici, comprese le vicende che in questi ultimi anni hanno visto coinvolti decine e decine di preti per ciò che riguarda la pedofilia ad esempio, o il caso Milingo e il gruppo dei preti pro matrimonio, effettivamente sembrerebbero i meno deputati a dettar lezioni di di vita di tipo sessuale. Non è una strumentalizzazione i casi sopra enunciati ma quanto meno esiste una grande incoerenza tra questi e l’applicazione delle loro dottrine. Questo come premessa. Se in teoria i preti non hanno nessuna esperienza per quanto riguarda la pratica sessuale, (perdonate il bisticcio di parole)pare, quindi che si affiderebbero alla sola esperienza della teoria scientifica e bibblica. mi sembra un po poco. Penso che sia l’equivalente che farsi operare da un laureato in medicina, senza alcuna esperienza di chirurgia. Chi dei signori preti si farebbe operare se pur una minuscola appendicite? Quindi se proprio volete che venga pronunciato il vostro parere, lasciatelo fare ai politici cattolici, agli scenziati della stessa fede cattolica, ma voi proprio, non apisco. Io dal mio minuscolo pulpito di pastore evangelico, operante nella zona Secondigliano- Scampia-Miano (spero vi ricordi qualcosa)sono ad un bivio non riesco a dare un parere poichè ritengo che il problema, perchè è un problema, è molto più grande di me. Sono convinto difensore della famiglia e dei suoi valori, ma allo stesso tempo difensore dei diritti di chiunque.
Barvin

Anonimo ha detto...

Il 3 Aprile 2007 alle 8:56 Grande Picci ha scritto:
Al pastore Barvin:
chiedo scusa per la mia incapacità di mettere insieme il significato di questa sua frase:
“Quindi se proprio volete che venga pronunciato il vostro parere, lasciatelo fare ai politici cattolici, agli scenziati della stessa fede cattolica, ma voi proprio, non capisco”.
Che cosa significa?
Se quel “voi proprio, non capisco” è rivolto all’Alleanza Evangelica Italiana, allora dispiace dover pensare che il pastore Barvin, che tanto tiene a sottolineare che il suo “minuscolo pulpito di pastore evangelico” è operante nella zona di Secondigliano-Scampia-Miano, non abbia inteso che, COMUNQUE (cioè, quale che sia il problema) e DOVUNQUE (cioè, a qualsiasi latitudine), i principî della Scrittura (= Parola di Dio) vanno sempre applicati con erentenza da coloro che si dichiarano “dalla parte di Dio”.
Mi permetto, perciò, di ri-citare l’ultimo capoverso del Documento dell’Alleanza Evangelica Italiana sulla questione dei DICO (e che è riportato sopra): “Va dato atto al Governo di aver provato a normare un settore dinamico e complesso, soggetto a molteplici controversie. Riconoscendo e promuovendo la pluralità dei diversi contesti, rifiutando l’omofobia, e riconoscendo il diritto a tutti di vivere e ordinare la propria vita come meglio si crede (purché non si danneggi l’altro); tuttavia, non è possibile ignorare il dato strutturale della creazione di Dio che prevede la famiglia monogamica ed eterosessuale come nucleo della società e il ruolo dello Stato che rispetta le scelte di vita dei cittadini, ma riconosce «pubblicamente» solo le unioni matrimoniali. Questa proposta dei Dico infrange entrambi gli aspetti e andrebbe opportunamente rivista”.
ghpicci,
redazione “Ideaitalia”,
www.alleanzaevangelica.org