L’affaire Tortora, l’Affaire Italia
Valter Vecellio su Notizie radicali
17-09-2015
Chi, a Torino, transita nella centrale galleria che mette in comunicazione via Pietro Micca con piazza Solferino, si imbatte, da qualche giorno, in due targhe, che a quella Galleria danno il nome: “Galleria Enzo Tortora”. L’omaggio a una persona vittima di una gravissima persecuzione giudiziaria che si è consumata a partire dal 17 giugno 1983, e che è rimasta impunita. Ringrazio i promotori e gli organizzatori di questa iniziativa. Ho pensato a tante cose, nel transitare sotto quella galleria, sotto quelle due targhe semplicissime: “Enzo Tortora Genova 30.11.1928 – Milano, 18.5.1988”. Morto ad appena sessant’anni, Enzo; ormai trent’anni fa…
Mi sono chiesto se Enzo Tortora sarebbe contento, di questa inaugurazione. Tutto sommato, penso di sì, a patto...
A patto di non dimenticare, di continuare a ricordare che il “caso” Tortora non è solo il “caso” Tortora, ma è il “caso” Italia: il caso della giustizia negata, del diritto calpestato, della conoscenza che non abbiamo, che ci viene impedita.
A patto di non dimenticare che le nostre prigioni sono ancora quel luogo, quella realtà, come ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ci umilia in Europa e ci condanna, per la sofferenza umana che patiscono detenuti, agenti di custodia, personale della comunità penitenziaria.
A patto di non dimenticare che dall’inizio dell’anno, nelle nostre prigioni, ci sono stati almeno 32 suicidi, che 78 detenuti sono morti; che dal 2000 si sono uccisi in 875.
A patto di non dimenticare che la cattiva giustizia per magistrati che hanno sbagliato in modo clamoroso, come nel “caso” di Tortora dal 1992 ad oggi ci è costata qualcosa come 600 milioni di euro. Ed è il sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa ad ammettere che si registra un aumento dei casi e dei pagamenti, e che oggi nessuno valuta se il comportamento di quel magistrato deve essere sanzionato sotto il profilo disciplinare.
A patto di non dimenticare che ancora oggi si consumano “casi” come quello di Tortora; quello, per esempio, del signor Mirko Turco, accusato da sette “pentiti”, un consorzio, si potrebbe dire; processi durati ben diciassette anni, una condanna all’ergastolo, undici anni scontati in carcere; alla fine dichiarato “innocente”. I-N-N-O-C-E-N-T-E.
Come si fa, in questi casi, a liquidare la vicenda come “errore giudiziario”? Come mai il ministro di Giustizia non manda gli ispettori per capire cosa è successo? Non devono, i magistrati, temere le “ispezioni”, gli ispettori sono dei loro colleghi, che lavorano al ministero di Giustizia. Come mai e perché lasciamo al solo Marco Pannella, ai soli radicali, sollevare la questione del danno erariale provocato da questa mala-giustizia, i costi concreti e reali di questo modo di non assicurare giustizia? Perché a Torino, grazie all’impegno del dottor Barbuto, la giustizia civile funziona, e dunque può funzionare; e non funziona nel resto d’Italia?
Credo di essere stato tra i primi a capire, il giorno stesso del suo arresto, che c’era qualcosa che non andava nell’“affaire” Tortora, quando veniva esibito come un mostro, e di una mostruosità era invece vittima; mostruosità che poteva essere vista, ma non la si voleva vedere. Serviva non vederla.
Per il “TG2” una volta ho intervistato la figlia di Tortora, Silvia.
Intervista istruttiva.
Quando Tortora venne arrestato, cosa c’era oltre alle dichiarazioni di un camorrista psicopatico, Giovanni Pandico; e un killer delle carceri che aveva mangiato l’intestino di Francis Turatello, Pasquale Barra? “Nulla”.
E’ stato pedinato, controllato? “No”.
Intercettazioni telefoniche? “No”.
Ispezioni bancarie? “No”.
Definito “cinico mercante di morte”, su quali prove? “Nessuna”.
Qualcuno ha chiesto scusa a suo padre? “Nessuno”.
Gli accusatori hanno pagato per le loro false accuse? “No”.
E i magistrati del caso Tortora? Loro hanno fatto tutti carriera.
Tutto questo non va dimenticato.
Non va dimenticato che ci si continua a dire NO a un’amnistia ragionata, governata, non solo per svuotare le carceri, ma soprattutto per uscire da quella condizione di illegalità costituita dalla irragionevole durata dei processi, per cui siamo condannati dalle giurisdizioni europee. Così accade che ogni anno centinaia di migliaia di procedimenti anche gravi vanno i fumo per prescrizione, amnistia di classe di cui beneficia chi si può permettere un bravo avvocato.
Mi chiedevo se Tortora sarebbe contento.
Sono sicuro che se non fosse morto perché gli hanno fatto scoppiare dentro quella bomba che lo ha ucciso, sarebbe impegnato con Leonardo Sciascia e con Pannella nella lotta per la conquista del diritto umano alla conoscenza, per lo stato di diritto e contro la ragione di stato; per la giustizia giusta, il diritto, il diritto al diritto. Pannella, lo sappiamo, è personaggio ingombrante, scomodo, che molti sopportano a fatica ritenendolo ormai la patetica caricatura di se stesso. Si sbagliano. Ha avuto, Marco, grandi “visioni”, continua ad avere grandi “visioni”. Dovremo ascoltarlo un po’ meglio e un po’ di più, vincendo le nostre pigrizie, i nostri pregiudizi; ci guadagneremmo tutti.
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