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lunedì 5 gennaio 2015

La guerra di De Gasperi e quella di Renzi con… Peppe Sini

Ospito volentieri questo gustoso e illuminante scambio epistolare riportato da Tusciaweb
Qui di seguito la lettera iniziale “Dalla parte di Abele” che ha dato origine al carteggio, poi la lettera di Matteo Renzi e la risposta di Peppe Sini.

La lettera “Dalla parte di Abele” che ha dato origine al carteggio

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

ricorre domani, 4 novembre, l’anniversario della conclusione della scellerata “inutile strage” della prima guerra mondiale.

E ricorre quest’anno altresì il centenario dell’inizio di quella scellerata “inutile strage”.

Alcuni movimenti nonviolenti, antimafia, per i diritti umani, il 4 novembre ricorderanno in varie città d’Italia tutte le vittime di tutte le guerre con l’iniziativa “Ogni vittima ha il volto di Abele”, recando omaggi floreali e sostando in silenzio dinanzi alle tombe e alle lapidi che ricordano alcuni degli innumerevoli esseri umani che la guerra ha ucciso.

Queste commemorazioni esprimono una profonda e ineludibile verità: che la guerra è nemica dell’umanità; e che quindi è necessità, diritto e dovere dell’umanità intera abolire la guerra.
E per abolire la guerra occorre abolire gli eserciti e le armi.

*
Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

in questo stesso 4 novembre in cui le persone amiche della nonviolenza esprimono il loro lutto per gli assassinati ed il loro impegno ad opporsi alla continuazione delle stragi, sciaguratamente lo stato italiano “festeggia” la guerra e i poteri assassini: così recando ancora un’estrema infame offesa alle vittime della guerra.

Non solo: lo stato italiano, in flagrante violazione del dettato della Costituzione della Repubblica Italiana che ripudia la guerra, continua a prendere parte a guerre in corso.

Non solo: lo stato italiano continua a consentire che in Italia si producano e si vendano armi che vengono poi utilizzate per minacciare, terrorizzare ed assassinare degli esseri umani in tante parti del mondo.

Non solo: lo stato italiano continua a sperperare immense risorse (70 milioni di euro al giorno) del popolo italiano per le spese militari, per il riarmo assassino, per la partecipazione alle guerre.

Non solo: lo stato italiano continua a far parte di un’organizzazione terrorista e assassina come la Nato.

Non solo: lo stato italiano continua ad essere alleato e quindi complice di paesi e coalizioni internazionali responsabili di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità.

Non solo: lo stato italiano continua ad essere corresponsabile delle stragi nel Mediterraneo provocate dalle misure razziste italiane ed europee che impediscono ad esseri umani che ne hanno estremo bisogno e assoluto diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro e di esservi accolti in pienezza di diritti e dignità.

*

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

il primo dovere di ogni essere umano, e quindi anche di ogni istituzione democratica, è rispettare e salvare le vite.

Ascoltando il monito di questa dolorosa ricorrenza, nel lutto inestinguibile per le vittime della guerra di cui si fa memoria, il Governo e il Parlamento vogliano finalmente far cessare gli abominevoli scandali sopra richiamati ed impegnarsi ad avviare una concreta e coerente politica di pace.

Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Rispetto per la vita, la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani.
Solo la nonviolenza può salvare l’umanità.

Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani

Viterbo, 3 novembre 2014

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La lettera di risposta del presidente del consiglio dei ministri, Matteo Renzi

Gentile Peppe,

la ringrazio per la sua lettera. Con piacere apprendo della vostra iniziativa e voglio dirle che, con tutto il cuore, come cittadino, come padre, come uomo, comprendo le ragioni e i sentimenti che muovono le vostre parole e le vostre azioni.

Come presidente del consiglio sento il dovere di dirle che ho una grande responsabilità: garantire la sicurezza del nostro Paese, anche rispettando gli accordi internazionali che garantiscono importanti e delicati equilibri, raggiunti con fatica, impegno e molti sacrifici.

Lei mi scrive che per abolire la guerra occorre abolire gli eserciti e le armi. Ma è come dire che per smettere di litigare bisogna smettere di parlare. Non è vero. Per abolire la guerra occorrono coerenza, dialogo, comprensione. E serve, soprattutto, vivere nella realtà, che non è fatta soltanto di desideri e speranze – che animano la nostra volontà! - ma anche di sofferenza e problemi complessi, che noi siamo chiamati a riconoscere ed affrontare nella loro sfacciata crudeltà.

Mi auguro che lei possa comprendere il mio punto di vista, così come io ho cercato di comprendere il suo. E spero che lei possa riuscire ad avere fiducia nell’operato della nostra difesa e del governo.

Un caro saluto,

Matteo Renzi

30 dicembre 2014

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La risposta del responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, Peppe Sini

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri (o – se preferisce – gentile Matteo),

in primo luogo la ringrazio di cuore della sua lettera e della squisita cortesia con cui l’ha redatta.

In secondo luogo devo tuttavia confermare quanto già esposto nella mia lettera “Dalla parte di Abele” del 3 novembre sollecitando nuovamente la cessazione delle attuali sciagurate politiche di guerra ed insistendo nella richiesta di un impegno di pace e rispetto dei diritti umani adeguato e coerente.

Mi permetta infine di dirle in tutta sincerità ed in spirito di fraternità che la sua fiducia negli eserciti e nelle armi, ovvero la sua fiducia nella bontà dell’uccidere gli esseri umani (poiché a questo purtroppo eserciti ed armi servono) è davvero mal riposta. Uccidere non è mai un bene, ma la più inammissibile delle azioni. Ogni essere umano ha diritto alla vita.

La sicurezza comune, la civile convivenza, può essere garantita solo dalla nonviolenza, e dalle esperienze e gli istituti da essa ispirati, come il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, i corpi civili di pace, la difesa popolare nonviolenta: esperienze ed istituti che in parte sono già entrati nel corpus legislativo e nella pratica amministrativa ma che occorre ulteriormente potenziare (come propongono ad esempio alcune recenti importanti iniziative promosse dal “Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace” e dalla “Tavola della pace”, come dalla “Rete della pace”).

La invito pertanto nuovamente ad adoperarsi affinché il governo da lei presieduto receda da disastrose politiche di guerra e si impegni ad avviare una politica di pace con mezzi di pace, una politica che salvi le vite invece di sopprimerle.

Sarebbe un grande bene se il governo italiano volesse fare la vera e più urgente riforma di cui l’umanità ha bisogno: la scelta di una politica finalmente integralmente umana, la scelta della nonviolenza.

So che lei ha studiato la figura e l’opera di Giorgio La Pira: la esorto a trarne feconda ispirazione.

Augurandole ogni bene, le invio un cordiale saluto

Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace e i diritti umani

Viterbo, primo gennaio 2015
........................
Ed infine un commento e qualche riflessione di Renzo Trappolini 

 Commentando il botta, risposta e controbotta di Peppe Sini e Matteo Renzi (li chiamo per nome secondo lo stile presidenziale), citata da tutti i media italiani, il direttore di Tusciaweb mi ha sparato a bruciapelo la domanda: “Chissà come avrebbe risposto De Gasperi?!?”.

Non ho conosciuto De Gasperi e i tempi sono cambiati. Però, considerando che oggi la guerra degli occidentali contro i ribelli afghani – che resistono – sta durando più di due volte e mezza la seconda guerra mondiale, vien da ricordare il tempo in cui De Gasperi agli inizi del ‘900 fu deputato trentino nel parlamento austriaco: “rappresentante di un popolo di sentimenti italiani, suddito austriaco e cattolico militante”, secondo la definizione della figlia Maria Romana.

Posizione quanto mai difficile. Vedendo “lampeggiare il metallo dell’odio antico” diceva “eppure bisogna guardarsi, parlare”, ma non ebbe timore, il 28 settembre 1917 di gridare di fronte al parlamento austriaco, in difesa dei diritti naturali di chi era nato italiano e anelava all’indipendenza: “lasciate che il conto dei tiranni aumenti finché un giorno solo paghi la colpa generale e quella di ciascuno”. Era il verso di un poeta e lui lo commentò: “Questo giorno deve venire e verrà. Sarà il risultato di questa guerra . E’ la vittoria del principio democratico”.

Parole che paiono echeggiare lo spirito della teologia della liberazione. Quella che in Sudamerica, in anni recenti, armò per la democrazia oppressa preti e vescovi come Camilo Torres ed Helder Camara che i pacifisti del’68 presero a simbolo. Come Oscar Romero il vescovo ucciso sull’altare dalla dittatura del Salvador, il suo paese.

Quando la seconda guerra mondiale che “un uomo solo volle” finì con la nostra disfatta, toccò a De Gasperi presentarsi di fronte ai vincitori sapendo che “tutto, tranne la vostra personale cortesia è contro di me e soprattutto la mia qualifica di ex nemico mi fa considerare imputato”. Il New York Times gli scrisse in una lettera aperta: “Voi, nonostante tutto, foste ascoltato dai milioni che anelano alla pace. Che un giorno lo spirito che vi ispira trionfi”.

Forse la Nato nacque allora ed anche il Patto di Varsavia con il Comecon che i paesi comunisti strinsero per difendersi dagli occidentali. In difesa sia ad est che ad ovest con le basi, i missili e gli scudi spaziali. Dismessi o meglio “messi” sul libero mercato delle armi dopo il crollo del muro di Berlino, perché dietro ogni guerra ci sono anzitutto i soldi, la ricchezza di pochi che aumenta come la povertà dei tanti.

Al senato italiano De Gasperi , nel 1949, spiegò: “O aderiamo al Patto che esiste in ogni caso al di fuori di noi, o neutralità. Ma la neutralità è impossibile per la nostra insufficienza finanziaria”.

Il Pci si oppose allora con un durissimo ostruzionismo, ma nel 1975, con Berlinguer, cambiò idea.

I tempi erano cambiati ed oggi lo sono ancora di più.

Ma la questione non si chiuderà certo qui perchè nel Viterbese c'è
Effedieffe, la casa editrice     con il suo giornale online

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