L’Imu
(Imposta Municipale Propria) dal 2012 ha preso il posto dell’Ici, che
era stata a sua volta istituita con il Dlgs n. 504/1992. L’articolo 7 ne
disciplinava le esenzioni. Con la sentenza n. 4645 dell’8 marzo 2004 la
Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’uso quale casa di cura e
pensionato di alcuni immobili di proprietà dell’Istituto Religioso del
Sacro Cuore, ribadì autorevolmente che, trattandosi di attività
«oggettivamente commerciali», gli immobili oggetto del contenzioso non
potevano rientrare nell’ambito dell’esenzione (cfr.
il sito del Sole 24 Ore).
Nel quadro del Decreto Fiscale collegato alla Legge Finanziaria 2006,
il parlamento decise di andare contro la sentenza della Cassazione ed
estese l’esenzione Ici anche agli immobili di proprietà ecclesiastica
adibiti a scopi commerciali. Il decreto legge n. 223/2006
successivamente eliminò l’esenzione totale, stabilendo che l’esenzione
«si intende applicabile alle attività che non abbiano esclusivamente
natura commerciale»: in pratica, era sufficiente che all’interno
dell’immobile destinato ad attività commerciale si mantenesse una anche
piccola struttura destinata ad attività religiose per garantire
l’esenzione dall’Ici all’intero edificio. Una decisione che non piacque
alla Commissione Europea, che, in seguito a una denuncia dei radicali,
ha aprì un’inchiesta contro il governo italiano per sospetti «aiuti di
Stato» alla Chiesa e violazione delle norme comunitarie sulla
concorrenza. Secondo le stime dell’Associazione Nazionale Comuni
Italiani,
diffuse nel settembre 2005,
il provvedimento relativo alla finanziaria 2006 avrebbe comportato un
ammanco nelle casse comunali di circa 200-300 milioni di euro, 20-25
soltanto a Roma (25,5 secondo lo stesso Comune di Roma, scrive
L’Espresso dell’8 settembre 2011).
Maltese, a p. 62, scrive che alla stima Anci vanno aggiunti «gli
immobili considerati unilateralmente esenti da sempre e mai dichiarati
ai Comuni, per giungere a un mancato gettito complessivo valutato per
difetto intorno a 1 miliardo di euro l’anno». Folena, a p. 42, replica
così all’articolo di Maltese pubblicato su
Repubblica che ha costituito l’origine di questo passaggio ne
La questua:
«Unilateralmente? Assurdo: sarebbe come se ciascuno di noi, persona
fisica, decidesse di ritenersi “unilateralmente esente” dall’Irpef e
così non pagasse le tasse. Tanto assurdo che questo passaggio nel libro
scompare». Non è vero, come si può notare. E ovviamente era possibile
evadere totalmente l’Ici, perché era sufficiente non aver cominciato a
pagarla a suo tempo sulla base della legge del 1992, cambiare l’uso
dell’edificio in senso commerciale, e non comunicare tale modifica. La
legge, scrivevano i giuristi, non rendeva del resto facile stabilire
quali condizioni debbano ricorrere affinché un edificio di culto non
debba più essere considerato tale. A p. 41 Folena sostiene che «gli
alberghi pagano, e se ciò non avviene, li si induca senza remissione a
pagare: senza alcuna incertezza», confermando quindi che non esiste
alcun controllo ecclesiastico ‘superiore’ che verifichi la correttezza
tributaria dei vari enti ecclesiastici proprietari di edifici in cui si
pratica l’attività alberghiera. Lo stesso Folena, a p. 48, scrive del
resto che «quella delle “celebri” Orsoline [menzionate da Maltese a mo’
di esempio di attività alberghiera esente] è in realtà una scuola.
D’estate vengono messe a disposizione le stanze delle studentesse: 80
euro pensione completa in alta stagione, sconti per famiglie, i bambini
pagano la metà». Ma 80 euro sono, per l’appunto, una tariffa di mercato,
anzi: condizioni più care di quanto praticato sul mercato da non
professionisti. E la stessa scuola probabilmente applica, nel resto
dell’anno, condizioni di mercato. Una ‘Casa del clero’ che offre stanze a
persone comuni è stata inoltre individuata dal segretario radicale
Mario Staderini insieme a tre pensionati per studenti (cfr.
sito de L’Espresso). Sul
Fatto Quotidiano del 20 agosto 2011,
che si sofferma in particolare sulla tassazione degli alberghi, è
peraltro riportato questo passaggio: «A pagare, secondo l’Associazione
nazionale dei comuni italiani, sono meno del 10 per cento di chi
dovrebbe farlo, con un danno erariale di circa 500 milioni l’anno». Come
lo stesso Folena ricorda (p. 42) i rapporti tra vescovi e i vertici
dell’Anci sono cordiali, tanto che il segretario generale
dell’associazione Angelo Rughetti ha invitato gli amministratori locali a
partecipare al Congresso Eucaristico (cfr.
Ultimissima dell’11 agosto 2011). Ed è del resto noto che, pur se la Cassazione è di diverso avviso (cfr.
sentenza n. 17399/2011),
nei rari casi in cui il mancato pagamento dell’Ici da parte di un ente
religioso veniva esaminato da una commissione tributaria, l’ente tendeva
a giustificare le proprie ragioni con semplici autocertificazioni e
l’esito gli era generalmente favorevole: si veda il caso di una casa per
ferie “scagionata” perché l'immobile «era al servizio di una comunità
religiosa per attività "ricettiva-assistenziale", senza fini di lucro,
che veniva svolta con lo spirito apostolico proprio della Congregazione»
(cfr. il
sito del Sole 24 Ore). L’’assoluzione’ da parte delle commissioni tributarie richiederebbe del resto un ulteriore intervento in Cassazione (cfr.
Ultimissima del 10 novembre 2011),
che non sempre ha luogo. E, ancora, sebbene la locazione di un
appartamento sia sempre stata gravata da ICI, sono invece esenti le
canoniche e le abitazioni di residenza dei vescovi (cfr.
Cassazione n. 6316/2005). Infine, si ricorda che secondo stime non smentite effettuate
dal Gruppo RE
(che sostiene di operare sul mercato immobiliare «adottando canoni di
comportamento deontologico rispettosi dell’Etica, interpretata secondo
la Morale Cattolica»), pubblicate sul settimanale
Il Mondo nel
maggio 2007, il patrimonio immobiliare di proprietà della Chiesa e delle
sue varie articolazioni rappresenta tra il 22 e il 25% del valore
dell’intero patrimonio immobiliare italiano. In attesa dell’intervento
del governo, nel febbraio 2012 l’Anci
diffuse una nuova stima,
definita "prudenziale", che valutava tra i 500 e i 600 milioni l'entità
dell'esenzione Ici-Imu. Va anche ricordato che le modifiche
concordatarie del 1984, all’articolo 19, stabiliscono che «agli effetti
tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto,
come pure le attività dirette a tali scopo, sono equiparati a quelli
aventi fine di beneficenza o di istruzione. Le attività diverse da
quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono
soggette, nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti,
alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario
previsto per le medesime»: pertanto, con l’introduzione e la
generalizzazione delle esenzioni Ici-Imu, come ha notato per primo il
prof. Piero Bellini dell’università La Sapienza di Roma, si è in
presenza di «una modifica del Concordato da parte dello Stato, peraltro
in favore della Chiesa, che avviene nelle forme non previste dallo
stesso Concordato. Il quale, essendo “protetto” dalla Costituzione, non
può essere modificato se non nelle forme previste dalla Costituzione
stessa, cioè attraverso un accordo tra le parti». Un capitolo ancora a
parte è quello delle chiese - non soggette a tassazione - dove tuttavia
si fa pagare un biglietto d'ingresso in considerazione del valore
artistico delle stesse: perché non dovrebbero essere colpite da imposta?
L'introduzione dell'Imu, nel 2012, non è stata immediatamente estesa
alle proprietà ecclesiastiche: il governo Monti ha infatti preso tempo
per stabilire le linee guida, e il Consiglio di Stato
ha persino rispedito al mittente
la prima bozza elaborata dall'esecutivo. In seguito è stato elaborato
un nuovo regolamento che contiene luci e ombre, tanto da far parlare di
«mini Imu» o addirittura
di bluff,
visto che la nuova normativa si presta a mille interpretazioni: a
partire dall’assunto che per modalità non commerciale va intesa quella
che manca del fine di lucro e stabilendo, caso per caso, quando si
ritiene che manchi il fine di lucro (la corresponsione di una retta
simbolica, la non redistribuzione di eventuali utili, il regime in
convezione con lo Stato) sulla base dell’esame dello statuto dell'ente,
che poteva comunque essere adeguato entro il 31 dicembre 2012 per
rispondere ai requisiti richiesti. Riteniamo pertanto legittimo,
nell'attesa di verificare l'effettiva applicazione della "nuova"
imposta, stimare l'area di imposizione in almeno 250 milioni di euro di
mancati introiti per le casse pubbliche. Nel dicembre 2012 la
Commissione Europea ha dato il via libera al regolamento Imu, rilevando
nel contempo come la precedente normativa fosse illegittima: nello
stesso tempo l'ha tuttavia "condonata", iritenendo «oggettivamente
impossibile» stabilire quanta parte degli immobili era da considerarsi
commerciale e quindi non coperta dall’esenzione Ici. Il danno
complessivo per le casse pubbliche nel periodo 2006-2012 è stimato tra i
due e i tre miliardi di euro.
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