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martedì 19 febbraio 2013

Jafar Panahi deve essere libero. Lo chiede La Germania e anche noi.


Jafar Panahi (Mianeh, 11 luglio 1960) è un regista iraniano.Dopo gli studi all’Università del cinema e della televisione di Teheran, gira diversi corti e mediometraggi per la tv iraniana ed è assistente di Abbas Kiarostami per Sotto gli ulivi (1994). Nel 1995 debutta nel lungometraggio con Il palloncino bianco, da una sceneggiatura di Abbas Kiarostami, delicata favola morale con commoventi personaggi infantili presi direttamente dalla realtà che gli vale la Caméra d’or al Festival di Cannes. Nel 1997 vince il Pardo d’oro al Festival del film Locarno con Lo specchio, apologo sulla difficile condizione femminile in una società dominata dalla morale islamica. Lo stesso tema torna anche in Il cerchio (2000), film corale sulla storia di otto donne incarcerate nell’Iran contemporaneo, premiato a Venezia con il Leone d’oro. Nel 2003 vince a Cannes il premio della giuria nella sezione Un certain regard con Oro rosso, noir in bilico tra neorealismo e astrazione, sceneggiato da Abbas Kiarostami e proibito in patria. Stessa sorte subisce il suo successivo lungometraggio Offside, in bilico tra commedia e documentario, in cui si raccontano le vicende di un gruppo di ragazze che si travestono da uomini per cercare di assistere ad una partita della nazionale di calcio iraniana a Teheran. Il film viene premiato nel 2006 a Berlino con l’Orso d’Argento (Gran Premio della Giuria).
Arrestato il 2 marzo 2010 per la partecipazione ai movimenti di protesta contro il regime iraniano , dopo la mobilitazione delle organizzazioni a difesa dei diritti umani e del mondo del cinema a livello internazionale, viene rilasciato su cauzione il 24 maggio dello stesso anno.Il 20 dicembre 2010 Panahi viene condannato a 6 anni di reclusione: gli viene inoltre preclusa la possibilità di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che all’interno dell’Iran per 20 anni. Nel 2013 partecipa in Concorso al Festival di Berlino con il film Closed Curtain.



Domenica 17 febbraio 2013 è stato dato al Festival di Berlino, l’ Orso d’Argento per la Miglior Sceneggiatura a “Pardé Closed Curtain” di Jafar Panahi (Iran). “Un uomo e il suo cane si rifugiano in una casa isolata, dalle finestre oscurate. L’uomo sta scrivendo un film, e vuole proteggere il suo cane dalla polizia islamica che considera questi animali “impuri”. Ma la realtà non tarda a bussare alla porta, intrecciandosi alle fantasie e alle paure dello stesso Jafar Panahi.” Questa è la trama del film Closed Curtain, un film di Jafar Panahi e Kamboziya Partovi, co-regista e attore protagonista.
E’ stato girato “clandestinamente” e inviato al Festival internazionale di Berlino, senza il permesso delle autorità iraniane: “il regista è stato infatti condannato a non poter lasciare il suo paese, concedere interviste e tanto meno girare e firmare film per i prossimi venti anni: dopo essere stato incarcerato per quasi tre mesi, e rilasciato a seguito delle pressioni internazionali, corre ora il rischio di essere costretto a scontare una pena a sei anni di reclusione per avere realizzato un nuovo film infrangendo i divieti che gli sono stati imposti.”
L’ Ansa ci riferisce “E’ la prima volta che un governo tedesco si rivolge ufficialmente ad un altro governo, quello iraniano, per chiedere la liberazione di un uomo” ha detto il moderatore dell’incontro per l’atteso ‘Closed curtain’ diJafar Panahi e Kambuzia Partovi. Un film, girato clandestinamente, metafora della prigionia del regista condannato al silenzio. “Non è un film contro il regime – dice il coregista Partovi, mancando ovviamente Panahi – racconta l’unica storia che si poteva raccontare”.


SINOSSI

Entrambi sono in fuga: l'uomo con il cane che non gli è permesso di possedere perché la legge islamica ritiene che sia impuro, e la giovane donna che ha partecipato a un partito illegale sulle rive del Mar Caspio. Essi si barricano in una villa isolata con finestre e tendine tenendosi d'occhio l'un l'altro con sospetto. Perché si è rasato la testa? Come fa a sapere che è stato seguito dalla polizia?

Entrambi sono ora prigionieri in una casa senza vista in mezzo a un ambiente ostile. Le voci della polizia si sentono in lontananza, ma possono sentire anche il suono rilassante del mare. Una volta che si guarda il cielo notturno pieno di stelle prima di ritirarsi di nuovo dietro le loro mura di protezione.

Siamo di fronte a fuorilegge, in tutti i sensi della parola? Oppure sono l'uomo e la giovane donna soltanto fantasmi, frutto dell'immaginazione di un regista cui non è più permesso di lavorare?

Il regista entra in scena e le tende si aprono. La realtà stessa si ripristina, ma la finzione si chiude su di esso ancora e ancora. Una situazione assurda: due protagonisti in una sceneggiatura, rappresentando  sia la ricerca che osservando il loro regista.


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