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mercoledì 12 gennaio 2011

stupri “correttivi” in Sud Africa

12 gennaio 2011
Le lesbiche nel paese da anni devono guardarsi da un nuovo flagello. Ma forse oggi, grazie al web, le cose possono cambiare

La storia riportata dall’Huffington Post di Millicent Gaika, una donna sudafricana, vittima di uno “stupro correttivo” è a dir poco agghiacciante e la sua foto è spaventosa. La donna ha dichiarato al giudice che l’uomo che l’ha violentata, Andile Ngoza, durante la violenza continuava a ripeterle “So che sei lesbica, non sei un uomo, pensi di esserlo, ma ora ti faccio vedere che sei una donna”. Ora l’uomo è a piede libero dopo essere stato rilasciato e ri-arrestato dopo l’attacco a Millicent. Questa volta la causione, per aver violato la parola data, è stata stabilita per l’equivalente di 10 dollariLuleki Sizwe è un’associazione volontaria che si occupa dei diritti di LGBT con sede in una delle baraccopoli più povere di Città del Capo. L’organizzazione aiuta le donne che sono state vittime di quella che è diventata velocemente una forma onnipresente di violenze sessuali mirate in Sud Africa: “stupri correttivi” contro uomini o donne omosessuali o sospettati di esserli, come un modo per curarli. La cosa peggiore della violenza contro Millicent è che non è così rara in Sud Africa, ma una pratica comune comune. L’organizzazione stessa prende il nome da due donne che sono morte in seguito a complicazioni mediche causate da uno stupro correttivo. Una di queste donne era la fidanzata della fondatrice dell’organizzazione, Ndumie Funda.
LA FORZA DELLA RETE – “Questi crimini si sono perpetrati per anni, e non siamo arrivati da nessuna parte. Il caso di Millicent è stato rimandato più volte. Quando lo stupratore, che è a piede libero, ha cominciato a minacciare di nuovo Millicent, ho deciso che era abbastanza” dice Billi. Dopo anni di riunioni, marce, e organizzazioni locali, la mossa successiva di Billi è stata una luce nel buio. L’attivista ha steso un testo per accompagnare le foto del viso tumefatto di Millicent e poche settimane fa lo ha mandato una petizione al famoso network di impegno sociale Change.org , chiedendo che il ministro della giustizia sudafricano dichiarasse lo stupro correttivo come un reato di discriminazione. Le conseguenze l’hanno lasciata sorpresa. In poche settimane la petizione ha raggiunto più di 130.000  firme (potete aggiungere la vostra grazie al link sopra) da quasi tutti i paesi del mondo e sta crescendo rapidamente. Ma ciò che è più importante la petizione, a differenza delle proteste locali, è riuscita a ottenere l’attenzione dei media nazionali in Sud Africa e ha intasato la casella e-mail del Ministro della Giustizia Jeff Radebe, a cui la petizione era indirizzata e il cui capo di stato maggiore ha dichiarato che la petizione “ha reso virtualmente impossibile accedere ad altre e-mail, che sono difficili da trovare come un ago in un pagliaio”. Anche se è presto per dichiarare vittoria ( a oggi il ministro non ha ancora acconsentito ad un accordo con gli attivisti dell’associazione), la campagna sta avendo una forte risonanza ben maggiore di quanto si aspettassero gli attivisti e offre una potente lezione della possibilità per gli attivisti locali, spesso con risorse davvero minime, di raggiungere velocemente un vasto pubblico internazionale utilizzando in modo intelligente la rete.
UNA CHANCE PER I PIÙ DEBOLI – “Cio che c’è di notevole in questa campagna è come sottolinei la discrepanza tra potere percepito e potere reale” racconta Ben Rattray, fondatore di Change.org. “Parlando di dinamiche di potere mondiale, non ci sono molte persone che hanno meno potere di queste donne. Sono povere, nere, donne e lesbiche in Sud Africa. Ma data la natura di questa storia, la potenzialità di raggiungere milioni di persone intorno al mondo e il meccanismo per connettersi con queste persone, Il loro potere potenziale è notevole”. Per quante riserve si possano avere nei confronti della validità delle petizioni online, oggi l’orrore degli stupri correttivi ha raggiunto gli onori della cronaca e sta portando alla luce ciò che le donne subiscono da anni in Sud Africa, nazione che detiene il triste primato di paese con il maggior numero di stupri. Ma se il mese scorso probabilmente solo poche persone fuori dal paese, e forse poche anche all’interno del Sud Afric stesso, erano a conoscenza dell’esistenza di un gruppo di donne a Città del Capo chiamato Luleki Sizwe, in poche settimane centinaia di migliaia di persone nel mondo le hanno conosciute e ora le attiviste hanno un modo per comunicare direttamente con i loro sostenitori, tenendoli aggiornati sugli sviluppi della loro battaglia per costringere il governo sudafricano ad affrontare finalmente seriamente il flagello degli stupri correttivi e viceversa sapere di non essere soli ridà la speranza e la forza di continuare a lottare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

pazzesco....solo questo mi viene da dire..
e il mondo come sempre resta a guardare !
non mollate...
il mondo non e' delle bestie !
nadia

albamontori ha detto...

Cara Nadia,
comprendo e condivido il tuo orrore...ma penso che le bestie, anche le più feroci( che poi lo diciamo noi umani che lo sono) non si sognerebbebbero neanche di pensare di far cose del genere.
Purtroppo questo genere di comportamento è prerogativa della specie (animale) umana e spesso vorrei appartenere a un'altra specie animale, una qualsiasi, perché mi vergogno di questa "umanità"
Oh no, il mondo non è delle bestie, è degli esseri umani, purtroppo !