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venerdì 21 marzo 2008

Oltre la 194? Sì, le donne meritano migliori difese

da La Repubblica del 19 marzo 2008, pag. 38

di Rita Bernardini
Pare non sia facile di questi tem­pi esprimersi in materia di aborto se non
in termini di «difesa a ol­tranza della legge 194» o comun­que di una sua
applicazione in senso restrittivo. E' con piacere dunque che ho letto
l'editoriale di Miriam Mafai su Repubblica a proposito della «burocrazia
del­l'aborto». Noi radicali siano da sempre contro l'aborto «di Stato».

«Di Stato» perché con la legge attuale i medici ed i giudici, al po­sto
della donna, sono chiamati a sindacare sulle motivazioni che portano la
paziente ad abortire. «Di Stato», ancora, perché ai citta­dini non si
consente di poter optare per l'aborto in una clinica privata, obbligandoli a
rivolgersi alle sole strutture pubbliche.

Già nel 1981, e poi ancora nel 1995, ancora nella scorsa legisla­tura
(2001-06) e infine in quella appena conclusasi, abbiamo pre­sentato quesiti
referendari e pro­poste di legge per abrogare quelle parti della legge che
per noi confi­gurano l'aborto di Stato. L'ultima proposta di legge (n.1858)
recita: «Per l'interruzione volontaria del­la gravidanza la donna può
rivol­gersi, altresì, agli studi medici e al­le strutture sanitarie
autorizzati dalla Regione».

In un momento in cui l'obiezione di coscienza si trasforma in boicottaggio
strisciante, persino sul­la cosiddetta pillola del giorno do­po, noi siamo
con chi lotta vera­mente perché sia ridotto il nume­ro degli aborti e non
con chi ipo­critamente vuole tenere le donne sotto scacco.

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