Vivere per la proposta di legge Eutanasia Legale

Libertà sessuale, libera sessualità- 1976 - Adele Faccio

Piano improvisation di Salvatore Maresca Serra

Alba Montori su Facebook

mercoledì 26 marzo 2008

boicottaggio olimpiadi pechinesi

Caro Matteo e voi tutti del gruppo Everyone

il "boicottaggio" tout court delle olimpiadi pechinesi non mi vede favorevole per due motivi essenziali:

1 - i cittadini della R.P.C (Tibetani compresi). hanno diritto ad avere il massimo di informazione possibile da parte del mondo democratico e specialmente quelli che lottano per i loro diritti di libertà ( e ce ne sono, repressi tanto duramente che non ne trapela se non qualche vaga notizia che comunque è sempre sotto il controllo del governo).
Sarà comunque impossibile anche per un regime militarizzato e autoritario come quello cinese impedire che i giornalisti di tutta la stampa libera e non allineata occidentale riescano a far passare notizie su ciò che accade in Cina ai cinesi, oltre e accanto alle Olimpiadi, anche se è evidente che anche i paesi democratici sono in parte complici del "silenziatore mediatico" voluto dal governo Cinese.

2 - una campagna in questo senso avrebbe come unico risultato quello di inasprire ulteriormente le misure repressive di qualunque tipo di dissidenza e di minoranza culturale "scomoda" a cominciare dai Tibetani e dal Dalai Lama, fornendo al governo cinese un pretesto per giustificarne politicamente, all'interno del paese ed anche all'esterno, la repressione e/o lo sterminio, di cui comunque non potremmo avere notizia se non da fonte governativa, ovviamente falsata.

Conseguenza: è necessario che il maggior numero possibile di persone e tutti i media del pianeta vadano in RPC a partecipare e a vedere le Olimpiadi.

Gli atleti che partecipano a queste olimpiadi hanno un grande potere di pressione mediatica sulle nazioni che rappresentano, ma non tutti e non in tutti i paesi partecipanti ne sono politicamente consapevoli allo stesso modo.
Certo, gli atleti possono minacciare di non partecipare ai giochi, ma ci vuole molta determinazione e "coscienza della propria democraticità" per "scegliere di non partecipare ad un evento a cui ci si sta preparando ( e lavorando molto duramente) da anni.
Ed è certo che i paesi più democratici possono minacciare di ritirare dai giochi la loro squadra, se la la RPC che la ospiterà non garantirà loro la piena libertà di cui godono nel loro paese di appartenenza, ma anche i paesi più democratici non lo sono poi forse abbastanza da decidere di farlo, superando i trattati economici e le questioni relazionali con uno stato potente e ricco.
Inoltre molti dei paesi che partecipano con la loro squadra hanno governi filo-cinesi ( vedi C.S.I -Russia di Putin, o altri sparsi, tipo Cuba, Birmania, Serbia e simili) e ne ammirano la capacità di "reprimere con decisione" le spinte popolari alla libertà individuale, considerata già da Mao e dai suoi emuli, controrivoluzionaria.
Basta guardare il panorama dei paesi che applicano la pena di morte, e quelli che hanno sottoscritto la moratoria, per rendersi conto che gli stati autoritari esistono e sono molti e manderanno i loro atleti a Pechino perchè "vincano".

I Giochi Olimpici nacquero come paradigma di un modo di combattersi meno violento di quello della guerra vera e propria, ma sempre di combattimento si tratta quando si gareggia.

Io sono per la nonviolenza, e nel caso delle Olimpiadi può essere applicata solo in un modo: non competere.
Un Sathiagraha della competizione sportiva.
Ovvero andare, partecipare e poi nel momento della competizione rifiutarsi di competere, di ognuno con ognuno, di ogni squadra con qualunque altra squadra
.
Ma solo gli atleti, le persone che sono e che sanno essere, hanno il potere di scegliere di fare un'azione di questo tipo, di ogni paese, Cina compresa. E analogamente artisti, intellettuali ...

Non tutti sono capaci di farlo, temo, ma spero con tutto il cuore di sbagliarmi.

Se ci saranno atleti capaci di questa scelta, ripeto, nonviolenta, e si metteranno in grado di metterla in pratica davanti al mondo intero e alla Cina, forse il Tibet vivrà, perchè sarà riuscito ad insegnarci che uniti si ottengono cose grandi partendo solo da sé stessi e forse vivremo anche noi.

Ciao cari
e grazie del vostro lavoro e del vostro cuore
alba

__________________________________________________________

l 25/03/08, Matteo Pegoraro | Gruppo EveryOne scrivono:

Campagna di Boicottaggio dei Giochi Olimpici 2008 a Pechino e delle relazioni sportive e culturali con la Repubblica Popolare Cinese

Firma la petizione su www.petitiononline.com/fortibet e diffondila il più possibile

Il Gruppo EveryOne (www.everyonegroup.com) promuove una petizione e una campagna internazionale affinché venga immediatamente sospesa la durissima repressione socio-culturale in corso da giorni in Tibet, perpetrata dalle autorità cinesi nei confronti di migliaia di innocenti. I leader del Gruppo EveryOne e le autorità e le persone di buona volontà che sostengono il documento/petizione che segue promuovono la Campagna di Boicottaggio dei Giochi Olimpici 2008 a Pechino e delle relazioni sportive e culturali con la Repubblica Popolare Cinese. Sostengono inoltre l'iniziativa "Pechino 2008. Medaglie d'Oro per i Diritti Umani", assegnando medaglie d'oro (che saranno coniate in metallo dorato a cura del Gruppo) a tutti coloro che decideranno di non partecipare ai Giochi Olimpici o ad altre manifestazioni sportive e culturali in Cina, in solidarietà alla popolazione del Tibet.

Una delle più gravi emergenze riguardanti i Diritti Umani si svolge nel Tibet, un Paese che si trova nord dell'Himalaya e che ha una superficie di 2,5 milioni di Kmq: oltre otto volte l'Italia. La popolazione tibetana è di circa 6,5 milioni di abitanti contro di 7,5 milioni di coloni inseriti progressivamente nel Paese dal governo cinese. Il Tibet è stato libero e indipendente per secoli; il suo diritto all'indipendenza è documentato da tre risoluzioni approvate dalle Nazioni Unite nel 1959, 1961 e 1965. In seguito all'invasione da parte del'esercito cinese - avvenuta fra il 1949 e il 1950 - e alla sua spietata politica repressiva, oltre duemila anni di storia e cultura tibetana sono messi gravemente a rischio di annientamento. Ricordiamo che durante l'occupazione e dopo l'annessione si sono verificati innumerevoli atti di barbarie, perpetrati da oltre 40 mila soldati invasori che già nel periodo 1950-1980 hanno assassinato più di due milioni di tibetani e distrutto un incomparabile patrimonio dell'umanità: oltre seimila templi e un numero incalcolabile di opere d'arte. Migliaia di dissidenti, intellettuali, religiosi – colpevoli di non accettare la persecuzione – sono stati incarcerati; lingua, religione e tradizioni culturali vengono negate; l'ambiente, di meravigliosa bellezza prima dell'invasione, è stato sottoposto a deforestazione e saccheggio delle risorse, operazioni che hanno provocato una catastrofe ecologica e il progressivo impoverimento del Paese. Dal 1959 il Dalai Lama vive in esilio. Nel frattempo il suo Paese è stato ridotto in condizioni tragiche di miseria: il livello di vita dei tibetani è uno dei più bassi del pianeta, mentre l'inserimento di coloni cinesi amplifica di anno in anno la situazione di minoranza dei tibetani.
Nell'età moderna si è verificato il dramma previsto dal 13° Dalai lama - predecessore dell'attuale - nel 1931:
"Dobbiamo essere pronti a difenderci o le nostre tradizioni spirituali e culturali saranno distrutte, i nomi dei Dalai e Panchen Lama saranno cancellati, i nostri monasteri saranno saccheggiati e ridotti in macerie, i monaci e le monache assassinati o scacciati. Se non tuteleremo il nostro popolo, diventeremo schiavi dei nostri aguzzini, costretti a vagabondare senza speranza come mendicanti".

Dal 13 marzo 2008 il Tibet assiste alla protesta dei cittadini contro la politica persecutoria del governo cinese. Le autorità cinesi hanno reagito con una durezza ancora maggiore, rispetto al passato. Numerosi monaci sono stati arrestati, mentre la polizia, sparando sulla folla dei dimostranti, ha provocato finora un centinaio di morti, che il governo tibetano in esilio ha documentato, mentre il governo cinese ha tentato di nascondere, dichiarando un numero complessivo di tredici vittime, definite "facinorosi" e "criminali". La Storia ci invita a ricordare che la propaganda dei regimi persecutori ha sempre posto in essere campagne dirette a criminalizzare le vittime, secondo una precisa strategia finalizzata a giustificare violazioni e forme di annientamento: dai coloni europei nei confronti dei nativi americani ai nazisti nei confronti degli ebrei e delle altre minoranze loro invise. La persecuzione attuata da diversi Stati membri europei contro i popoli zingari – che avviene nell'indifferenza degli altri Paesi civili – si avvale della stessa forma di propaganda: "Tolleranza zero contro un popolo di criminali". Le identiche parole che ha pronunciato il portavoce del Ministero degli esteri Qin Gang in risposta all'appello a favore del Tibet promosso da benedetto XVI. Il 18 marzo 2008 il premier cinese Wen Jiabao, per prevenire eventuali campagne di boicottaggio da parte del Dalai Lama, aveva addossato allo stesso la responsabilità dei lutti causati dalle autorità cinesi nel Tibet, accusandolo di "incitare il boicottaggio dei Giochi olimpici di Pechino del prossimo agosto".

Ecco perché il Dalai Lama evita di parlare dell'opportunità di dire NO ai Giochi Olimpici di Pechino: non vuole che si versi altro sangue. Contemporaneamente, però, dal suo esilio a Dharmsala, in India, lancia al mondo libero un grido di aiuto: "La repressione sta aumentando fino a raggiungere enormi e spaventose violazioni dei diritti dell'uomo e contemporaneamente è negata la libertà religiosa e le questioni spirituali vengono politicizzate".

Nel frattempo i religiosi, gli intellettuali e i leader in esilio hanno iniziato una marcia di protesta dall'India al Tibet, chiedendo che la sanguinaria occupazione cinese del Tibet abbia fine e che tutti i Paesi e gli esseri umani che credono nella necessità di salvaguardare i Diritti Umani boicottino senza esitazione lo svolgimento dei prossimi Giochi olimpici a Pechino. La comunità internazionale sembra spaventata dall'ipotesi-boicottaggio, perché gli interessi economici e politici che ruotano intorno ai Giochi Olimpici sono enormi.

Mostrarsi vili e indifferenti di fronte a una tragedia di proporzioni immense, tuttavia, sarebbe il più grave degli errori e renderebbe tutti noi complici dei carnefici che perpetrano continue violazioni dei diritti fondamentali della persona, che contrastano con la convivenza civile e con i principi di libertà e dignità che devono essere concessi a ogni essere umano. I giochi olimpici rappresentano, da sempre, un momento celebrativo di fratellanza tra i popoli, tant'è che storicamente, durante il loro svolgimento, veniva interrotto ogni conflitto; inoltre i Giochi sono un'occasione per riaffermare il valore universale dei diritti umani e impedire la violazione dei diritti democratici. A tutto questo il Governo Cinese sta venendo meno.

Dopo le sconvolgenti vicende che hanno coinvolto la Birmania, dove sono stati trucidati centinaia di monaci buddisti che manifestavano pacificamente, episodi ancora più gravi si stanno ripetendo in Tibet e gli oppressori non vengono raggiunti da ammonimenti forti e chiari, da voci ferme e autorevoli che li inducano a cambiare strada e a intraprendere la via del rispetto dei Diritti Umani. Fino ad ora sono rimaste inascoltate le raccomandazioni promosse dalle organizzazioni per i diritti civili e da alcune forze politiche internazionali, come a nulla è purtroppo valso - come abbiamo visto - l'appello del Dalai Lama alle autorità Cinesi perché abbandonino l'uso della forza per reprimere le pacifiche e democratiche proteste del popolo tibetano. Paura e indifferenza, al contrario, indeboliscono la sua voce che invita alla pace e al rispetto dei popoli.

Il Gruppo EveryOne invita le nazioni, le federazioni sportive, i singoli atleti, i giornalisti sportivi, i tifosi a riflettere attentamente sull'eventualità di ignorare la sofferenza e i lutti che colpiscono i tibetani per celebrare i Giochi Olimpici come si fa ogni quattro anni. Che valore avrebbero le performance degli atleti? Che suono avrebbero gli inni nazionali? Che luce rifletterebbero le medaglie?

Si ricordino le Olimpiadi del 1936: la scelta cadde su Berlino, sede contrastata, visto che la Germania stava entrando in pieno periodo hitleriano. I Giochi altro non furono che l'occasione per mostrare al mondo intero la superpotenza germanica: nuove costruzioni faraoniche, tra cui un Villaggio Olimpico splendido, e una squadra tedesca che si preparò scrupolosamente e per mesi nella Foresta Nera, da dove uscì in grande spolvero dopo allenamenti durissimi. Le proteste ai Giochi Hitleriani di certo non mancarono, ma ancora più che le proteste non mancarono le contraddizioni: gli Stati Uniti minacciarono il boicottaggio per voce del presidente Roosevelt, ma tutto poi rientrò. Roosevelt mandò un inviato in Germania per verificare quale fosse effettivamente la situazione, ma ad attraversare l'oceano fu Avery Brundage, futuro presidente del CIO e soprattutto di tendenze ultraconservatrici e razziste. Così il suo rapporto fu positivo e gli Stati Uniti decisero di partecipare ai Giochi. Anche Hitler si ridipinse un po': nello squadrone tedesco vennero inseriti così una manciata di atleti di origine ebrea; questo mentre erano già operative le leggi antiebraiche. Così, in un trionfo di svastiche, il 1° agosto 1936 il mezzofondista tedesco Erik Schilgen accese, con la fiaccola giunta per mano di 3000 tedofori da Atene, il braciere olimpico. Qualche anno dopo, per citare un esempio significativo, tutti i giocatori di origine ebrea dell'Ajax, squadra calcistica del ghetto di Amsterdam fondata dai fratelli Han e Johan Dade, vennero deportati nei campi di concentramento nazisti, sotto l'indifferenza, mista a sgomento, della comunità internazionale.

Non permettiamo che avvenga lo stesso con la Repubblica Popolare Cinese.
La Cina non può rappresentare lo spirito olimpico di fratellanza e amicizia, come non può accogliere l'arte e la cultura che si facciano messaggeri di solidarietà. Il Gruppo EveryOne chiede a tutti gli atleti, italiani e internazionali, che abbiano pianificato la loro presenza alle Olimpiadi di Pechino, di boicottare la loro partecipazione ai Giochi. Ma questo non deve bastare, perché il boicottaggio, per essere efficace nei confronti di un governo la cui arroganza e i cui soprusi sembrano non avere un limite, deve riguardare ogni manifestazione sportiva, culturale, di spettacolo, di incontro. Il Gruppo EveryOne – ma anche voci importanti della cultura contemporanea, come quella del filosofo francese Bernard Henry-Levy – chiede agli atleti di non esprimere il loro talento sul suolo di un Paese che non riconosce i Diritti Umani; chiede a tutti gli artisti che abbiano previsto tournée, concerti e spettacoli in Cina, di cancellarli: devono fermarsi i concerti, fin tanto che le trombe tibetane non potranno tornare a suonare in libertà e serenità; si devono fermare gli spettacoli, fin tanto che non cesseranno le urla di migliaia di innocenti che manifestano in modo nonviolento e vengono repressi con la forza, arrestati, umiliati, uccisi da forze militari cinesi.

Il Gruppo EveryOne ricorda che il boicottaggio è una forma di azione a sostegno dei Diritti Umani che ha ottenuto importanti risultati fin dalla fine del XIX secolo, epoca a cui risale la sua origine. La sua efficacia è indiscutibile, perché si basa sugli stessi principi che hanno fatto dello sciopero uno strumento fondamentale per le istanze dei lavoratori, in tutto il mondo. Il boicottaggio è un'azione nonviolenta, mirata a isolare l'entità che viola i Diritti Umani e a interrompere forme di collaborazione nei suoi confronti. Una delle vittorie più significative ottenute attraverso il boicottaggio fu l'abolizione dell'apartheid in Sudafrica. A chi sostiene che i Giochi Olimpici 2008 porteranno vantaggi a tutto il popolo cinese e visibilità ai dissidenti tibetani, rispondiamo che la manifestazione, se dovesse tenersi regolarmente, avrà il solo risultato di rafforzare l'attuale regime, penalizzando ulteriormente le minoranze perseguitate, mentre le notizie provenienti dal Tibet che raggiungeranno i media e gli osservatori internazionali saranno opportunamente filtrate dalla propaganda governativa. Il boicottaggio, al contrario, è una risposta chiara alla voce della prevaricazione: "Non esiste un prezzo per la libertà di un popolo; non esiste un prezzo per il sangue innocente".

I leader del Gruppo EveryOne, le autorità e le persone di buona volontà che sostengono la Petizione e la Campagna di Boicottaggio dei Giochi Olimpici 2008 e delle relazioni sportive e culturali con la Cina promuovono inoltre l'iniziativa "Pechino 2008. Medaglie d'Oro per i Diritti Umani", assegnando medaglie d'oro (che saranno coniate in metallo dorato a cura del Gruppo) a tutti gli atleti che decideranno di non partecipare ai Giochi Olimpici o ad altre manifestazioni sportive in Cina, in solidarietà alla popolazione del Tibet. Le Medaglie d'Oro saranno assegnate e consegnate anche ai giornalisti, agli intellettuali, agli artisti che parteciperanno alla Petizione e alla campagna, boicottando relazioni di cultura, informazione o spettacolo con il governo degli oppressori.

Per il Gruppo EveryOne: Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario Picciau, Glenys Robinson e altri 20 membri

***Per ulteriori informazioni e aggiornamenti:

Gruppo EveryOne
matteo.pegoraro@everyonegroup.com
info@everyoneroup.com www.everyonegroup.com
Tel: +39 334 8429527 :: Fax: 055 0518897

Nessun commento: