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giovedì 13 dicembre 2007

12 dicembre 2008,ieri

Ricevo questa bella e toccante corrispondenza di Dani sulla serata di ieri, sulla festa di compleanno di Massimo, come voleva Massimo, ma senza Massimo, per la prima volta.
Io non ho avuto ancora il tempo di rifletterci un po' su con la tastiera davanti, ma prima o poi ne scriverò. Per ora, da quando se n'è andato, ho ancora tante cose da organizzare, smuovere, fare, cose che mi sono state affidate, forse perchè sono una delle sue più vecchie amiche e allergica ai settarismi, alle gelosie, ai protagonismi, come lui.

Ecco Dani:

12 dicembre 2007. Al Mieli il primo compleanno di Massimo Consoli senza Massimo Consoli

UNO SCHERMO, QUALCHE LACRIMA E UNA COMUNITA’ VARIA E ORFANA A TROVARE IL CORAGGIO PER SORRIDERE E ANDARE AVANTI

Che strana serata quella del 12 dicembre appena trascorso al Circolo “Mario Mieli”.Il compleanno di Massimo Consoli.
Il primo senza Massimo Consoli.
Eppure ce l’ha chiesta lui stesso, fino all’ultimo, di farla quella festa.
E festa è stata. Per i sessantadue anni dalla nascita del padre fondatore del movimento gay italiano.
E’ trascorso poco più di un mese dalla morte di Papa Max e l’assenza comincia ad essere più viva di ogni ricordo. Di persone come Massimo, del resto, non se ne trovano in giro.
Morto un Papa Max non se ne fa un altro, decisamente.
E a mancare, almeno a chi scrive che ha avuto – sia pure solo per un lustro - la fortuna di conoscere e amare i tanti particolari che fanno un’amicizia, sono la presenza, l’umanità, il tono della voce e la mano calda di un padre spirituale.
Fatto sta che di fronte alla bravura e alla puntualità degli attivisti del Circolo “Mario Mieli” e della loro abituale torta (stavolta con una sola candelina), così come innanzi al primo simpatico saggio della neonata “Fondazione Luciano Massimo Consoli” che, grazie all’amica-matrona Alba Montori ha presentato una torta color verde-Consoli, ma ancor di più allo scorrere delle immagini riproposte dall’efficiente Daniele Cenci, chi vi scrive ha riprovato su di sé una sensazione bambina.
Avevo, infatti, otto o dieci anni quando per la prima volta, in tv, vidi Massimo Consoli.
L’ho raccontata molte volte a Max, questa storia, e molto ne abbiamo sorriso assieme.
Non sapevo ancora, allora, di essere gay. Erano i primissimi Anni Novanta.
Lui parlava dagli schermi della Rai. Discettava, mi pare,del suo archivio e in sovrimpressione comparve un numero di telefono. Un numero simile, differiva soltanto di una cifra, a quello dell’abitazione di mio nonno paterno, a Frattocchie. Così seppi che l’intellettuale padre del movimento gay italiano era di Frattocchie. A pochissimi chilometri da casa mia, addirittura nel mio stesso comune natìo, Marino, in provincia di Roma. Percepii da subito, in quella presenza televisiva, un’aura di autorevolezza profonda e immediatamente sentii che con quella persona alla televisione avrei avuto qualcosa a che fare.
Non so ancora perché – se tutto era ancora solo in divenire - di tutto questo ho un ricordo tanto nitido.Tuttavia è andata così. Certo. Mai e poi mai avrei pensato a un’amicizia forte e briosa al tempo stesso come quella che poi è nata. Al padre capace di mettermi una mano in testa nei momenti di tormento profondo. All’amico compagno di viaggio in giro per l’Italia, quando diceva – all’arrivo nelle stazioni ferroviarie – che il suo sogno era quello di essere accolto dalla banda della città in cui stavamo giungendo.
E risate. Su tutto e tutti. Persino su quel male che ce l’ha portato via così presto.
E se alla morte di Massimo, frastornato come ognuno di noi dagli eventi, scrissi credendoci, sentendone ancora il calore umano, che Papa Max in fondo ci pareva immortale.
Oggi no. La sua assenza e la presenza in quel monitor, solo dannatamente in quel monitor, hanno spiegato a tutti, persino ai più ostinati come me, che Massimo, l’amico, il fratello, il nonno col nipotino sulle ginocchia a scrivere al computer, quel Massimo, maledetto il cielo, davvero non c’è più.
E’ tornato uno schermo a mettersi nel mezzo, assieme a tanta malinconia, nonostante Massimo chiedesse festa.
Festa c’è stata. Ora, però, è davvero il tempo della memoria. Di ritrovare le forze e il coraggio necessari a difendere la vita e le opere, l’archivio immenso, di quello che è stato un amico e un padre dolcissimo ma resterà per sempre un grande uomo, maestro di idee e azione dal quale molte generazioni di italiani, gay e non solo, avranno ancora molto da imparare.

Daniele Priori
http://www.danielepriori.net/

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