Da http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=256688
di Ida Magli
Vietiamo agli immigrati di comprare case e terreni
Genova non appartiene più ai genovesi. Il centro storico è stato comprato,
un pezzo alla volta, un negozio alla volta, dagli immigrati africani, in
maggioranza marocchini e tunisini, e i genovesi vi si sentono ormai
stranieri; non osano quasi più attraversarlo, tanto meno passeggiarvi. Le
moschee vi pullulano e nessuno può validamente opporsi all'erezione della
moschea principale, di faccia al Duomo.
Firenze non appartiene più ai fiorentini. Il centro storico è stato
comprato, un pezzo alla volta, un negozio alla volta, dagli immigrati
africani e i fiorentini vi si sentono ormai stranieri; non osano quasi più
attraversarlo. Ricchissimi «sceicchi» hanno acquistato i palazzi intorno al
Duomo, anche quelli abitati da secoli dai discendenti di Dante.
Evidentemente il Sindaco non vi ha trovato nulla da eccepire, e adesso ha la
soddisfazione di affacciarsi dal suo ufficio sulle grida dei venditori e
sugli effluvi di aglio provenienti dalle cucine musulmane. I negozi africani
vendono ai turisti, sotto il naso dei fiorentini impotenti, borsette di
autentico «cuoio fiorentino» conciato in Cina e, malgrado l¹estrema
battaglia ingaggiata da Oriana Fallaci, le moschee prosperano al pari dei
commerci.
Roma non sta meglio. Gran parte del centro, a cominciare dalla Basilica di
S. Maria Maggiore fino a Piazza Vittorio e a S. Giovanni, appartiene agli
immigrati, soprattutto cinesi e africani (ma a Roma sono presenti quasi
tutti i gruppi etnici esistenti al mondo). Comprano tutto quello che
possono, convincendo facilmente i proprietari con l¹abbondanza di denaro
contante che possiedono, senza dilazioni o mutui, cosa che nessun italiano
può permettersi. I cinesi, poi, sono silenziosissimi. Non salgono quasi mai
alla ribalta delle cronache perché obbediscono, senza osare lamentarsi, a
una disciplina ferrea, lavorando in modo disumano, al di fuori di qualsiasi
normativa igienica e sindacale. Quando si ammalano o quando partoriscono
ricorrono alle cure di un proprio medico allo scopo di non far scoprire il
loro numero effettivo. Ci si accorge della loro presenza soltanto dalla
lingua delle insegne. La questione delle insegne dei negozi, del resto, è di
per sé indicativa del disprezzo dei Sindaci verso la propria città. Neanche
i benemeriti Sindaci di Roma, tanto solerti verso la cultura, hanno ritenuto
doveroso imporre ai nuovi padroni almeno l¹uso della doppia lingua sulle
insegne dei negozi.
È urgente, dunque, emanare una legge che vieti l¹acquisto di terreni, di
edifici, di locali agli stranieri. Si tratta di una normativa talmente ovvia
che esiste in quasi tutti gli Stati, anche in quelli africani dai quali
provengono molti dei nostri immigrati acquirenti; la sua mancanza è
sufficiente da sola a testimoniare della spaventosa indifferenza dei
governanti verso il territorio italiano. Bisogna anche precisare che
l¹Italia ha l¹obbligo di derogare, in difesa della propria esistenza, dalle
normative riguardanti i cittadini degli Stati che fanno parte dell¹Unione
europea. Comportarsi come se l¹Italia fosse un Paese uguale agli altri
sarebbe stupido, oltre che falso, visto che venire in Italia è stato da
sempre il sogno di tutti. Inoltre noi siamo troppi e il territorio italiano
va salvaguardato dall¹eccesso demografico non soltanto per la sua intrinseca
fragilità ma anche per la sua bellezza paesaggistica.
Spetta al nuovo governo provvedere in fretta dato che nessuno ha dubbi sul
fatto che il successo elettorale del centrodestra sia dovuto soprattutto
alla insofferenza della maggior parte della popolazione nei confronti della
immigrazione. Un¹insofferenza che ha profonde motivazioni psicologiche oltre
a quelle concrete e che si estende ad aspetti che di solito i governanti non
prendono in considerazione quando si occupano della «sicurezza». Ma se è
vero che gli italiani hanno deciso di riprendere in mano la propria vita e
il proprio futuro provocando l¹attuale terremoto politico, è perché non ne
potevano più di non avere diritto a custodire il patrimonio che con tanta
fatica hanno conquistato: la propria terra. Non ne potevano più di essere
oppressi dalla invasione di stranieri e dalle conseguenze inevitabili che
tale invasione porta con sé. Si tratta di conseguenze che vanno molto al di
là del pur grave assedio dei crimini quotidiani. Nessuna «sicurezza» è
possibile a un popolo che non possieda un territorio ben delimitato e
chiuso, così come ogni individuo si sente al sicuro soltanto se possiede una
casa nella quale nessuno possa entrare. L¹Italia è diventata negli ultimi
anni terra di approdo per chiunque. Ma un popolo è tale appunto perché
possiede un territorio. I «confini» esistono e sono sempre esistiti, in ogni
tempo e in ogni luogo, perché delimitano la sacralità dello spazio nel quale
vive un determinato gruppo di uomini. Chi non sa che si deve mettere i piedi
in un solco d¹acqua per attraversare il confine di alcuni stati? L¹acqua
segnala appunto la necessità di una purificazione per entrare nel territorio
altrui. Ma anche il «tappetino» davanti alla porta di casa segnala, sotto la
debole razionalizzazione del pulirsi le scarpe, la sacralità del nostro
territorio.
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