Vivere per la proposta di legge Eutanasia Legale

Libertà sessuale, libera sessualità- 1976 - Adele Faccio

Piano improvisation di Salvatore Maresca Serra

Alba Montori su Facebook

venerdì 25 aprile 2008

Da http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=256446&PRINT=S

Così antifascisti da sembrare fascisti
di Michele Brambilla

Qualcuno la attribuisce a Mino Maccari, qualcun altro a Ennio Flaiano.
Ma se la paternità della battuta è incerta, l'efficacia è a volte certissima:
«In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti propriamente
detti e gli antifascisti».
Quello di cui ci occupiamo oggi è uno di quei casi in cui la battuta
funziona. Lo raccontiamo prendendo per mano il lettore, accompagnandolo
passo dopo passo, perché altrimenti in lui sorgerebbe il dubbio di essere
finito su scherzi a parte. Invece è tutto vero, come si può facilmente
verificare.
Basta entrare in Internet e collegarsi al sito ufficiale dell'Anpi,
associazione nazionale partigiani: www.anpi.it
. Parlo dell'Anpi nazionale,
non di una qualche sezione locale gestita magari da un tizio un po' sopra le
righe.
Dunque. Entrate nel sito, vi apparirà una home page e sentirete in
sottofondo le note di fischia il vento/ urla la bufera/ scarpe rotte/ eppur
bisogna andar. È una musica che desta una certa emozione, lo dico senza
alcuna ironia, anche don Camillo si commuoveva quando dalla piazza del paese
arrivavano le note dell'Internazionale suonata dalla banda comunale.
Torniamo alla home page dell'Anpi. La prima notizia è l'annuncio della
manifestazione programmata per il 25 aprile. Un link rimanda al «Manifesto
unitario delle forze democratiche antifasciste»: è il documento ufficiale
della «grande manifestazione nazionale», in programma a Milano venerdì
prossimo.
Il manifesto comincia con un ricordo dei giorni che furono. Il nazifascismo,
la lotta di liberazione, il sacrificio di decine di migliaia di partigiani,
infine il risultato di quella lotta: la Costituzione («fra le più avanzate
di quelle esistenti») e la nascita della democrazia. Dopo di che si arriva
ai giorni nostri
. E qui citiamo testualmente dal «manifesto unitario»:
«Ma a sessant'anni dal primo gennaio 1948, da quando essa entrò in vigore,
l¹Italia sta correndo nuovi pericoli. Emergono sempre più i rischi per la
tenuta del sistema democratico, come evidenti si manifestano le difficoltà
per il suo indispensabile rinnovamento. Permangono, d'altro canto, i
tentativi di sminuire e infangare la storia della Resistenza, cercando di
equiparare i "repubblichini", sostenitori dei nazisti, ai partigiani e ai
combattenti degli eserciti alleati (...).
Conclusione: «Per questi motivi, per difendere nuovamente le conquiste della
democrazia, il 25 aprile anniversario della Liberazione assume il valore di
una ricorrenza non formale. Nel ricordo dei Caduti ci rivolgiamo ai
democratici, agli antifascisti, per una mobilitazione straordinaria in tutto
il Paese».
Dunque quella di venerdì non sarà la solita commemorazione della Resistenza,
ma una ricorrenza «non formale», una manifestazione «straordinaria». Questo
perché il momento è eccezionale, «l'Italia sta correndo nuovi pericoli», «la
tenuta del sistema democratico» è «a rischio». Berlusconi come Mussolini?
Bossi come Hitler? Maroni come Kesselring? Alemanno come Kappler?
Ci sarebbe da sorridere, se non fosse che ogni volta che il centrodestra
vince le elezioni in Italia si rispolverano bella ciao e lo spettro delle
deportazioni, la fine della democrazia e il ritorno del mito della razza. Ci
sarebbe da sorridere, se non fosse per l'impressionante dispiegamento di
firme a sostegno di questo «manifesto unitario» che chiama l'Italia in
piazza contro la ri-nascente dittatura: oltre all'Anpi e a tutte le
associazioni combattentistiche e partigiane, Pd, Prc, Sdi, PdCI, Sd, Verdi,
Italia dei Valori, Cgil, Cisl e Uil, Arci, Acli e tanti altri ancora,
abbiamo citato solo quelli che rappresentano tutto il centro sinistra e la
sinistra istituzionali.
Ieri il segretario della Uil Lombardia si è dissociato, e c'è da sperare che oggi molti altri
seguano il suo esempio.
Purtroppo però l'equiparazione vittoria del centrodestra-fine della
democrazia non è solo una trovata di qualche funzionario dell'Anpi e di
partito, ma una fissazione di gran parte del mondo progressista italiano,
specie quello più influente nei giornali, nella cultura, nel mondo degli
spettacoli. Fissazioni che danneggiano anche (e forse soprattutto) la stessa
memoria storica della lotta al nazismo e al fascismo; certamente la
danneggiano più di qualsiasi testo revisionista. La Resistenza viene gettata
nel ridicolo non dai libri di Giampaolo Pansa, paragonato a uno Starace
quando non a un Goebbels, ma da questi «comitati permanenti» sempre in lotta
contro orbaci e camicie nere che esistono solo nella loro fantasia.

Accanto al ridicolo c'è però un aspetto
inquietante.
Nel «
Manifesto unitario», così come in tanti discorsi o articoli, si fa riferimento ai
valori della democrazia, ma i primi a non rispettare la democrazia, e a
invocare contro di essa l'uso della piazza, sono proprio coloro che non
accettano l'esito di una consultazione elettorale.

Chi va a governare ci va perché così ha voluto il popolo italiano,
non
perché ha fatto
un colpo di Stato.
E se si giustifica l'esito del voto con i «condizionamenti» delle
televisioni, si torna a cadere nel ridicolo:
da quando c'è il bipolarismo,
si è andati a votare cinque volte, e gli italiani hanno sempre scelto una
volta una coalizione, e una volta quell'altra.
Priva al tempo stesso del senso del ridicolo e dell'accettazione della
volontà popolare, è questa sinistra - più che Maccari o Flaiano - ad aver
dato vita al detto popolare secondo il quale tra fascisti e antifascisti,
perlomeno quanto a intolleranza, non c'è poi tanta differenza.

Nessun commento: