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""LETTERA APERTA AL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI
Alla vigilia dell'8 marzo, giornata universalmente dedicata alle donne, durante l'udienza nella Sala Nervi nel Suo discorso ha omesso qualsiasi riferimento alle condizioni di vita delle donne in Italia e nel mondo.
Con disagio osserviamo che non c'è stato un cenno alle sofferenze che le donne patiscono in aggiunta a quelle che già le guerre e la fame impongono a miliardi di persone.
A milioni di donne è negato il diritto ad un'esistenza dignitosa, all'istruzione, al lavoro, alla maternità.
Sono le violenze subite in quanto donne. Stupri, mutilazioni sessuali, lapidazioni, matrimoni combinati, riduzione in schiavitù e costrizione alla prostituzione sono violenze sessuate che le donne subiscono anche per mano di uomini che dovrebbero essere loro compagni di vita.
Spesso tali innominabili violenze sono perpetrate in base a leggi tribali o di clan secondo un relativismo culturale sul quale sarebbe importante Lei si esprimesse.
E' proprio nelle mura domestiche, luogo simbolo di tutela e di affetti, che avviene la maggior parte delle violenze sulle donne, come documentato dalle fonti più varie nazionali ed internazionali.
Anche in Italia la violenza, che a volte arriva al “femminicidio“, raramente è denunciata perché spesso avviene in famiglia.
E' una vera e propria guerra dichiarata alle donne e praticata dagli uomini con la forza fisica o con l'inganno delle tradizioni.
Allora perché, Sua Santità, non condanna questi comportamenti e non rivolge un appello specifico agli uomini, esortandoli a rispettare le donne e a riflettere sulle cause di tanta brutalità? Tutti i giorni la Chiesa ripropone richiami sul valore della famiglia e sulla necessità di tutelarla come caposaldo della società.
Ci domandiamo perché a questi appelli Lei non aggiunga anche raccomandazioni su che cosa la politica e tutta la struttura sociale debba fare in concreto affinché questo avvenga.
La maternità, considerata nel lavoro al pari di una malattia e nella società un fatto privato, è vissuta dalle donne in solitudine e come un dilemma, aggravato dalla precarietà delle condizioni lavorative.
Le donne da anni chiedono che la maternità, che ogni bambino che nasce, sia un evento che la società mette al centro delle sue attenzioni, proprio per quella sacralità della vita cui la Chiesa richiama continuamente.
La Sua voce, una Sua parola in questa direzione aiuterebbe a far si che la famiglia, non a parole ma in concreto, fosse tutelata, rispettata, valorizzata.
Primi firmatari
Tiziana Bartolini, Isa Ferraguti, Costanza Fanelli, Rosa M. Amorevole, Bruna Baldassarre, Graziella Bertani, Cristina Carpinelli, Alida Castelli, Mirella Caveggia, Rossella Ciani,
Giancarla Codrignan, Elisabetta Colla ,Viola Conti ,Giuliana Dal Pozzo, Renata Frammartino, Stefania Friggeri, Emanuela Irace, Maristella Lippolis, Anna Lizzi Custodi, Natalia Maramotti,
Raffaella Mauceri, Cristina Melchiorri, Gianna Morselli, Donatella Orioli, Alessandra Pennello, Elena Ribet, Daniela Ricci, Laura Salsi
Non posso tacere.
Tacere equivarrebbe a una volta di più a perpetrare una pericolosa illusione.
Diventarne complice, contro la mia stessa, e la vostra, natura.
Sorelle mie, compagne immaginarie...
ma veramente pensate che il sig Ratzinger possa intendere ragione "al femminile", e magari schierarsi dalla parte dei diritti delle donne, quelli che noi donne consideriamo e rivendichiamo come tali?
Veramente potete credere che anche solo potrà semplicemente leggere il vostro appello con "cristiana pietas", quella che lui e i suoi accoliti sbandierano a ogni piè sospinto per meglio ricacciare le donne, e non solo, che osino rivendicare a sé pari diritti dei maschi nell'inferno del sessismo cattolico apostolico romano?
Ma non vi sembra che 2000 anni di riduzione alla condizione servile delle donne sottoposte al maschile e maschista, scientificamente programmate e documentate, ci dovrebbero almeno aver insegnato a non avere alcuna fiducia in chi della repressione della sessualità e della riduzione della donna a femmina del maschio, e fattrice di figli, ha fatto e continua a fare il fondamento del suo potere assoluto e alienante, in nome e per conto di un dio che se esistesse così come ce l'ha raccontato, avrebbe certo impedito tutto ciò ' ?
Il "Sommo Pontefice" non è solo il capo religioso più assolutista del pianeta, è anche il capo di uno stato estero, assoluto, teocratico e nel quale non vige alcuna democrazia, che esercita un enorme potere nel mondo attraverso la credulità della povera gente e una ricchezza incrementata dalle tasse che tutti gli anni noi, italiane, siamo costrette a regalargli, togliendole alle nostre finanze statali, attraverso il perverso meccanismo dell' ottopermille, e a quelle che altri stati, europei e non solo, con meccanismi analoghi gli regalano.
Il "Sommo Pontefice" è il capo assoluto di uno stato teocratico, che pretende di imporre la sua legge sopra le leggi degli stati sovrani, che pretende di arrogarsi il diritto ( canonico) di proteggere i preti pedofili espropriando di fatto i giudici italiani (Stato sovrano la Repubblica Italiana) dell'ufficio di giudicare tali crimini secondo la sua Legge.
Ma smettete di sognare, una buona volta, per favore.
Nella vita reale che la religione del sig. Ratzinger ci ha costruito addosso, tale tipo di sogno può essere più che pericoloso, può essere suicida.
No grazie, non posso sottoscrivervela.

1 commento:
A QUANTO PARE NON SONO SOLA !
EVVIVA
leggete un po' quà...
Il falso mito dell'innocenza femmnile, riproposta dal papato di
Ratzinger, cancella l'esclusione dal potere maschile.
Ma nega anche la complicità che per secoli madri, mogli e sorelle
hanno avuto nei confronti di figli, mariti, fratelli
Le donne non condannarono Cristo perché non c'erano
di Elettra Deiana
I precedenti dottrinari c'erano già tutti, esposti nella Mulieris
dignitatem di Giovanni Paolo II e nella Lettera ai Vescovi sugli uomini e le donne dell'allora cardinale Ratzinger. Ruotavano e ruotano intorno a un inedito disegno salvifico voluto da dio, che nella donna individua lo strumento e il baricentro della sua scelta poiché le donne, stando
al discorso pronunciato dal predicatore papale Raniero Cantalamessa il Venerdì santo di quest'anno di grazia, sono portatrici di una differenza che può salvare il mondo inaugurando una nuova era.
L'era dell'amore e della compassione versus quella dell'ossessione tecnologica e della ferocia distruttiva che ne consegue; l'era, in altre parole, del ritorno sulla terra di quell'amore che la parte maschile dell'umanità ha esiliato per idolatrare il vitello d'oro del
sapere iper tecnologico. Gli uomini hanno mandato a morte il Cristo, responsabilità che, argomenta papa Ratzinger, non ricade sulle spalle delle donne, estranee ai luoghi e ai dispositivi del potere, quindi
storicamente innocenti di quel sangue.
Il contesto teorico e filosofico su cui si muove l'odierna ricerca
della chiesa cattolica è sostanzialmente questo: a mo' di spiegazione ci sarebbe solo da sottolineare come la sua straordinaria capacità di
sopravvivere a se stessa - come istituzione e come organizzazione di potere e del potere - è dipesa anche dall'altrettanto straordinaria capacità mimetica di stare al mondo, succhiandone le linfe vitali, indossandone i panni migliori quando ciò si rendeva necessario, abbandonando le vecchie modalità della sua presunzione di essere depositaria della verità divina e inventandone continuamente di nuove.
Cambiando insomma continuamente idea, tasto e registro.
E oggi come si fa a non rendersi conto che dalle donne viene un grande messaggio di forza, di responsabilità, di protagonismo politico? Il passo sembra strabiliante e infatti non poche esponenti del femminismo nostrano, già in occasione dei precedenti testi romani, avevano
salutato con enfasi questo cambio di passo del Vaticano, esaltando la scoperta del valore in sé della differenza sessuale da parte del papato di Roma. Ma l'imbroglio epistemologico perpetrato dal magistero di papa
Ratzinger ai danni delle donne sta proprio in questo valore in sé della differenza sessuale, in questa estrapolazione metastorica della differenza femminile in nome della quale si può parlare di un nuovo amore incarnato - quello delle donne - che salverà il mondo mentre si continuano a condannare le donne in carne ed ossa, quelle che dell'autodeterminazione, della responsabilità consapevole verso se stesse e il mondo, della libertà hanno fatto la bussola di
orientamento. Non oggetto nelle mani di qualcuno - neanche di un dio che su comando di un papa finalmente le metta al mondo - ma soggetto insieme ad altri, di un faticoso e contraddittorio processo di liberazione umana, che è l'unico che conosciamo, l'unico che può contrastare derive e catastrofi del mondo, che pure incombono e sottraggono senso e futuro alle nuove generazioni.
L'ossessione misogina, come la storia insegna, è stata una delle
caratteristiche della cultura della chiesa, fonte di terribili
discriminazioni e persecuzioni contro la parte femminile della società, ragione di condanna in radice di quel corpo peccaminoso, insidiato dallo spirito del "malefico" e destinato ad essere accolto nel consesso
degli uomini solo perché "naturale" contenitore delle discendenze maschili e solo perché continuamente sottoposto dalla comunità maschile a riti purificatori e interdizioni morali.
Quell'ossessione non è abbandonata, tutt'altro. Ritorna nella condanna senza appello di tutto ciò che le donne hanno realizzato per uscire dalla stato di minorità in cui il dominio maschile, di cui le grandi
religioni monoteiste sono state e continuano a essere parte
fondamentale, le aveva condannate.
Esaltazione delle differenza sessuale in sé e condanna della
differenza politica per sé convivono e sono le due facce della stessa medaglia: l'una è la rappresentazione di una nuova narrazione mitica sul dispiegamento del piano salvifico del creatore che mette finalmente
all'opera quella "naturale" funzione amorevole e compassionale della donna, nella sua biologica predisposizione a dare la vita; l'altra è la presa di distanza della chiesa, la critica, la condanna, quando la
differenza si fa storico-culturale, asimmetrica, meticcia, costruisce soggettività, determina scelte, parla di divorzio e di aborto, scopre
gli impervi percorsi delle tecniche procreative per realizzare un desiderio di figli, sperimenta nuovi amori e nuove frontiere dell'esistenza umana.
In tutto specie umana, le donne, e come potrebbe essere diversamente?
In molto differenza ma tutta storico-culturale, antropologica,
simbolica, che può fornire sì inediti strumenti di liberazione umana ma solo a patto di passare attraverso il vaglio della decostruzione critica dell'esistente, dello "scarto dello sguardo" sulle cose che ce
le rimanda in modo tutt'affatto diverso, e dunque della politica, della soggettività consapevole.
Ma non può certo accadere se rimane differenza sessuale in sé,
ancorché nelle mani di dio, per di più gravata dal mito di
un'ontologica estraneità femminile ai misfatti dell'umanità maschile.
La differenza femminile ha fatto anch'essa la storia ma in tutto e per tutto funzionale a come la storia si è svolta, parte certamente subalterna e spesso vittima dell'ordine maschile delle cose ma interna,connivente, complice, silenziosa o attiva, di quell'ordine che le donne hanno supportato e legittimato col dono di se stesse alla comunità dei
maschi. Madri, spose, sorelle. E anche crudeli sentinelle dell'ordine patriarcale contro le molte donne che storicamente hanno cercato di fuoriuscirne. Le donne, nel consesso di maschi che condannarono il Cristo, non c'erano perché non era loro concesso. Non so come avrebbero
votato, per compiacenza verso gli uomini o per sfuggire alla loro ira.
O anche semplicemente per convincimento.
Liberazione - 10/04/2007
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