Droni russi che attendono le vittime e la minaccia che durerà decenni
di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
Pryluky – I russi hanno iniziato a disseminare la regione di Sumy con una moltitudine di droni ‘dormienti’ che le Forze armate ucraine hanno ribattezzato “Zhduna”.
Si tratta di dispositivi esplosivi delle dimensioni di colpi d’artiglieria allacciati a un piccolo quadricottero alimentato da una o due batterie grandi quanto quelle delle moto, che a sua volta poggia su staffe artigianali realizzate in modo da massimizzare la superficie d’appoggio di quei congegni. Una volta atterrati, gli “Zhduna” possono rimanere in stato di idle anche per lunghi periodi finché uno o più rilevatori di prossimità posti alle loro sommità non registrano un movimento. A quel punto quei droni si ‘svegliano’ ed entrano in modalità predatoria usando telecamere ad alta definizione, microfoni e tutta la sensoristica di cui sono dotati per ingaggiare scontri mortali con gli esseri umani, anche qualora essi siano a bordo di veicoli o biciclette.
Similmente a quanto descrivemmo riguardo ad altri Uav russi progettati allo stesso scopo, che anziché poggiare a terra fluttuano a diverse decine di metri da terra, anche questi dispositivi sono in grado d’interfacciarsi fra loro organizzando autonomamente azioni coordinate per fuorviare le proprie prede, rendendo praticamente impossibile la fuga. L’elevatissima rapidità di movimento di questi apparecchi (che sono in grado di schizzare da zero a duecento chilometri orari in appena un secondo) e quella di calcolo dei loro processori (che sfruttano reti neurali addestrate a riconoscere umani ed eventuali autoveicoli da essi impiegati) rendono a dir poco impari quegli scontri.
Se a questo aggiungiamo che buona parte dei campi dell’oblast’ di Sumy sono stati minati prima dagli ucraini, poi dai russi che l’occuparono nel 2022 puntando a Kyiv e poi ancora dagli ucraini per difenderla, è facile comprendere quanto la vita da queste parti sia estremamente difficile. Per queste ragioni non di rado c’è capitato di vedere mietitrebbiatrici saltare in aria nel periodo della raccolta del grano o agricoltori finire mutilati durante la semina. Per quanto essi dispongano di mappe che l’esercito ucraino gli consegna periodicamente affinché possano evitare l’eventualità di finire su un ordigno esplosivo da loro piazzato, la probabilità che s’imbattano in uno russo sono oggi ancor più elevate, ora che gli occupanti ne stanno facendo piovere centinaia dal cielo.
Com’è ormai tristemente noto, con oltre 174mila km2 contaminati da esplosivi di vario genere, di fatto l’Ucraina è oggi il campo minato più grande al mondo.
Già prima che i russi l’infestassero coi droni descritti in quest’articolo, l’Ukrainian Association of Humanitarian Demining aveva stimato che bonificarne i territori richiederà oltre trent’anni. Nel corso d’un interessante scambio a distanza d’esperienze di vita vissuta col reduce della guerra americana nel Vietnam Raymond Hathaway, questi ci ha confidato che, rispetto a quelle attuali in Ucraina, le già orribili minacce che s’è trovato ad affrontare in gioventù sembrano essere molto meno temibili. Il distretto di Krasnopillia è oggi quello maggiormente contaminato dai droni “Zhduna” ma varianti più sofisticate – come quelle descritte nei nostri precedenti dispacci dal fronte – stanno iniziando a comparire lungo strade, sentieri e negli orti dei contadini dei villaggi a Sud di Pysarivka. Con l’incedere degli occupanti verso Sumy, è sempre più probabile che presto anche quel capoluogo diventi inabitabile almeno quanto lo è già Kherson.
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