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sabato 24 giugno 2017

In morte di Stefano Rodotà..

La morte di Stefano Rodotà
(dal profilo Facebook di Gianfranco Spadaccia)

"E' stato mio compagno alla facoltà di giurisprudenza nel 1954 e nel 1955, quando io ero poco più che matricola e  lui invece stava compiendo il terzo anno e si avviava alla laurea per divenire subito assistente di Rosario Niccolò. Insieme a lui, a Marco Pannella e a Tullio De Mauro costituimmo l'Unione Goliardica Romana. Da allora siamo rimasti amici nonostante  le diverse scelte politiche. Oltre all'esperienza altamente formativa e davvero autonoma dai partiti dell'UGI, abbiamo condiviso l'esperienza del primo partito radicale di Pannunzio, Ernesto Rossi, Niccolò Carandini, Leo Valiani. Lui veniva dalla Gioventù liberale come Tullio, Marco, Giuliano Ferrara, Giuliano Rendi e molti altri; io dal partito socialdemocratico di Giuseppe Saragat.
La prima forte divaricazione politica avvenne quando, con Marco, Franco Roccella, Sergio Stanzani, Massimo Teodori, Mauro Mellini, Angiolo Bandinelli ci costituimmo in "Sinistra Radicale" rifiutando il centro sinistra come unico sbocco della crisi dei governi centristi. Lui scelse insieme ad altri (Ferrara, Jannuzzi, Craveri, lo stesso De Mauro) di stare invece con la maggioranza filolamalfiana del partito.
Molto tempo dopo, nel 1979, gli offrimmo la candidatura e l'elezione nelle "liste aperte" che presentammo in quell'anno dopo due anni di opposizione nel parlamento e nel paese alla politica di unità nazionale DC-PCi come conseguenza della strategia berlingueriana del compromesso storico. Il teorico del diritto, l'accademico, il liberale Rodotà scelse invece di essere eletto come indipendente nelle liste del PCI.
Ne nacque un confronto assai polemico e duro fra Marco, che contrapponeva la sua "saggezza" alla nostra "follia", e lui che rispose punto per punto.
A differenza di Marco io non mi meravigliai di quella scelta, che trovai coerente con quella compiuta all'interno del partito radicale. Come non aveva rotto con noi da posizioni di destra  all'inizio degli anni sessanta, quando era favorevole al centro sinistra, così non rompeva a sinistra nel 1979: si muoveva nella stessa logica realistica di unità con la DC rifiutando di operare per la realizzazione di una democrazia compiuta e di ogni possibilità di alternativa politica. Scelse così di portare  le sue posizioni critiche, il suo senso del diritto, il suo garantismo, il suo ambientalismo e la sua scelta antinucleare all'interno del mondo comunista dalle posizioni di una sinistra indipendente di cui noi denunciavamo la profonda dipendenza.
Ebbe torto nel non comprendere, durante gli anni di piombo, l'importanza di quanto Marco disse a proposito di Via Rasella o della nostra difesa dei diritti dei fascisti come delle nostre denunce del fascismo che era tuttora presente nelle leggi e nelle istituzioni. Ebbe qualche ragione invece a proposito degli arresti di Baffi e Sarcinelli  (decisi da un magistrato di destra, padre di un terrorista di estrema destra), nella mostra polmica contro il compromesso storico di cui, nella Banca d'Italia, vedevamo uno dei contrafforti. Come Marco, correggendo le posizioni di Franco De Cataldo, riconobbe, corremmo invece il rischio di ritrovarci accanto i difensori di Sindona, il cui scandalo fu il primo anello che, attraverso Calvi, il Banco Ambrosiano, ci avrebbe portato allo scandalo dello IOR: tutte materie che affrontammo nelle relazioni di minoranza delle commissioni di inchiesta di cui facemmo parte.
Pannella non fu mai tenero con Stefano Rodotà, che pure all'interno del mondo comunista, rimase un nostro interlocutore, un elemento di contraddizione a cui fare riferimento anche nell'azione parlamentare perché su molti dei contenuti e degli obiettivi di riforma legislativa (diritti civili, garantismo, laicità dello stato, ambientalismo) e anche referendaria le posizioni rimanevano comuni.
E fu proprio Marco, nel 1992, in uno dei momenti più critici della nostra Repubblica a proporne la candidatura come presidente della Camera in alternativa a Giorgio Napolitano. Non era una scelta solo tattica, nasceva dalla consapevolezza anche in Marco di questa contraddizione. Ed era una iniziativa importante quella di Marco dal momento che proprio lui in quei giorni aveva facilitato se non pilotato l'elezione di Scalfaro. Magari avesse avuto successo sulla candidatura di Stefano invece che su quella di Scalfaro.
In quella circostanza Stefano si ritrovò appoggiato dagli amici e compagni di un tempo e rifiutato invece dai suoi compagni comunisti.
Pur non frequentandoci molto, siamo sempre rimasti legati da una amicizia e stima, che ho ragione di ritenere reciproche. Un abbraccio a Carla, compagna di una vita.
Che la terra ti sia lieve, Stefano."

A commento:
"Condivido quanto detto da Gianfranco Spadaccia , che probabilmente non si ricorda di me. Voglio aggiungere un altro episodio relativo all'ultimo Congresso del Partito Radicale all'epoca del Mondo e dell'L'Espresso. Io giovanissimo ero molto vicino con Ettore Tito alla sinistra di Ernesto Rossi. Orbene, con il benestare di Ernesto, di fronte ad una maggioranza schiacciante stretta intorno a Pannunzio e Scalfari, che riproneva come Segretario Leopoldo Piccardi, decidemmo di unire le due minoranze, e quindi la sinistra di cui facevo parte con lo stesso Marco Pannella con la destra guidata da Stefano, Ferrara ed altri che accettarono. Marco invece contro la mia volontà volle ugualmente presentare una lista capeggiata da Ernesto Rossi e me. Avendo i voti delle due liste, io appena vincitore di un concorso di assistente ordinario presso la cattedra di Aldo Masullo a Napoli, mi trovai catapulpato nella Direzione nazionale, mentre Marco Pannella non veniva eletto neppure nel Consiglio Nazionale. Ritengo che questa differenza con Marco caratterizza bene la visione politica e le scelte successive di Stefano.

Con Stefano il rapporto è continuato fino ad una decina di anni fa. Si dirà molto sul bilancio dell'attività politica di Stefano di cui non ho condiviso le ultime scelte. Molti conoscono Stefano per le sue Battaglie , ma non il suo carattere. E' prevalsa una certa immagine di arcigna seriosità. Al contrario Infatti mentre presiedeva il partito in cui eravamo confluiti. venuto a Napoli per un'iniziativa del partito, volle essere accompagnato da me per mangiare una pizza. Mentre guidavo la macchina mi fermai davanti ad un semaforo in quanto era scattato il rosso. Fu allora che Stefano, approvando il mio comportamento, mi ricordò una sua precedente disavventura napoletana, nella  quale era lui a guidare. Fermatosi davanti ad un semaforo rosso fu violentemente tamponato da un tassista. Sceso dalla macchina il tassista si giustificò dicendo: "ma potevo mai pensare che a questa ora vi sareste fermato davanti ad un semaforo rosso?"..Mi è piaciuto ricordare questo episodio, che rivela un tratto umano di Stefano. al quale piaceva rievocare insieme a me la trattativa conclusa con l'alleanza tra le minoranze di destra e di sinistra, che era il preludio alla militanza comune in uno stesso partito."( Alfonso Di Maio)

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