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mercoledì 23 gennaio 2013

Il nero del Vaticano con i soldi di Mussolini

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UAAR Ultimissime

Il nero del Vaticano con i soldi di Mussolini

Ci voleva un’in­chie­sta del Guar­dian per far luce sulla storia di parte dell’im­men­so pa­tri­mo­nio im­mo­bi­lia­re del Va­ti­ca­no. E per sve­lar­ne le im­ba­raz­zan­ti quanto oscure ori­gi­ni. Tutto è par­ti­to da alcuni edi­fi­ci nelle zone più in di Londra, come la sede dell’Altium Ca­pi­tal tra Pall Mall e St. James Square e la gio­iel­le­ria Bul­ga­ri a Bond Street. I re­por­ter del quo­ti­dia­no bri­tan­ni­co hanno sco­per­to, scon­tran­do­si con il muro di gomma del Va­ti­ca­no, che questi due im­mo­bi­li fanno capo pro­prio alla Santa Sede. Come anche altri a Co­ven­try, a Parigi e in Sviz­ze­ra.
For­mal­men­te la pro­prietà è di una società off­sho­re, la Bri­tish Grolux In­vest­ment Ltd, che vede come azio­ni­sti due gi­gan­ti della fi­nan­za iglese, en­tram­bi cat­to­li­ci: John Varley, am­mi­ni­stra­to­re de­le­ga­to della Bar­clays Bank, e Robin Her­bert, ex re­spon­sa­bi­le della banca d’affari Leo­pold Joseph. La società ha un pa­tri­mo­nio di 500 mi­lio­ni di ster­li­ne, cioè circa 650 mi­lio­ni di euro.
I re­spon­sa­bi­li si sono chiusi nel si­len­zio, senza ri­la­scia­re in­di­scre­zio­ni
I re­spon­sa­bi­li si sono chiusi nel si­len­zio, senza ri­la­scia­re in­di­scre­zio­ni. Ma da ri­cer­che d’ar­chi­vio emerge che la società è nata dalla fu­sio­ne di altre due, le cui azioni erano de­te­nu­te da una com­pa­gnia sviz­ze­ra: la Pro­fi­ma Sa, re­gi­stra­ta presso la banca JP Morgan di New York. Viene fuori che la Pro­fi­ma era pro­prio una hol­ding del Va­ti­ca­no, come emer­ge­reb­be da do­cu­men­ti ri­sa­len­ti alla Se­con­da guerra mon­dia­le. L’in­tel­li­gen­ce bri­tan­ni­ca, in­vi­schia­ta nel con­flit­to contro Hitler e Mus­so­li­ni, ac­cu­sa­va la Pro­fi­ma di “im­pe­gnar­si in at­ti­vità con­tra­rie agli in­te­res­si degli Al­lea­ti”.
L’allora mi­ni­stro della Guerra cri­ti­ca­va inol­tre Ber­nar­di­no Nogara, l’av­vo­ca­to romano che teneva le fila delle fi­nan­ze papali. Nel 1945 di­spac­ci dei ser­vi­zi dal Va­ti­ca­no a Gi­ne­vra par­la­va­no di “at­ti­vità losche” di Nogara. E per questo la Pro­fi­ma venne in­se­ri­ta nella blac­kli­st fi­nan­zia­ria. Ma già nel 1943 sempre gli in­gle­si ri­te­ne­va­no che Nogara fa­ces­se del “lavoro sporco”: in pra­ti­ca far ac­ca­par­ra­re a Pro­fi­ma quote azio­na­rie di banche ita­lia­ne per ri­ci­cla­re denaro e far cre­de­re che così la banca fosse ge­sti­ta dagli sviz­ze­ri, no­to­ria­men­te neu­tra­li du­ran­te il con­flit­to.
Da dove ve­ni­va­no i soldi della Pro­fi­ma che ge­sti­va in ma­nie­ra così di­sin­vol­ta Nogara, pro­prio negli anni ter­ri­bi­li della Se­con­da guerra mon­dia­le? La que­stio­ne è spi­no­sis­si­ma, perché rivela gli in­trec­ci pro­fon­di tra Santa Sede e regime fa­sci­sta: si tratta di un ca­pi­ta­le in con­tan­ti che oggi var­reb­be ben 65 mi­lio­ni di euro, elar­gi­to da Benito Mus­so­li­ni al Va­ti­ca­no nel 1929.
Al tempo della sti­pu­la dei Patti La­te­ra­nen­si il regime si accordò quindi con la Chiesa per ot­te­ner­ne il con­sen­so e per ri­sar­ci­re gli espro­pri subiti dallo stato pon­ti­fi­cio. Fu pro­prio il fa­sci­smo, con questo denaro, a sta­bi­liz­za­re le fi­nan­ze del Va­ti­ca­no e a per­met­ter­ne il ri­lan­cio, il con­so­li­da­men­to delle sue ric­chez­ze e mas­sic­ci in­ve­sti­men­ti. Non è az­zar­da­to ri­te­ne­re che nel cambio il Va­ti­ca­no ci abbia no­te­vol­men­te gua­da­gna­to, ben oltre il for­ma­le ri­sar­ci­men­to. Lo stato uni­ta­rio l’ha in­fat­ti pa­ra­dos­sal­men­te li­be­ra­to degli asset vecchi e poco red­di­ti­zi (im­mo­bi­li sto­ri­ci e pro­prietà ter­rie­re per la mag­gior parte im­pro­dut­ti­ve) in cambio dei titoli e del denaro so­nan­te ne­ces­sa­ri per pro­iet­tar­si nelle pra­te­rie ine­splo­ra­te della spe­cu­la­zio­ne fi­nan­zia­ria. Grazie a questa li­qui­dità ha potuto fa­cil­men­te ri­con­qui­sta­re nel giro di pochi de­cen­ni scon­fi­na­te pro­prietà im­mo­bi­lia­ri. Si stima in­fat­ti che la Chiesa de­ten­ga oggi circa il 20% del valore im­mo­bi­lia­re in Italia.
Pio XI, Mussolini
Non è un caso che Nogara già nel 1931 avesse fon­da­to una com­pa­gnia off­sho­re in Lus­sem­bur­go, dal 1929 pa­ra­di­so fi­sca­le, per co­strui­re il pic­co­lo impero. Con la guerra la società venne poi spo­sta­ta negli Usa e infine in Sviz­ze­ra.
Se­con­do il Guar­dian, gli in­ve­sti­men­ti della fa­mi­glia Mus­so­li­ni oggi sa­reb­be­ro ge­sti­ti anche da Paolo Men­ni­ni, fun­zio­na­rio e ban­chie­re del Va­ti­ca­no. Che è pro­prio l’at­tua­le de­le­ga­to della se­zio­ne straor­di­na­ria dell’Am­mi­ni­stra­zio­ne del Pa­tri­mo­nio della Sede Apo­sto­li­ca (Apsa), ovvero l’or­ga­ni­smo che ge­sti­sce il pa­tri­mo­nio eco­no­mi­co della Santa Sede. Il solo Men­ni­ni, se­con­do un report del Con­si­glio d’Europa, ge­sti­reb­be un asset di almeno 680 mi­lio­ni di euro (570 mi­lio­ni di ster­li­ne). Sarà un caso che l’at­tua­le nunzio apo­sto­li­co a Londra, chiu­so­si in un com­pren­si­bi­le ri­ser­bo, sia l’ar­ci­ve­sco­vo An­to­nio Men­ni­ni, fra­tel­lo di Paolo?
Siamo di fronte all’en­ne­si­mo scan­da­lo va­ti­ca­no sul fronte della tra­spa­ren­za fi­nan­zia­ria
Siamo di fronte all’en­ne­si­mo scan­da­lo va­ti­ca­no sul fronte della tra­spa­ren­za fi­nan­zia­ria. Ultimo di una lunga serie, come di­mo­stra il re­cen­te blocco dei ban­co­mat di­spo­sto dalla Banca d’Italia. Dif­fi­cil­men­te sen­ti­re­mo par­la­re di questa no­ti­zia nei te­le­gior­na­li na­zio­na­li, con­si­de­ra­to lo stret­to legame tra Rai e Va­ti­ca­no e il rigido con­trol­lo che eser­ci­ta­no sull’in­for­ma­zio­ne ad ma­io­rem Dei glo­riam. Non è un caso che, no­no­stan­te si abbia il Va­ti­ca­no in casa, lo scoop non sia stato fatto da gior­na­li­sti ita­lia­ni. E nem­me­no molto ri­lan­cia­to da questi ultimi.
In sin­te­si una storia non molto edi­fi­can­te: un fiume di denaro di pro­ve­nien­za im­ba­raz­zan­te usato in ma­nie­ra poco tra­spa­ren­te e in­trec­ci po­li­ti­ci ed eco­no­mi­ci tra fa­sci­smo e Santa Sede. Ri­ve­la­zio­ni che ci spin­go­no ancora una volta a ri­pro­por­re la ne­ces­sità di un con­cre­to su­pe­ra­men­to di Con­cor­da­to e Patti La­te­ra­nen­si. Eredità di un pas­sa­to che l’Italia do­vreb­be la­sciar­si de­fi­ni­ti­va­men­te alle spalle, ma che ancora in­fluen­za pe­san­te­men­te il nostro Paese con­dan­nan­do­lo al de­cli­no. Ma solo il go­ver­no e il Par­la­men­to, visto che non è pos­si­bi­le alcun re­fe­ren­dum per un trat­ta­to con uno stato “estero”, pos­so­no com­pie­re questo passo do­ve­ro­so.
È tra­gi­co­mi­co che siano pro­prio le ge­rar­chie ec­cle­sia­sti­che a cri­ti­ca­re le de­ge­ne­ra­zio­ni della fi­nan­za in­ter­na­zio­na­le, la sua vo­la­ti­lità e la sua di­su­ma­nità. Pro­prio il Va­ti­ca­no che con­te­sta le di­su­gua­glian­ze eco­no­mi­che a parole, nei fatti è sempre stato all’avan­guar­dia nell’uti­liz­zo spre­giu­di­ca­to di hol­ding, società off­sho­re, banche e sca­to­le cinesi e nella col­lu­sio­ne con il potere po­li­ti­co au­to­ri­ta­rio.
Non pago, il por­ta­vo­ce della Sala stampa va­ti­ca­na padre Fe­de­ri­co Lom­bar­di è riu­sci­to per­si­no a re­pli­ca­re. Di­cen­do­si “stu­pe­fat­to” perché sa­reb­be­ro “cose note da 80 anni, con il Trat­ta­to del La­te­ra­no e chi voleva una di­vul­ga­zio­ne del tema a li­vel­lo po­po­la­re si poteva leg­ge­re Fi­nan­ze Va­ti­ca­ne di Benny Lai”. Pec­ca­to che il patto tra Italia e Va­ti­ca­no non parli certo dell’uti­liz­zo off­sho­re dei fondi e che il libro di Lai sia uscito solo nel 2012. Lo stesso gior­na­li­sta in­ter­vi­sta­to da Re­pub­bli­ca nel luglio scorso ri­mar­ca­va così la novità della sua opera: “nes­su­no finora ha dato il giusto peso alla lunga trat­ta­ti­va che ci fu tra regime fa­sci­sta e Santa Sede per ar­ri­va­re alla sti­pu­la dei patti”.
Una trat­ta­ti­va “svolta esclu­si­va­men­te su que­stio­ni fi­nan­zia­rie, con Mus­so­li­ni in­ten­to a ri­dur­re quanto più pos­si­bi­le i costi della Con­ci­lia­zio­ne e con papa Ratti deciso ad ot­te­ne­re un’in­den­nità di due mi­liar­di di lire”, ha ri­cor­da­to Lai. Si arrivò poi ad un com­pro­mes­so, con “un mi­liar­do e 750 mi­lio­ni di lire, pagati parte in con­tan­ti e parte in titoli al por­ta­to­re”. Soldi uti­liz­za­ti poi anche per far de­col­la­re l’Isti­tu­to Opere di Re­li­gio­ne (non a caso isti­tu­to da Pio XII nel 1942) e per le spe­cu­la­zio­ni di Nogara. Sa­ran­no cose note di certo note da ot­tan­ta anni, ma nelle se­gre­te stanze del Va­ti­ca­no. E che solo di re­cen­te ini­zia­no a venir fuori. Lom­bar­di invoca la pre­scri­zio­ne sto­ri­ca, ma il suo è solo un ri­si­bi­le ten­ta­ti­vo di smar­car­si da ri­ve­la­zio­ni che stanno fa­cen­do il giro del mondo.
La re­da­zio­ne

Questo articolo è stato pubblicato mercoledì, 23 gennaio 2013 alle 15:44 e classificato in Generale, Notizie. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0.
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