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mercoledì 14 aprile 2010

Scandalo pedofilia. Le ombre del Vaticano - di Fintan O’Toole

Da Notizie Radicali martedì 13 aprile 2010
Scandalo pedofilia. Le ombre del Vaticano


Migliaia di casi insabbiati, i responsabili protetti dalle gerarchie
ecclesiastiche, il papa accusato di omertà. La chiesa è travolta dagli
scandali sugli abusi. Ma si preoccupa solo di difendere il suo potere.
E' quanto sostiene su "The Observer" Fintan O'Toole scrittore e
giornalista irlandese, columnist dell'"Irish Times".

Il tentativo della chiesa di nascondere i casi di pedofilia non ha a
che fare con il sesso e nemmeno con la religione. Non riguarda, come
ha scritto giustamente il papa nella sua lettera pastorale
dolorosamente debole, il celibato dei preti. E' una questione di
potere.
Gli abusi sui bambini esistono in ogni ambiente sociale. La chiesa
cattolica, in questo senso, non fa eccezione. Quella che la rende
diversa è il suo potere. La chiesa ha l'autorità per costringere le
vittime e i loro familiari a non ribellarsi e ad accettare di tenere
nascoste le violenze. Al cuore della corruzione c'è questo sistema di
autorità.

Nonostante tutte le parole di rimorso e vergogna, la lettera pastorale
inviata agli irlandesi da Benedetto XVI il 9 marzo non affronta il
nodo centrale della questione. Per rispondere davvero bisognerebbe
mettere in discussione il sistema di potere chiuso e gerarchico di cui
il papa è l'apice e l'incarnazione. E' assurdo credere che Benedetto
XVI possa capire questi problemi e ancor di più che possa affrontarli.

La natura universale della risposta della chiesa agli abusi,
dall'Irlanda al Brasile all'Australia all'Austria, ci dice che il
problema è proprio la chiesa. Gran parte delle critiche si sono
concentrate, comprensibilmente, sulle azioni dei singoli individui.
Come nel caso di Benedetto XVI, che nel 1980, quando era cardinale,
mandò in "terapia" un prete pedofilo della sua arcidiocesi di Monaco.
Ma il modo di affrontare questi reati è stato lo stesso ovunque: far
giurare alle vittime che non ne avrebbero parlato con nessuno, spedire
l'autore degli abusi a "ripulirsi" in una clinica, trasferirlo in
un'altra parrocchia e, soprattutto, non raccontare niente alla
polizia.

Non è un caso se l'insabbiamento ha funzionato nello stesso modo in
tutto il vasto dominio della chiesa cattolica. Era un sistema ben
studiato, con degli obiettivi chiari. Il rapporto Murphy
sull'arcidiocesi di Dublino, del 2009, lo conferma: "Mantenere il
segreto, evitare lo scandalo, proteggere la reputazione della chiesa,
preservare i suoi beni".

Perché i vescovi, che non erano mostri e presumibilmente si
consideravano modelli di bontà, hanno scelto di mandare i preti
pedofili nelle parrocchie pur di non mettere in cattiva luce la
chiesa? La risposta è di una semplicità brutale: perché potevano
farlo. E' un esempio chiarissimo del fatto che troppo potere corrompe.

Nelle società e nelle comunità cattoliche, questo potere è pervasivo.
Implica l'idea che i cattolici e i preti appartengono a una casta
speciale, e che questa casta non è soggetta alla legge civile. E'
un'idea profondamente radicata. Recentemente uno dei massimi giuristi
canonici d'Irlanda, monsignor Maurice Dooley, ha ribadito alla radio
irlandese che i sacerdoti non devono riferire sui casi di pedofilia:
"I sacerdoti non hanno alcun obbligo di andare dalla polizia".

Questa spaventosa arroganza è stata rafforzata da una circostanza
ancor più sinistra:i vescovi e i preti sapevano, grazie alla loro
autorità spirituale, di poter manipolare le vittime fino a farle
sentire colpevoli. Offrivano gentilmente l'assoluzione dei peccati a
quelli che confessavano gli abusi,come se fossero le vittime ad avere
una macchia sulla loro anima. E i genitori che denunciavano le
violenze sui figli spesso erano impauriti, perché non volevano
danneggiare quella chiesa che pure amavano. Come ha osservato l'ex
arcivescovo di Dublino Dermot Ryan in una nota interna: "Nella maggior
parte dei casi i genitori hanno reagito con quella che si può solo
definire una carità incredibile. Molti sono stati dispiaciuti di dover
discutere la questione ed erano preoccupati tanto del benessere dei
preti quanto di quello dei loro figli e degli altri bambini".

La capacità di porsi al di sopra della legge e di far sentire
dispiaciuto chi ha subito un abuso è una peculiarità della chiesa
cattolica. Tutto ciò spiega non solo perché l'istituzione metta i suoi
interessi al di sopra di quelli dei bambini, ma anche perché sia
riuscita a farlo per tanto tempo.

Per estirpare alla radice la corruzione della chiesa bisogna attaccare
la sua cultura autoritaria. Se la lettera agli irlandesi fosse andata
in questa direzione, avrebbe rappresentato un momento straordinario
nella storia delle istituzioni cattoliche.

Benedetto XVI, quando era ancora il cardinale Ratzinger, è stato una
delle figure fondamentali della controrivoluzione cattolica. La sua
carriera è stata diretta a respingere l'idea democratica della chiesa
come "popolo di Dio", emersa dal concilio Vaticano II, e a rafforzare
il controllo gerarchico. Nella lettera pastorale il papa lascia
intendere anzi che è proprio il Vaticano II il responsabile della
collusione tra la chiesa e i preti pedofili. Ma questa, dato che il
problema esiste da molto prima del concilio, è chiaramente
un'assurdità.

Nonostante la grande preoccupazione manifestata nella lettera
pastorale, non c'è nessuna ammissione della colpevolezza personale di
Benedetto XVI. Non c'è nessuna approvazione esplicita dei nuovi
protocolli irlandesi, che chiedono di denunciare alla polizia tutti i
sospetti. In realtà la richiesta che "le norme della chiesa irlandese
sulla sicurezza dei bambini" siano "applicate in modo pieno e
imparziale rispettando il diritto canonico" è l'ingiunzione ambigua
a"cooperare con le autorità civili nella loro area di competenza"
sembrano rafforzare l'idea che il diritto canonico conti più del
diritto penale.

Nelle parole del papa non c'è nessun cambio di rotta rispetto alla
linea enunciata dal segretario di stato Tarcisio Bertone: "La chiesa
ha una grande fiducia da parte dei fedeli, ma qualcuno cerca di
minarla". Il punto è che questo "qualcuno" è la stessa leadership
della chiesa, il suo incrollabile attaccamento al potere gerarchico. I
fedeli lo sanno da tempo. Il papa, invece, è molto più indietro di
loro.

Fintan O'Toole ("The Observer" )

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