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venerdì 25 settembre 2009

Intervista a Emma Bonino: "Ma le quote sono sbagliate. Non siamo a Kabul"

da Corriere della Sera del 25 settembre 2009, pag. 17
di G.Fre.

Emma Bonino, radicale e vicepresidente del Senato, contraria alle quote femminili da sempre: servirà questa sentenza a favore delle donne?

«Se servisse a smuovere le acque, magari. Ma non credo. La si butterà in politica».

In che senso?

«La questione delle donne tornerà nell’assordante silenzio in cui è stata finora».

Dopo tante critiche al Pdl sulle donne, questa volta è il centrosinistra a dimenticarle.

«Destra e sinistra, basta guardare altre giunte come quella di Ascoli Piceno che non ha neppure una donna. Con l’eccezione dei radicali che sono quasi un matriarcato, la situazione delle donne in Italia è patetica. Ci sono situazioni più volgari e altre meno, certo, ma il risultato è deprimente».

Sicura che le quote non servano?

«Non siamo in Afghanistan ma in Italia».

Florido deve pensarla così, visto che se ne è scordato.

«Non scherziamo. Le regole vanno rispettate: o si cambiano o si rispettano. E finché ci sono, facesse il favore di non considerarle un optional. Resto contraria alle quote perché non mi piace il tipo di società che prefigurano: tot donne, tot immigrati gialli, tot immigrate nere... No».

Le donne sono vittime incolpevoli?

«Ma la mia più grande frustrazione è che le donne non reagiscono. Io direi: proteggetemi di meno ma rispettatemi di più. E il rispetto uno/a se lo prende. L’unico movimento di protesta, non organizzato, anzi forse inconscio, è che le donne hanno smesso di fare figli, quasi dicessero: abbiamo già troppo da fare. Risultato: non lavorano e non fanno figli. Perché? Si curano dei vecchi e, nel caso abbiano un figlio, di lui, perché in assenza di un welfare efficiente lo devono sostituire. Poi, se avanza tempo, lavorano. Non succede in nessun altro Paese europeo».

E non si lamentano.

«Qualche mugugno, ma poi mi trovo da sola. Come sull’equiparazione dell’età pensionabile, che alla fine ha fatto Brunetta».

Perché le donne devono lavorare di più?

«Intanto perché è un obbligo europeo, e almeno non dobbiamo pagare la multa. Poi perché l’idea di conservare l’esistente è patetica e con la logica del benaltrismo, del "ah, ci vorrebbe ben altro", si finisce per non far nulla. E infine perché i soldi risparmiati andranno a un fondo ad hoc».

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