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martedì 4 settembre 2007

PEGAH ANCORA RINCHIUSA IN CARCERE

COMUNICATO STAMPA
4 settembre 2007

PEGAH ANCORA RINCHIUSA A YARL'S WOOD. E INTANTO LA CAMPAGNA "FLOWERS FOR PEGAH" INVADE IL CARCERE

SUL CASO CHIAMATO A RISPONDERE ANCHE IL CONSIGLIO D'EUROPA

La storia di Pegah Emambakhsh, la lesbica iraniana fuggita disperatamente dall'Iran due anni fa per evitare la pena di morte e rifugiatasi a Sheffield, nel Regno Unito (dove le è stato negato l'asilo), ha fatto ormai il giro del mondo. I media italiani hanno dedicato le prime pagine e ampi spazi alla vicenda di Pegah, il sindaco di Venezia Massimo Cacciari e quello di Roma Walter Veltroni hanno offerto asilo e una casa alla profuga , numerosi parlamentari hanno sollevato il problema nelle rispettive sedi politiche e alcuni ministri del Governo Italiano hanno lanciato – al momento solo informalmente – al Regno Unito la proposta di accogliere Pegah in Italia concedendole asilo.

Durante i colloqui fra rappresentanti dei due Governi, il Gruppo EveryOne ha assistito le due parti nella preparazione di documentazione, fornendo in tempi brevissimi i testi del diritto internazionale riguardanti lo stato di rifugiato e il diritto di asilo, compresi Protocolli e Appendici.

Sono state inoltre ricordate le leggi iraniane, che condannano Pegah in quanto omosessuale a punizioni corporali spaventose e verosimilmente a una morte atroce.
"Pegah è attesa a Teheran da una condanna a 100 frustate comminate con un nerbo semirigido e tagliente (una punizione terribile, che distrugge il corpo del condannato e spesso risulta letale) e probabilmente dalla condanna alla lapidazione, essendosi dichiarata lesbica e avendo chiesto aiuto, atteggiamento che le leggi iraniane equiparano a immoralità e cospirazione, reati capitali" spiegano Roberto Malini e Matteo Pegoraro, i leader del Gruppo EveryOne. "Ricordiamo inoltre che il codice locale considera un'aggravante il fatto che Pegah sia sposata; una donna sposata che si macchi di atti immorali con una persona del proprio sesso, infatti, è condannata a morire gettata da una rupe" concludono.
Sono condizioni di estrema gravità per cui a Pegah deve essere riconosciuto al più presto lo stato di rifugiata e l'asilo politico.

I membri del Gruppo EveryOne hanno chiesto ieri anche l'intervento del Consiglio d'Europa, con una lettera indirizzata al Segretario generale Terry Davis e a tutti i membri del Consiglio in cui si richiede una tempestiva presa di posizione per chiedere la scarcerazione immediata della cittadina iraniana .

Dopo la proposta italiana di accogliere Pegah, molti si sono chiesti se un Paese terzo (come l'Italia o la Francia) possa ospitare un perseguitato qualora il Regno Unito non gli riconoscesse asilo . In tal senso, è sufficiente rifarsi alla Convenzione ONU di Ginevra del 1951 (e successivo protocollo del 1967) riguardante lo Status dei Rifugiati:

Articolo 31, "Rifugiati in situazione irregolare nel Paese di accoglimento":
1) Gli Stati contraenti non applicheranno sanzioni penali, per ingresso o soggiorno irregolare, a quei rifugiati che, provenienti direttamente dal paese in cui la loro vita o la loro libertà era minacciata nel senso previsto dall'art. l, entrano o si trovano sul loro territorio senza autorizzazione, purché si presentino senza indugio alle autorità ed espongano ragioni ritenute valide per il loro ingresso o la loro presenza irregolari. 2) Gli Stati contraenti non applicheranno altre restrizioni ai movimenti di questi rifugiati se non quelle necessarie; queste restrizioni verranno applicate solo in attesa che lo status dei rifugiati nel Paese di accoglimento venga regolarizzato o che essi riescano a farsi ammettere in un altro Stato. In vista di quest'ultima ammissione gli Stati contraenti accorderanno a detti rifugiati un periodo di tempo ragionevole e così pure tutte le facilitazioni necessarie.

Nonostante la pressione internazionale e la campagna su base mondiale che è stata avviata da EveryOne in collaborazione con cittadini, organizzazioni per i diritti umani e associazioni, Pegah Emambakhsh è ancora detenuta nel carcere di Yarl's Wood , triste luogo di transito che si trova vicino a Clapham, nel Bedfordshire.

"Da fonti vicine a Pegah siamo riusciti a sapere che entro due settimane il giudice delibererà nuovamente sul caso, probabilmente in via definitiva" dichiarano Malini e Pegoraro. "Ma Pegah dovrà rimanere ingiustamente rinchiusa in una cella per altri quindici giorni , privata del suo diritto alla libertà e sottoposta a continuo stress e pericolose ricadute psicologiche" affermano i membri del Gruppo.

Nel frattempo, il centro di detenzione di Yarl's Wood è stato raggiunto da un arcobaleno di colori. Da ieri, infatti, centinaia di mazzi di rose, gigli e gerbere vengono consegnati dai fattorini di Interflora alle guardie , che firmano le ricevute con grande stupore.

"E' una situazione difficile," ha detto un responsabile del centro "perché non ci era mai accaduto niente di simile. I fiori arrivano a un ritmo incessante e noi non sappiamo cosa fare. All'inizio ci hanno detto di separare i biglietti di accompagnamento e mettere da parte i mazzi e le composizioni, in attesa di disposizioni, ma a un certo punto è diventato impossibile , perché ci perviene una montagna di fiori e la situazione è diventata ingestibile".

Sui biglietti e le cartoline che accompagnano i fiori sono scritti messaggi di sostegno, di speranza e di amore: "Presto sarai libera", "Non arrenderti, ti siamo vicini", "Attendiamo con ansia che il Regno Unito ti conceda asilo".
I fiori e i messaggi sono tutti per lei, Pegah Emambakhsh , il cui nome è scritto spesso in uno stile elegante e graziato.

L'iniziativa, che è partita dall'Italia grazie a un'idea di Malini, del Gruppo EveryOne, in poche ore, con l'appoggio di gruppi per i diritti umani, siti Internet, forum e gente comune, si è trasformata in una grande manifestazione di solidarietà. Migliaia di cittadini di ogni età, sesso, razza e condizione sociale hanno cominciato a inviare fiori e si può essere certi che l'ondata non si fermerà tanto presto.

Il centro di detenzione è entrato in crisi e le autorità, in violazione alle norme che tutelano i profughi, hanno ordinato di gettare fra i rifiuti non solo tutti i mazzi di fiori, ma anche i biglietti di sostegno indirizzati a Pegah.
E' qualcosa di gravissimo, perché il Regno Unito nega a Pegah persino il diritto a ricevere corrispondenza.

Tuttavia, il Gruppo EveryOne invita a non arrendersi, chiedendo a chiunque voglia scrivere un messaggio di sostegno a Pegah di inoltrarlo a :

Pegah EmambakhshYarl's Wood Immigration Removal Centre, Twinwood Road,Clapham, Bedfordshire MK41 6HL,United Kingdom

Per il Gruppo EveryOne: Roberto Malini e Matteo Pegoraro

Gruppo EveryOne - Info: + 39 334 8429527
matteo.pegoraro@infinito.it
roberto.malini@annesdoor.com

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