Sulla necessità di revisione della frase d'inizio della Costituzione Italiana, nella definizione di cos'è la Repubblica, ricordo che ne discutevo già nel 1975 con Adele Faccio.
I primi (4) radicali eletti in Parlamento avevano talmente tante difficoltà a portare avanti le battaglie più urgenti, che la cosa ci appariva, anche se assolutamente necessaria ( leggendo qui sotto capirete perché) pressoché impossibile anche soltanto da provare a proporre all'attenzione.
Ma di fatto i costituzionalisti si sono "dimenticati" di fornire le credenziali di Stato e di identità ai cittadini, parola che appare qua e là in sordina, quasi se ne avesse paura....
E io continuo ancora da sempre a sentirmi trattare come un "suddito di una gigantesca fabbrica statalista".
E non mi piace, anzi offende (un po') la mia identità personale.
Ben venga quindi finalmente l'azione dei deputati della Rosa nel Pugno che qui di seguito viene esposta.
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da pnm
Newsletter per l'azione liberale
Anno VIII - n. 7 - 06 aprile 2007
* RIFORMATORI
LIBERTÀ E PERSONA IN APERTURA DI COSTITUZIONE
di GUIDO GENTILI da IL SOLE 24 ORE del 27/03/07
Sessant'anni fa, il 22 marzo 1947, i costituenti approvavano l'articolo 1 della Costituzione il cui primo comma afferma: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».
La ricorrenza non è sfuggita ai deputati radicali della Rosa nel Pugno (Poretti, Beltrandi, Capezzone, D'Elia, Mellano e Turco) che hanno colto l'occasione per presentare una proposta di legge di modifica della Costituzione.
La quale esordirebbe così: «La Repubblica democratica italiana è uno stato di diritto fondato sulla libertà e sul rispetto della persona».
Quella dei proponenti, che cercheranno il più ampio consenso possibile dentro e fuori il Parlamento, non sarà una campagna facile. Perché solo a riflettere (sessant'anni dopo la sua approvazione e mentre nel frattempo è crollato il comunismo) su una possibile rivisitazione della prima parte della Costituzione si rischia di essere scambiati per provocatori in cerca d'avventura.
Inoltre, cambiare "alle radici" è un'operazione complicata per la classe politica italiana.
L'ottima proposta bipartisan, primo firmatario il forzista Conte, per rivedere l'articolo 53 della Costituzione garantendo i diritti dei contribuenti (qualcuno ricorda il tema, attualissimo, della retroattività delle norme?) giace nei cassetti della Camera.
Né ha avuto fortuna, nella scorsa legislatura che pure ha visto vittorioso il centro-destra, l'iniziativa di un "liberal" di An, Gianpaolo Landi di Chiavenna, volta a modificare il "Rapporti economici" della Costituzione.
La proposta dei Radicali alza il tono del confronto e contribuisce a rompere il tabù della Costituzione "sempre valida e attuale" per definizione, quasi che il tempo non passasse.
Già nel '47 ci fu chi provò a inserire la parola "cittadini" nel primo articolo della Costituzione.
Senza successo.
Togliatti proponeva una Repubblica «dei lavoratori».
La Malfa e Martino una Repubblica «fondata sui diritti delle libertà e i diritti del lavoro».
Passò la mediazione Fanfani-Moro, quella della Repubblica «fondata sul lavoro».
Una formula, dicono i Radicali, che «ha fallito la sua missione» perché «non identifica il popolo, inteso quale totalità dei cittadini, né il popolo italiano può identificarsi in essa».
Possono identificarsi nel primo articolo i milioni di cittadini disoccupati?
Quelli che lavorano al nero e che non pagano le imposte?
I milioni di cittadini in fase di studio, minorenni e non?
Il concetto di "lavoro", notano i Radicali, è il principale elemento fondante delle "democrazie popolari" (Cuba, Cina, Vietnam) ma non appartiene alle democrazie occidentali.
Che si distinguono per «il grado di libertà garantito a tutti coloro che nel sistema democratico risultano perdenti, le minoranze».
Democrazie in cui il comune denominatore è la persona.
Dunque, una «Repubblica democratica fondata sulla libertà, intesa quale totalità dei diritti della persona, senza i quali verrebbe meno la distinzione con quelle repubbliche democratiche che ieri come oggi opprimono le genti nel nome della volontà popolare».
La presenza della "persona" nel primo articolo della Costituzione, di altissimo valore simbolico, apre un orizzonte nuovo, più liberale e più universale di quello del "lavoro".
E dato che la "persona" come soggetto attivo è al centro della strategia del folto gruppo interparlamentare sulla sussidiarietà , ecco un comune, fertile terreno di confronto per ammodernare la Carta costituzionale.

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