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lunedì 10 agosto 2015

Ho voluto fare la prof, proprio perchè c'era chi non voleva la facessi.

Questo articolo, che riporto integralmente sotto, spiega in modo esauriente a mio parere perché non ho mai avuto alcuna stima di Ida Magli, specie all'interno della lotta e della cultura femminista.
 Anzi, penso chiarisca una volta per tutte con quale tipo di pseudocultura femminista mi sia dovuta ritrovare a sopravvivere all'interno della scuola italiana di Stato e non, oltre che nella vita civile. 
 Perché non è certo la mancanza di parità numerica tra maschi e femmine tra le presenze docenti a rendere sempre più pesante la scarsità di cultura e sopratutto di professionalità pedagogico/didattica nella Scuola Italiana. Magari fosse solo questo.

 E tuttavia la scuola continua malgrado gli stravolgimenti culturali, legislativi e finanziari, malgrado TV e media, a funzionare e, incredibile, persino a garantire al Paese gente abbastanza preparata da riuscire anche a inventarsi un lavoro quando non ce l'ha, ad essere utile a se stessa e agli altri, a fare una buona figura quando se ne va a studiare/lavorare all'estero. 

A mio parere l'unica cosa che abbia in un certo qual modo permesso comunque la trasmissione di un certo qual buon senso del rispetto umano attraverso la scuola sia stata proprio la presenza in stragrande maggioranza di donne, le quali, magari in mancanza di professionalità didattica e pedagogica, hanno sempre comunque riversato in essa il sano e solido buonsenso casareccio che ogni "cuore di mamma" eredita comunque dal femminile familiare. 
Certo, la scuola è diventata sempre più una succursale della famiglia, ma forse non è stato un danno per alunni e studenti, visto che le famiglie di origine li hanno sempre più barbaramente  ed egoisticamente parcheggiati nelle scuole di ogni ordine e grado, aggiungendoci anche magari quella di calcio, di nuoto, di danza, e di tutto quello che è possibile per tenerli occupati...

 Dal blogautore  Nonvolevo fare la prof
8 agosto 2015

Ida Magli, il problema delle donne che non sanno insegnare la cultura e la tv che fa didattica al posto delle femmine

Un giorno qualcuno dovrà fare uno studio serio sull’impatto della televisione in Italia. Cominciando, mi viene da dire, non dal volgo, da sempre accusato di essere schiavo della De Filippi di turno, ma dagli intellettuali. A leggere certi loro scritti, sembra infatti che siano del tutto ed ancora schiavi dell’immaginario televisivo: non perché adorano la De Filippi medesima, va da sé, ma perché sono ancora atavicamente convinti, come degli undicenni cresciuti a pane e tv e poco altro, che lo schermo sia la grande innovazione, il sapere passi necessariamente per un filmato tv e che la vera cultura si possa passare solo ed esclusivamente attraverso questo mezzo: la televisione.

Dopo il geniale Baricco che proponeva lezioni capovolte senza sapere nemmeno gran bene come andassero organizzate, stavolta a suggerire nuove modalità didattiche è Ida Magli, a dimostrazione che in Italia sinistra e destra sulla scuola sono accomunate da un pensiero forte: quello di non capirne un accidenti.

La Magli inizia l’articolo riprendendo un suo grande cavallo di battaglia, ovvero che il disastro della scuola in Italia è attribuibile alla massiccia presenza femminile nell’insegnamento. Con insegnanti femmine, è la sua tesi da sempre, i ragazzi maschi imparano poco e male, perché non riescono ad identificarsi con i docenti di sesso diverso (e questo almeno potrebbe avere una sua qualche validità dal punto di vista del transfert psicologico), ma soprattutto perché, dice la Magli, le insegnanti femmine non sono in grado di trasmettere correttamente le idea della storia, della letteratura, a capire i grandi pensatori del passato e spiegarli perché sono femmine e loro sono maschi. Le donne, insomma, sarebbero antropologicamente inadatte a spiegare la cultura, perché la cultura è maschile. Insomma, in soldoni, una donna non può capire il teorema di Pitagora davvero, e figuriamoci spiegarlo. Tanti saluti se Pitagora stesso ammetteva nella sua scuola le donne, tanto per dirne una, e persino Platone invitava a considerarle pari agli uomini: Pitagora e Platone, secondo la Magli, erano dei noti cretini.

Non è nemmeno ben chiaro come mai la Magli possa occuparsi di antropologia, scienza anche questa fondata da maschi: per le sue stesse teorie dovrebbe non capirla, ed esserle vietatissimo spiegarla, soprattutto ad allievi, o propinare le sue riflessioni ai lettori del Giornale. Ma si vede che per se stessa la signora  fa una eccezione, perché, nonostante sia femmina e docente, non risulta che abbia rinunciato alla cattedra o alla rubrica per evitare di far danni.

Ma la meravigliosa innovazione dell’articolo magliano sta nella soluzione proposta per ovviare al disastroso predominio femminile nell’insegnamento. Cito, perché è impagabile

<<“La novità sarebbe invece quella di proiettare cicli di lezioni televisive preparate da una società ad hoc con i maggiori specialisti del mondo nelle singole discipline. Non ci sarebbero più le logore ripetizioni di insegnanti che per trenta o quarant’anni parlano sempre delle stesse cose, ma i più grandi storici, i più grandi matematici, i più grandi architetti, i più grandi musicisti d’Italia e del mondo esporrebbero con la semplicità e la chiarezza che contraddistinguono coloro che sono assolutamente padroni di ciò che dicono, i diversi cicli di lezioni, di cui la Società di edizione curerebbe la traduzione nella lingua italiana per quanto riguarda gli specialisti stranieri. Questo permetterebbe di accompagnare con le immagini adatte ogni argomento e non ci sarebbe studente che non ricordi, anche senza studiarlo, ciò che ha visto: che si tratti di un castello sulla Loira o di un carme di Catullo.

Il ruolo degli insegnanti potrebbe essere quindi quello di assistere insieme agli studenti alle lezioni televisive e poi discuterle e, se necessario, spiegarle nelle ore a ciò predisposte. La scuola sarebbe così, finalmente, ricca di figure maschili, non soltanto nelle lezioni televisive, ma anche nelle aule perché dove il sapere è «sapere», vivo e profondo, i maschi non mancano mai.”>>


Cioè, spieghiamo bene, e in pratica: siccome le insegnanti donne sono delle cretine monumentali che non sono in grado di spiegare la cultura per ciò che è in quanto femmine, ad onta di anni e anni di studi, superamento di concorsi, spesso anche  approfondimenti in pubblicazioni scientifiche e decenni di pratica didattica nelle classi, la soluzione è ridurle al ruolo ancillare di accompagnatrici della classi (sperando che il compito non sia troppo difficile, chissà se ci si può fidare!), prendere una ditta (privata, magari) che prepari dei filmati/interviste con grandi pensatori (tutti maschi, è naturale: una grande pensatrice, architetta/filosofa/scrittrice/poetessa no, non esiste, non si dà), che le classi, senza alcuna distinzione di età e di curriculum di studio saranno costrette a guardare, per poi, ma eventualmente, discuterne con l’insegnante (anche se non si capisce perché, a questo punto, visto che l’insegnante è una povera cretina incapace).

Non è chiaro, dal passo, se la Magli pensi che questo trattamento vada fatto solo nelle classi con un’insegnante femmina, e se quelle invece con insegnanti maschi potranno essere esentate da questo strazio, avendo un docente che in quanto maschio può parlare di cultura con cognizione di causa (si sa, gli insegnanti maschi sono tutti più bravi e ferratissimi nella loro materia). Nè se le alunne magari, poverine, avranno diritto ogni tanto a vedere almeno un filmato in cui parli una donna, tanto per dar loro la notizia che alle volte anche le femmine possono arrivare a pensare. Ma soprattutto non mi è chiaro, e non sarebbe chiaro nemmeno alla Magli se mai avesse messo piede in una scuola reale fatta di alunni veri, come sia possibile tenere una trentina di ragazzi in età fra i 14 e i 19 anni fermi in un’aula ad ascoltare per ore dei filmati tutti uguali e probabilmente noiosissimi, dove intellettuali a loro in massima parte sconosciuti discettano di alto pensiero senza che sia possibile interagire con loro, fare una domanda diretta, chiedere che sia soddisfatta una curiosità. Immaginiamoci una bella classe di un professionale per la meccanica, per esempio, a cui il Grande Intellettuale di turno spieghi il pessimismo Leopardiano. Un successone.

Mi ricorda molto la noia infinita del mio professore del liceo che ogni tanto, quando non aveva voglia di fare lezione, ci portava a vedere degli orrendi documentari di fisica, durante i quali, approfittando della penombra, noi alunni ci dedicavano ad attività socializzanti quali sedurre i vicini di banco, giocare a battaglia navale, pianificare le feste della settimana o semplicemente dormire. Di fisica in tre anni non abbiamo imparato una cippalippa. E l’insegnante era maschio, eh.

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