Il Messaggero non si smentisce, ma Ajello è così abituato ad esser di parte (non radicale) che non riesce a non sembrare deluso dalla apparente "immortalità" di Marco Pannella: incapace infine di mascherare, come tanti hanno fatto per anni e anni, l'invincibile invidia da velinari e da sudditi per quel suo insopprimibile carisma intellettuale e fisico che continua a gridare libertà/responsabilità/umanità anche nel suo silenzio di parola attraverso lo starnazzare mediatico.
Eroe dolente?
Eroe si, dolente non credo proprio.
E non certo dei talk-show: i talk show( o salotti) non sono luoghi istituzionali della democrazia costituzionale, con buona pace dei vari intrattenitori/giornalisti, amanti e creatori di luoghi comuni che siamo costretti ogni giorno a sentire e vedere ripetere all'infinito, come lezioncine apprese a memoria, come giaculatorie.
Chi come Pannella ha speranza, volontà, amore, e mette a disposizione la sua umanità, corpo compreso, per far crescere l'umanità è troppo responsabimente libero per esser "dolente".
E' satyagraha.
Alba Montori
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*da “Il Messaggero” Pannella, da visibilità zero a eroe dolente dei talk-show*
di Mario Ajello
L’ultima resurrezione di Marco sta andando in scena, no stop, in diretta televisiva. Da fantasma medianico - nei palinsesti dove tranne che per i radicali fino all’altro giorno c’era posto per tutti e specialmente per il governo, come ha decretato l’Agcom cioè l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - il Pannella bianco, diafano, smunto e rinsecchito dallo sciopero della fame della sete s’è trasformato in un’icona sinergica e multimediale. Capace di trasmettere la forza della debolezza, la vitalità d’una vita sull’orlo del baratro, la biodiversità di un corpo nè plastificato né mummificato e orgoglioso di una senescenza che invece di odorare di crepuscolo produce un nuovo inizio. Quello dell’anziano leader che non solo coinvolge nella sua battaglia - «Ho diritto ad avere spazio in tivvù per le elezioni europee» - il presidente Napolitano e Fini, ma in un’epoca di passioni fredde trascina la destra e la sinistra; i sanfedisti alla Binetti e i tanti laici; il Pd e il Pdl della Camera e del Senato; i sindacati che si mobilitano per lui e 500 detenuti che entrano in sciopero della fame al suo fianco; D’Alema che lo supplica («Pannella riprenda a mangiare e a bere e possa avere voce nell’informazione pubblica»), Zingaretti e altri esponenti delle istituzioni locali che gli esprimono solidarietà e la rivista on-line della fondazione finiana «Farefuturo» che proclama: «Siamo tutti figli di Marco Pannella, dei suoi referendum, dei suoi digiuni, dei suoi bavagli». Un coro: «C’è la paura che questa sia la sua ultima battaglia!».
Di sicuro, l’ha già vinta. E SuperMarco impazza infatti su tutti i palinsesti. Lunedì sarà a SkyTg24, martedì a «Ballarò», poi tornerà a “RaiNews24” mentre Emma Borrino ieri è andata all’«Era glaciale» dalla Bignardi e domani sarà a «In mezz’ora» da Lucia Annunziata. E a Pannella lo vuole Vespa a «Porta a Porta» e sempre lui sarà a «Omnibus» su La Sette. Mentre ieri, a «Faccia a faccia» su Radio Tre, il leader radicale s’è presentato con un apparecchio per misurare la pressione. Se lo litigano i talk show, saltano sulle sue spalle ridotte pelle e ossa le star del cinema (Marco Bellocchio tifa per lui dal festival di Cannes) e della musica (Vasco Rossi ha rinnovato la propria tessera del Patito Radicale) e della tivvù (bastava vedere l’altra sera ad «Annozero» quanto Michele Santoro l’abbia venerato come simbolo di libertà). E ora sta per andare a Bologna, dove sostiene la corsa a sindaco del politologo Gianfranco Pasquino, e intanto lo share delle sue apparizioni televisive premia sempre le trasmissioni dov’è Pannella è invitato e lui rivendica giustamente, visto il successo, «una puntina di vanità».
Vulnerabile e forte, SuperMarco resiste e si rilancia. Forma uno strano tandem – chi l’avrebbe mai detto quando i radicali venivano presi a ceffoni dai portieri di Botteghe Oscure con l’ex comunista Napolitano sulla base del comune amore per la Costituzione e «il presidente non sta difendendo me, ma il diritto degli italiani ad essere informati». Magari, soltanto, tramite un filo di voce. Che comunque spopola.
3 commenti:
Ho visto l’Italia diventare un deserto privo di legalità
di Marco Pannella
Il signor Hood è ancora un galantuomo. È pronto a dare la vita per amore. Per la cosa più cara che ha: "La democrazia". Marco Pannella ha ricominciato ad alimentarsi, a sorsi, ancora niente di solido. Dopo sei giorni di digiuno assoluto, un succo di frutta scende giù come gli spinaci per Popeye. Altre volte si è sostentato con il piscio. La camicia bianca abbottonata male e tenuta a pendere fuori dai calzoni sembra una resa. Non è così. Parla come Fidel, per otto ore.
Il signor Hood è una bella canzone di 30 anni fa che Francesco De Gregori dedicò a Pannella, "un galantuomo sempre ispirato dal sole-con due pistole caricate a salve- e un canestro pieno di parole". Parole nuove, aggiungeva nel refrain. "Un politico deve concepire il nuovo, non possiamo raschiare il barile". Lo dice un quasi ottantenne che si ripropone spesso nello stesso immaginario, e che trova penosamente nuovo doversi battere con il corpo, a mani nude e disarmate, con gli occhi azzurri e sgranati e il naso sempre più evidente sul viso scavato.
La scrivania disordinata offre indizi discordanti: c’è il pacchetto di Marlboro rosse, "mai meno di trenta al giorno", c’è il misuratore di pressione fai-da-te, per vedere se il cuore tiene. Ci sono i sigari alla vaniglia che - dice lui - i medici gli hanno consigliato per riattivare la salivazione e che soffiano nell’aria zaffate candide e ne annunciano la presenza. "Sente l’odore? Marco è di là". Le stanze sono raffazzonate ma c’è un calore vero, condiviso. C’è la riunione, Emma Bonino è in collegamento da Milano, Marco Cappato è l’altro uomo del tavolo principale. A ferro di cavallo, davanti, c’è il partito radicale. Si analizza la prestazione di Pannella ad Anno Zero, si programmano le apparizioni future, "quella trasmissione lì quanti la vedono? Sessantamila? Ci andiamo lo stesso?". I radicali hanno dovuto chiedere in carta bollata che fossero blindati i loro spazi negati. Devono recuperare tutto in pochi giorni. In questa normale richiesta di democrazia, Pannella si è esposto al pubblico, giovedì da Santoro, come fosse il compianto di un popolo intero.
continua
continuazione
Perchè si tortura?
"Dove c’è strage di legalità, c’è strage di popolo. Questo Paese è un deserto. Io lotto, ma sembra il 1938".
Vuole morire? Ha fatto una bella vita, è stato ed è felice, e adesso accetta anche di crepare, magari martire, quasi con gustoso menefreghismo...
"Un cazzo. Sto meglio di quarant’anni fa. I dottori mi trovano più robusto. Non fossi così forte, come potrei stare sei giorni senza bere? (e ride, si è sfidato e ha vinto ancora, Ndr)".
Si è pure operato: lei scherza col fuoco.
"Faccio politica, per strappare un’oncia di democrazia dal regime e riportarla nelle mani della gente".
Ma è felice?
«Sono fortunato, ho passato la vita in mezzo ai compagni radicali, in questo mistero cominciato con Capitini e nutrito negli ultimi anni da incontri importanti, con il buddismo, per esempio. Mi capita di sentire la comunità fra viventi e morti".
È un frasario da bilancio. E sui giornali hanno fatto i "coccodrilli": il ricordo
dell’indefesso difensore dei diritti.
"Sono quarant’anni che politici e giornalisti suonano le mie campane. Per ora, ho sempre accompagnato il campanaro al proprio funerale, al proprio riposo dalla vita pubblica".
Scriva il suo epitaffio.
"Negli anni Cinquanta il verboso Pannella componeva poesie di appena 18 parole. Mi ricordo questa, avevo 27 anni: come posso dirvi che vado, senza aver prima deposto un po’ di quello che avete accumulato in me".
Ha reso?
"C’ho provato. Ho amato. Ho fondato questo partito. A quei tempi leggevo Paul Claudel, la sua “Connaissance” (la conoscenza) e anche la “con-naissance”: nascere insieme".
50 anni dopo Di Pietro si è preso il vostro voto, quello consapevole, degli scontenti del centro sinistra.
"No, lui è un’altra cosa. Il regime si sceglie gli avversari. Così hanno fatto per anni con Bertinotti, l’ospite più gradito dei talk show di politica. Adesso hanno selezionato Di Pietro, con il suo dito puntato contro il nemico, buono per aggregare i nemici di Berlusconi. E perfetto per compattare i suoi amici, per consentirgli di conservare i voti per comandare".
E le vostre pistole a salve dove scaricano?
"Sugli obiettivi. Mostriamo un corpo indifeso e debole perché non vogliamo vedere i muscoli degli altri. C’interessa trasferire ai cittadini il potere democratico. Abbiamo portato alla Cassazione 100 milioni di firme. La corte ha ammesso 149 referendum".
Ha fatto più referendum o scioperi della fame?
"Boh, siamo lì".
L'hanno accusata di aver sequestrato il referendum, e averlo svilito per abuso.
"Cittadini e potere: le consultazioni popolari avvicinano l’uni all’altro. Questo fluire è lo scorrere della democrazia. Abbiamo parlato dei diritti degli omosessuali, e ci chiamavano "froci". Adesso vedo che si ascoltano le ragioni degli omofobi".
Il Paese è peggiorato?
"Sì. Ed è il dolore che scava assieme alla felicità. La partitocrazia ha creato un deserto. La prima Repubblica ha inaridito la terra. Berlusconi ha occupato questo vuoto con la sua forza, il potere mediatico, economico. Non è un genio del male. A dire il vero non è neanche un genio. Ma non è fronteggiato da oppositori autoritari. Si sceglie lui con chi duellare".
da L’Unità, a cura di Marco Bucciantini.
Che vergogna Pannella costretto a digiunare*
di Margherita Hack
C’è da vergognarsi di essere italiani. Non capisco come sia possibile che la metà di questo Paese continui a fidarsi di un presidente del Consiglio come Berlusconi, che dice bugie, non risponde alle domande scomode, che - come dice la moglie- ha comportamenti immorali. E c’è da vergognarsi se Marco Pannella è costretto a fare lo sciopero della sete e della fame per far apparire il suo simbolo elettorale in televisione perché l’informazione non fa il suo dovere. Berlusconi pensa di essere il raìs dell’Italia, ma quello che mi spaventa di più è il consenso di cui gode. E un bruttissimo segno, vuol dire che il lavaggio del cervello è riuscito. Come si può non indignarsi di fronte al fatto che c’è un signore che ne corrompe un altro, ma il corrotto viene condannato e il corruttore no perché si è fatto una legge su misura come il Lodo Alfano?
Fa male vedere quello che sta succedendo nel Paese, ascoltare frasi irriguardose verso le istituzioni da parte di chi le rappresenta. E fa male vedere questa sinistra confusa fare un’opposizione debole rispetto alla gravità dei fatti. A volte mi sorprendo a pensare che mi mancano i vecchi grandi partiti di una volta, come il Pci e la Dc.
NOTE
* da “L’Unità”
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