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martedì 14 aprile 2009

Uccisa SITARA ACHAKZAI


Il 12 aprile 2009 in Afghanistan SITARA ACHAKZAI, attivista impegnata per la difesa dei diritti umani e in particolare delle donne, è stata ammazzata sulla porta di casa.
Avvocato, con doppia cittadinanza afgana/tedesca, era tornata dopo la cacciata dei talebani in patria per lottare per la democrazia e la parità di diritti delle donne ed era stata eletta membro del consiglio provinciale di Kandahar.
Alcuni sconosciuti mascherati l'hanno seguita mentre tornava a casa dal lavoro e l'hanno uccisa a colpi di arma da fuoco trascinandola fuori dall'auto.

http://news.google.it/news?hl=it&client=firefox-a&rls=org.mozilla:it:official&hs=lr8&ei=HKfjSfiaLNKNsAamoLTfCA&resnum=1&q=Sitara+Achakzai&um=1&ie=UTF-8&ei=LafjSeP9I8iLsAbc-LnfCA&sa=X&oi=news_result&resnum=1&ct=title

Fa impressione il silenzio assordante sul suo assassinio, chiaramente di matrice chiaramente sessista, specie da parte delle organizzazioni italiane per i diritti delle donne.

Un commento da Valter Vecellio su Notizie Radicali

Sitara Achakzai l'indifferenza dell'occidente

Un fiore, uno striscione, una veglia, qualcosa per Sitara Achakzai,...Si chiede troppo?
Sitara era consigliera della provincia di Kandahar, notissima attivista impegnata nella
difesa dei diritti umani: l’hanno uccisa a colpi di arma da fuoco, mentre stava rientrando
nella sua abitazione dopo l’ennesima, dura giornata di lavoro.
Achkzai è stata uccisa da sconosciuti, ma non c’è da dubitare su chi ha “firmato” e
voluto il delitto: la provincia, 450 chilometri a sud-ovest di Kabul infatti è una delle più
turbolente per la forte presenza di talebani.

Achakzai era nota in particolare per la sua lotta in favore delle donne. Negli ultimi giorni
aveva denunciato con tutta la forza di cui era capace la legge, approvata dal Parlamento
nazionale afghano e fortemente voluta dagli ambienti religiosi oltranzisti, in cui si stabilisce
la totale subordinazione della moglie al marito, e in pratica se ne autorizza lo stupro.
Il presidente afghano Hamid Karzai, su pressione degli occidentali, ha promesso di rivedere
il testo; ma un eminente esponente religioso, tornato sull'argomento, ha escluso ogni
ripensamento: “Sarebbe inaccettabile”, ha detto categorico, “oltre che anticostituzionale”.

Secondo la nuova legge le donne afgane non potranno più andare dal dottore, lavorare o
uscire senza il consenso del marito, né tantomeno crescere ed educare i propri figli, che
passano sotto la tutela degli uomini della famiglia, quali il padre ed il nonno.
Una normativa, dicono le organizzazioni per i diritti civili che costituisce una ennesima,
brutale violazione dei diritti umani consumata con il pretesto di rispettare la cultura di
quelle popolazioni.
Uno degli aspetti più odiosi della legge quello che di fatto legalizza lo stupro all’interno
della famiglia: la donna infatti non può rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il marito,
può solo subire. Persino crescere e allevare figli le viene precluso. In caso di divorzio, la
custodia è affidata al padre o al nonni.
Una legge “peggiore di quella dei talebani”, sostiene la parlamentare Humaira Namati,
“in aperta violazione con il principio della parità tra i sessi prevista dalla costituzione
afgana e dalle convenzioni internazionali sottoscritte dal governo di Kabul”.
La legge è stata approvata con insolita rapidità e con scarsa discussione; unico
“miglioramento”, se così si può dire, l’aumento da 9 a 16 anni dell'età da matrimonio,
denunciano diverse deputate afgane; e Soraya Sobbrang, capo degli affari delle donne
nella Commissione afgana indipendente dei diritti umani punta l’indice contro il silenzio
dell’Occidente: “Assiste indifferente al disastro per i diritti delle donne”.

La rapidità e la clandestinità con cui Karzai ha fatto passare la legge ha una spiegazione:
è dettato da motivi elettorali in vista del voto presidenziale di agosto. Visto il suo calo di
popolarità e anche di appoggio internazionale, è l’estremo tentativo di guadagnare voti tra
l’elettorato sciita costituito sostanzialmente dalla comunità hazara, circa il 10 per cento
della popolazione. Ustad Mohammad Akbari, parlamentare e leader del partito hazara,
non le ha mandate a dire: “Uomini e donne sono uguali nell’islam, ma ci sono differenze
nel modo in cui uomini e donne sono stati creati. Gli uomini sono più forti e le donne
sono un po' più deboli; anche in Occidente non si vedono donne pompiere”.

L’Unifem (il Fondo delle Nazioni unite per lo sviluppo delle donne) ha protestato per la
nuova legge auspicando che l’Occidente smentisca con i fatti il “realismo” di un
diplomatico occidentale a Kabul raccolto dal quotidiano britannico “Guardian”:
“Sarà difficile cambiare la legge perché entriamo in un terreno in cui possiamo essere
accusati di non rispettare la cultura afghana”. E l’ONU ha condannato l’uccisione di
Sitara Achakzai
. Non è molto, ma è qualcosa. Sempre meglio del silenzio e dell’indifferenza di tutti,
rotto solo dai radicali di Marco Pannella e di Emma Bonino; un mondo che protesta,
e strepita quando c’è da mobilitarsi contro gli Stati Uniti e Israele; ma tace e non “vede”
quando i diritti umani e civili sono calpestati e sfregiati in Russia, in Cina, in Vietnam,
o dai talebani.
Se ne ricava una legge amara: chi vuole che la sua causa sia sostenuta e difesa dalla
comunità internazionale trovi il modo di farsi perseguitare dai governi di Washington o
di Gerusalemme: solo così raccoglierà solidarietà e la comunità internazionale si
mobiliterà in suo favore.

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