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venerdì 6 giugno 2008

Cancellare l'ipocrisia per salvare Israele

Un pezzo magistrale del grande Valter Vecellio.
a

. da L'Opinione del 5 giugno 2008, pag. 5

di Valter Vecellio

Sì, ha certo ragione Piero Ostellino che sul "Corriere della Sera" ha

annotato come "in questa Italia, sempre pronta a manifestare contro le
democrazie americana e israeliana, a bruciare le loro bandiere, a tirare
sassi contro le loro ambasciate, sia una buona notizia che ci sia chi si è
mobilitato per protestare pacificamente contro le violazioni dei diritti
umani in Iran, le deliranti affermazioni del suo presidente Mahmoud
Ahmadinejad - "Israele sarà presto cancellato dalle carte geografiche" - e i
suoi programmi nucleari.".
Una bella protesta, insomma, per dirla con il
titolo scelto per il commento di Ostellino. Sì, però.

Amaro in bocca
Chi scrive confessa che l'altra sera, mentre saliva la scalinata che conduce
al Campidoglio, masticava un po' amaro; una volta giunto sulla piazza ne
trovava conferma; e ulteriore conferma è venuta poi la mattina dopo, a
guardare la fotografia pubblicata sulla terza pagina de "Il Riformista", che
mostra "la piazza". Desolatamente semivuota. C'erano una quantità di
bandiere, sì; e c'erano una quantità di politici del centro-destra e del
centro-sinistra. Poi, come sempre, la foltissima rappresentanza della
comunità ebraica romana.
Però, inevitabile, la riflessione: se in quella
piazza togliamo i politici professionisti (ed erano davvero tanti, anche se qualcuno avrebbe dovuto
esserci e non c'era: Walter Veltroni, Massimo D'Alema,
Fausto Bertinotti,
per dirne di tre: dov'eravate? ); togliamo la consolante,
costante presenza
della comunità ebraica.
E gli altri? I militanti sempre
pronti a scendere in piazza e per strada quando
c'è da mobilitarsi contro le
violazioni dei diritti umani che vengono consumate da altri paesi, da altri presidenti?
Quella piazza era semivuota, ahinoi. E questo dovrebbe dirci
qualcosa.

Ahmadinejad: un criminale, dittatore fanatico. Sì. E poi?
Dall'improvvisato palco del Campidoglio tanti ci hanno ricordato quello che
sappiamo, che dovremmo sapere: che Ahmadinejad è un criminale, un dittatore
fanatico e pericoloso; che le sue dichiarazioni su Israele, gli Stati Uniti,
l'ONU, soprattutto con dietro il minaccioso ormai realizzato programma
nucleare ultimato, mettono i brividi; dovrebbero mettere i brividi.
Sì,
Ahmadinejad è pericoloso, andrebbe fermato, occorre fare qualcosa.
Sì, su
questo siamo d'accordo. Che cosa? Bombardarlo a tappeto? Invadere l'Iran? Spedire commandos con l'incarico di eliminarlo? Fomentare colpi di stato come ogni tanto s'usa fare? Oppure? Quel "qualcosa" che occorre urgentemente fare, che cos'è?
Da nonviolento, moderatamente pacifico, radicale convinto
avverto tutti i
limiti e le inadeguatezze della proposta nonviolenta di
fronte a dittature
come quella iraniana, birmana, cinese.
Una prima cosa, da
fare e che non viene fatta e assicurata, potrebbe essere: "informazione, informazione, informazione" .
Tanta informazione sull'Iran, sulla nostra
"vera" politica estera con quei
paesi, quella che per esempio fa non tanto
la Farnesina quanto l'ENI.

Ai tanti politici che si sono affollati sull'improvvisato
palco del Campidoglio, fossimo stati in Antonio Polito, avremmo preliminarmente chiesto, prima
di dar loro il microfono: "Siete o no d'accordo
a che il servizio pubblico radiotelevisivo si doti di una struttura che si occupi in modo continuativo e specifico di diritti umani e civili? Vi impegnate a fare tutto quello che potete fare, perché il servizio pubblico radio-televisivo si doti di questo strumento?".
E' una piccola cosa, certo.

Però sarebbe una cosa, quella di dare voce a quelle voci che ora possono
esprimersi solamente in pochi spazi, come - non è un caso - quello che
assicura "Radio Radicale".
Resta il problema: di fronte a dittatori cinici e
spietati, fanatici e pericolosi come Ahmadinejad, che cosa possono e devono fare le comunità democratiche, per aiutare quei popoli oppressi, e per aiutarsi, scartate le opzioni militari e violente?

Lo sgradito Ahmad Rafat
"Avrei preferito occuparmi di fame nel mondo, e non essere io la notizia del
giorno", ha detto dal palco del Campidoglio Ahmad Rafat, vice-direttore dell'AdN-Kronos International, che non ha potuto assistere ai lavori del vertice FAO perché "persona non gradita" della delegazione iraniana.
Che Rafat sia persona non
gradita al governo iraniano, va a suo onore.

Tutti gli altri giornalisti,
invece erano "graditi".
Hanno fatto qualcosa per non meritare questo
gradimento?
Sarebbe stato bello se tutti i giornalisti - o almeno quelli
italiani - avessero disertato i lavori, e avessero condiviso la sorte di Rafat; se qualcuno avesse detto: "Parlo a nome di Rafat che non c'è."; sarebbe bello sapere chi - nome, cognome - a nome e per conto della FAO ha deciso di piegarsi al diktat iraniano; e sarebbe stato bello sapere che là, in quel carrozzone che è la FAO qualcuno è poi arrossito per la vergogna.
Tutto questo sarebbe stato bello. Sarà per un'altra volta.

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