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giovedì 20 dicembre 2007

A Veltroni

martedì 18 dicembre 2007

Lettera aperta a Walter Veltroni
di Gianfranco Spadaccia

Caro Segretario, caro Sindaco, caro Walter,
Tu hai voluto offrirmi nel giugno 2006, poco dopo lo svolgimento delle
elezioni comunali, l'incarico di
Garante dei diritti delle persone private
della libertà del Comune di Roma. Nel nominarmi hai fatto riferimento -
espressamente richiamandolo anche nella delibera che mi conferiva l'incarico
- al mio lungo impegno per l'affermazione dei diritti civili e dei diritti
umani e quindi non ignorando ma in qualche modo valorizzando la mia storia
di laico, di garantista, di radicale. A parte forse qualche motivo di
opportunità (la Rosa nel Pugno faceva parte della maggioranza, senza
disporre tuttavia di una forza politica rilevante) devo supporre che la
scelta sia stata dettata anche da motivi di simpatia, di stima, di fiducia.

Poiché è molto tempo che non mi capita di incontrarti, come Sindaco, nell
esercizio delle mie funzioni di Garante e non ho avuto modo di vederti e
ascoltarti, come Segretario del P.D., al recente Congresso dei Radicali
Italiani, ai quali hai inviato un messaggio di cortesia, Ti scrivo questa
lettera aperta per esprimere alcune preoccupazioni sulle scelte politiche
che sembrano affermarsi in ordine a due questioni assai rilevanti nella vita
della Repubblica.
La prima riguarda quelle che - con una buona dose di ipocrisia - vengono
chiamate "scelte eticamente sensibili" e che sono invece puramente e
semplicemente scelte politiche su cui si confrontano diverse e,
a volte opposte, concezioni etiche. Mi sembra di capire che si stia affermando
silenziosamente la tesi che su tali questioni si delibera solo in caso di scelte
"eticamente condivise", il che equivale a dire che, in mancanza della
condivisione, non solo non si sceglie e se si sceglie lo si
può fare solo a senso unico, riconoscendo una sorta di diritto di veto alle
posizioni più direttamente legate a quelle espresse dalla Chiesa, ma è
addirittura negato e impedito il normale e fisiologico confronto democratico
che è tale solo se le diverse posizioni accettano di mettersi seriamente in
gioco fino al momento della decisione e del voto. Mi pare che, senza
riflessione esplicita e senza dibattito, si sia pericolosamente accettata la
tesi della Cei al momento del referendum sulla legge 40 quando la scelta
opportunistica dell'appello all'astensione fu giustificata dalla
contestazione della legittimità non solo delle posizioni avverse ma della
stessa partecipazione al voto: sulla vita non si vota, fu lo slogan del
comitato "Scienza e Vita".

Il velo di ipocrisia che circonda questa pretesa posizione di principio si
squarcia e svela il suo vero motivo e le sue vere finalità quando questa
tesi trova applicazione anche su materie che hanno assai più a che fare con
la "roba" che con l'etica, con I privilegi clericali piuttosto che con la
teologia, come è accaduto e accade normalmente con l'8 per mille o con l
esenzione dell'ICI per I beni ecclesiastici che hanno ormai solo finalità
economiche e commerciali. Quando Pannella ha proposto la sua candidatura a
segretario del PD non ha posto alcuna preclusione. In un grande partito a
vocazione maggioritaria, inclusivo e non escludente, a nostro avviso l'unica
condizione su tali questioni che si deve porre è che la libertà di coscienza
valga per tutti e che le diverse posizioni - tutte legittime (e per noi
beninteso lo sono anche quelle della Chiesa) - accettino fino in fondo la
regola del confronto democratico senza le protezioni di inammissibili
diritti di veto o l'imposizione di impossibili e inaccettabili scelte
unanimistiche.

Anziché affrontare questo problema - certo delicato per il PD ma dirimente -
e fornire risposte su di esso, si è preferito obiettare alla candidatura con
la necessità di uno scioglimento e di una confluenza che sarebbero state
ovviamente fuori discussione se la candidatura fosse stata reputata
legittima. Alla luce delle considerazioni precedenti, che trovano purtroppo
preoccupanti verifiche perfino su un tema come quello del testamento
biologico, mi sembra chiaro che la risposta a Pannella sia stata pretestuosa
anche se è servita ad eludere un problema delicato: ciò che in realtà si
pretendeva non era lo scioglimento dell'organizzazione politica dei Radicali
Italiani ma l'impossibile rinuncia agli ideali e agli obiettivi di lotta
politica che sono la sostanza e tanta parte della storia radicale, e che
nonostante censure e impedimenti hanno espresso ed esprimono sentimenti,
idee, convinzioni di tanta parte della società italiana e di tanta parte
dell'elettorato potenziale del PD e della sua stessa classe dirigente.
Richiesta naturalmente inaccettabile: che avremmo dovuto fare, sciogliere o
abbandonare la Associazione Luca Coscioni? Sarebbe stato come chiedere all
On. Binetti di sciogliere o abbandonare "Scienza e Vita". Tutto ciò è già di
per sé grave, almeno agli occhi di una persona che come me ha guardato con
interesse e persino con speranza al percorso che ha portato alla nascita del
Partito Democratico e non si è rallegrato delle sue difficoltà. E tuttavia
ritengo che esista un pericolo ancora più grave ed è quello che - a causa
della generale debolezza della politica, anche vostra nonostante la nascita
del PD - finiate per unirvi alla destra nell'accettare la pretesa clericale
di una messa al bando dei radicali. E questo è un pericolo certamente per
noi e per quanti, anche all'interno del PD e del centro- sinistra e a
maggior ragione nel centro-destra, condividono le nostre posizioni laiche
(perché negarlo?) ma io ritengo che sia un pericolo anche e soprattutto per
voi, per l'intero centro-sinistra, per lo stesso Partito Democratico. Sulle
questioni della laicità dello Stato, della libertà di ricerca, del diritto
dei malati a conquistare autonomia e libertà di comunicazione e di parola,
delle scelte liberali anche di fronte al problema sempre rimosso della morte
io so - con buona pace del Card. Ruini - di avere dalla mia parte la parte
migliore della storia e della civiltà occidentale e il sentimento religioso
del mondo cristiano e di tanta parte anche del mondo cattolico.

Sulla libertà di ricerca, tanto per fare un esempio, la vittoria rivendicata
dal Card. Ruini è una vittoria di Pirro, come dimostra l'inarrestabile
sviluppo della ricerca in Europa e in ogni parte del mondo. In nome (e per
conto) di questa pretesa, la preclusione e l'esclusione si estendono a tutti
i temi su cui l'impulso dell'azione radicale è stato importante, essenziale,
a volte determinante e sui quali era lecito sperare che potessero
verificarsi unità e convergenza. A cominciare dal terreno della lotta per l'
affermazione dei diritti umani (è di pochi giorni fa il primo voto dell'ONU
sulla moratoria della pena di morte) e per la promozione della democrazia
nel mondo via via fino a comprendere ogni altro aspetto di una veritiera ed
efficace azione riformatrice: dalla riforma liberale del mercato e dell
economia alla riforma insieme liberale e socialista del welfare, alla
liberalizzazione della società dalle bardature e dai privilegi di casta (di
ogni casta) e corporazione. Per tacere delle questioni della riconquista di
condizioni di legalità ad ogni livello (dalla giustizia all'informazione,
dalla quale ovviamente le nostre posizioni devono essere cancellate: sui
temi etici ormai hanno diritto di parola solo il Papa, i cardinali, i
vescovi e i loro sostenitori) o della riforma delle istituzioni. Mi fa
amaramente sorridere sentir parlare oggi di lotta alla frammentazione
politica vagheggiando ritorni al proporzionale in salsa tedesca o spagnola o
ibero-tedesca se penso al referendum promosso e votato nel 1999 che avrebbe
abolito la quota proporzionale e dato all'Italia l'uninominale secca.

Quel referendum a favore del quale vi eravate schierati non raggiunse il
quorum per poche decine di migliaia di voti, a causa della vostra
distrazione. Siete sempre distratti quando non sono in gioco questioni di
equilibrio politico o di potere ma di queste distrazioni è lastricata la
strada delle occasioni perdute dalla democrazia italiana. La seconda
questione riguarda indirettamente la responsabilità che mi hai chiamato ad
assumere al Comune. Dopo i recenti fatti di cronaca e il brutale assassinio
della signora Giovanna Reggiani, tu hai spronato il Governo ad intervenire
con toni che sono apparsi a molti eccessivi e sbagliati. Il problema non
riguarda la necessità di riconoscere la sicurezza dei cittadini come un
valore anche di sinistra. Il problema riguarda il come. La vera sicurezza si
può assicurare soltanto riconquistando condizioni di legalità e non sarà
possibile raggiungere questo obiettivo se non sarà innanzitutto lo Stato ad
ogni livello (a cominciare dalla magistratura) a dare l'esempio di
rispettare la propria legalità. Tu hai detto che bisogna riconoscere che l
indulto (che avevi condiviso e che la tua parte politica aveva votato quasi
all'unanimità ) è stato un errore. No, caro Walter, è stato un errore, dopo l'
indulto, abbandonare i progetti di riforma che il centro sinistra aveva
solennemente affermato nel suo programma e unirsi al coro dei giustizialisti
che hanno ripreso vigore e forza anche nell'Unione. Perfino Mastella si
lamenta dello stallo che ha colpito in Parlamento la riforma della legge
Giovanardi- Fini, la riforma dela legge Bossi-Fini, la riforma del Codice
penale che viene rimandata di governo in governo e di legislatura in
legislatura. Ma come vuoi che si assicuri la sicurezza con l'attuale
dissesto della giustizia italiana, su cui nessuno (né il Governo, né il
Parlamento, né tanto meno il CSM) hanno il coraggio di intervenire; se i
processi durano anni e producono oltre a inevitabili e generalizzate almeno
per i reati minori sospensioni della pena, anche quella amnistia strisciante
casuale e irresponsabile che è rappresentata dalla prescrizione; se le
carceri sono affollate di tossicodipendenti, consumatori di droga,
alcoolisti del sabato sera responsabili di reati colposi, colpevoli di reati
minori che potrebbero essere recuperati alla vita civile; se alla pena
detentiva non vengono affiancate almeno in prima battuta pene alternative
come accade negli altri grandi paesi europei? C'è un'altra strada? Sì, l
America l'ha tentata, è quella che abbandona il principio della finalità
rieducativa della pena, che aumenta a dismisura l'affollamento del carcere,
che irrigidisce oltre ogni limite (ergastolo o quasi al compiersi del terzo
reato) il principio della certezza della pena. Non mi sembra che la società
americana abbia conseguito invidiabili condizioni di sicurezza. Al di là
della gravità dei problemi sociali, che bisogna tentare di prevedere e
governare anziché denunciare quando è troppo tardi, e della percezione che
ne ha l'opinione pubblica, l'insicurezza di cui soffre il nostro paese è
solo la conseguenza di due questioni non risolte: quelle della legalità e
della giustizia. Concludo con una domanda: ma davvero, caro Walter, su tutti
questi problemi ritieni, non dico di poter fare a meno del nostro contributo
ma perfino - Tu che parli con tutti - di uno scambio di opinioni con il
nostro punto di vista, rinunciando e cancellando ogni forma di dialogo?

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