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lunedì 19 novembre 2007

Da Alteredo: Decimo comandamento: non desiderare i beni degli altri!

E' proprio bello e non posso non riportarlo!
Decimo comandamento: non desiderare i beni degli altri! Stampa
Scritto da Nunzio Miccoli – numicco@tin.it
lunedì 19 novembre 2007

La Chiesa Cattolica ha modificato il piano dei dieci comandamenti, consegnati da Dio a Mosè sul monte Sinai, abolendo il secondo comandamento, che condannava il culto delle immagini, e dividendo l’ultimo in due comandamenti distinti, il nono: “Non desiderare la donna d’altri” e il decimo: “Non desiderare i beni degli altri”, così conservando il numero di dieci.

Il decimo, pur apparendo in fondo alla lista, per la Chiesa non è il meno importante, e con la sua manipolazione non si è sentita di stravolgere anche l’ordine dei precetti.
Va precisata l’esatta portata del decimo comandamento: il libro di deuteronomio (5,6-21) afferma che i beni in questione sono: la casa, la terra, gli schiavi, il bestiame ed altro; legittimamente possiamo inserire nella voce altro: il denaro, i preziosi, i mobili, il vestiario e gli oggetti personali.

È chiaro che il comandamento, con il trascorrere dei secoli, ha subito un cambiamento di portata, per esempio il richiamo alla schiavitù è divenuto inattuale nei tempi moderni. Comunque, alla Chiesa con il decimo comandamento interessava soprattutto per difendere la sua proprietà della terra. Prima della rivoluzione industriale, la terra era il bene più agognato da generazioni di contadini, di fame per la terra si nasceva, per la terra ci si faceva guerra e per la riforma agraria si facevano rivoluzioni.

La dottrina economica fisiocratica considerava l’agricoltura come l’unica vera attività economica. Ancora oggi, per convenzione, l’agricoltura è definita settore primario dell’economia, anche se nei paesi industrializzati produce meno reddito e ha meno occupati dell’industria e del settore dei servizi.
I contadini con i loro moti hanno chiesto la divisione delle terre già dal tempo dei romani, nel medioevo, al tempo della Rivoluzione francese, dell’Unità d’Italia, e dopo la Seconda guerra mondiale in Sicilia. Ancora oggi in Messico esiste il movimento dei senza terra. Nel terzo mondo esiste la povertà anche perché nessuno vi ha fatto una riforma agraria. Ancora oggi, in tutto il mondo, la Chiesa con le sue finanziarie agrarie e i prestanome possiede tanta terra esattamente come nel Medioevo.

La chiesa si espresse sempre contro l’abolizione dei feudi, del latifondo e della servitù della gleba. Al tempo di Sant’Agostino (354-430) in Africa settentrionale la rivolta dei donatisti, scomunicati come eretici, fu una rivolta di contadini poveri contro i proprietari terrieri. Le questioni di fede si mischiavano spesso a quelle economiche e sociali e Agostino difese con risolutezza gli interessi dei possidenti, che erano spesso dei vescovi, come anche Eusebio aveva approvato la repressione dei contadini da parte di Costantino (274-337).

Papa Leone XIII (1878-1903) confidava nei parroci di campagna per contenere le pretese dei contadini poveri che minacciavano di occupare i latifondi. Mussolini da socialista aveva affermato che un giorno i contadini avrebbero travolto i preti che si godevano la terra.

Al tempo dei Tudor (1485-1603) in Inghilterra ai contadini furono tolte la terra privata e la terra comune. Stalin fece la stessa cosa in Russia, a favore dello Stato e le reazioni dei contadini furono sempre negative. Garibaldi in Sicilia dovette fronteggiare una rivolta contadina che reclamava la terra. Per non mettersi contro i principi, anche Lutero aveva scaricato i contadini. Dopo la seconda guerra mondiale, in Sicilia, per ostacolare la riforma agraria ci si appoggiò al bandito Giuliano e alla mafia.

Negli Stati Uniti all’inizio solo i proprietari di terra avevano diritto al voto e chi non aveva terra non si considerava libero, perché gli americani erano memori del servaggio degli europei, legati alla terra e senza proprietà, infatti Harlington affermava che il potere seguiva la proprietà della terra, non ignorando che in Europa la terra era appartenuta alla Chiesa e all’aristocrazia che avevano il potere.

Thomas Jefferson (1743-1826), uno degli estensori della Dichiarazione d’Indipendenza americana, identificava la libertà con la proprietà della terra. L’inglese Hilaire Belloc (1870), per difendere la libertà di tutti, desiderava la distribuzione della terra. Contro questa visione esisteva il latifondo privato e la proprietà dello Stato sulla terra che la dava in concessione, com’è accaduto nel medioevo e nel comunismo. Però lo Stato, sotto qualsiasi sistema economico, è sempre espressione dell’interesse di una élite: la sovranità popolare è un’illusione terrestre come l’immortalità dell’anima è un’illusione celeste.

Ancora oggi nel terzo mondo un esercito di diseredati invoca la riforma agraria, tanti paesi poveri, scarsamente popolati, con una riforma del genere e un aiuto dell’Occidente per scavare pozzi e irrigare la terra, potrebbero risolvere i loro problemi alimentari. Però anche in America latina le istituzioni religiose cattoliche, tramite finanziarie, detengono tanta terra.

I contadini sono stati sempre depredati dagli eserciti invasori, dallo Stato e dalla Chiesa che li tassavano, e dalla borghesia delle città che li sfruttava; in Inghilterra, in Francia, Italia e in altri paesi hanno lottato per difendere le proprietà di terre comuni di villaggio contro gli accaparratori, dove raccoglievano legna, cacciavano, allevavano bestiame. Non ebbero successo perché furono espropriati a vantaggio di privati capitalisti e speculatori.
La storia è stata fatta anche dalle rivolte dei contadini che reclamavano la terra: durante la Rivoluzione francese le aspettative dei contadini vandeani furono tradite dalla borghesia; Garibaldi faceva requisizioni in campagna e i contadini si vendicarono facendo la spia ad austriaci e francesi, tra i garibaldini erano rappresentate tutte le regioni e le classi d’Italia, mancavano solo i contadini.

L’ex re di Napoli riuscì a fomentare una rivolta contadina contro i piemontesi che avevano soppresso le terre comuni, e tutti questi rivoltosi furono chiamati briganti. Al tempo di Franco, in Spagna, i contadini si rivoltarono contro i gesuiti che detenevano la terra. Ancora oggi in Guatemala sono stati sterminati i contadini Maya che hanno reclamato la terra.

Anticamente la terra era a gestione comunitaria, il suo uso era regolato da assemblee di villaggio alle quali partecipavano gli anziani, dalle quali nacque il senato romano: senator viene da senior o anziano. La terra era collettiva, del villaggio, e non oggetto d’accaparramento, anche perché abbondante mentre la popolazione era scarsa. A Roma era chiamata ager publicus.
Quando si affermò la piccola proprietà contadina, i contadini erano spesso insolventi verso gli usurai, perciò erano espropriati e le loro terre accrescevano il latifondo; queste cose accadono ancora oggi in Sardegna e in Usa con le banche creditrici, purtroppo, con la proprietà privata, ne deriva anche la sua concentrazione, se lo Stato non interviene con meccanismi correttivi come l’imposta di successione.
Al tempo di Roma, le terre conquistate erano divise: quelle migliori andavano agli speculatori e le peggiori ai veterani, la rivolta dei popoli italici contro Roma fu una rivolta di popoli contadini privati dei loro diritti comuni sulla terra. Sembra la storia dei pellirosse d’America, la storia che si ripete e dalla quale non si vuole imparare.

Con la schiavitù non si è padroni di se stessi e si è espropriati della proprietà e dei prodotti del proprio lavoro. La schiavitù esiste surrettiziamente per tutti gli spossessati di qualsiasi sistema economico, i ricchi e gli Stati hanno sempre fatto degli espropri, mettendo le mani sulla proprietà dei poveri.
La schiavitù fu anche connessa al diritto di penale, al diritto di guerra o ai debiti: ancora oggi nel terzo mondo i nullatenenti diventano schiavi con i debiti e con il debito estero alcuni paesi, formalmente indipendenti, si sono messi nelle mani dei creditori. Gli schiavi lavorano, per vitto e alloggio, fino alla morte, senza pensione, che una volta era riservata solo a concubini, concubine, pretoriani, cortigiani e maestri di palazzo. Forse per noi si progetta questa sorte per il medioevo prossimo venturo: in Italia abbiamo già i pedaggi stradali, le corporazioni e il Vaticano in casa.

Quando fu soppresso il feudo ci guadagnarono i baroni, perché la loro proprietà fu trasformata da concessione in proprietà piena che poteva essere venduta. Avevano solo il rischio di perdere gli agricoltori non più vincolati alla terra, questi però, per vivere erano costretti a lavorare per altri. I membri del basso clero sono stati figli di contadini, trattati dalla gerarchia come servi della gleba: non potevano sposarsi, facevano testamento a favore della Chiesa, e non potevano cambiare mestiere.
Accade ancora oggi.

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