LA DISSIDENZA LIBERALE IN RUSSIA
PARIGI, ROMA, LONDRA E BERLINO GUARDANO DA UN'ALTRA PARTE
Quando i carri armati del blocco sovietico soffocarono la Primavera di Praga, nove dissidenti andarono a manifestare sulla Piazza Rossa di Mosca.
Solo pochi intellettuali europei si commossero e riuscirono a salvare quegli eroi solitari dai manicomi dove la polizia politica li aveva rinchiusi.
E tuttavia ventun anni dopo, le cancellerie e gli stati maggiori dell'Occidente scoprivano stupefatti che Solzenicyn, Sakharov, Bukovski e i nove dell'agosto 1968 avevano sconfitto l'impero comunista.
Tutti i Grandi di questo mondo sono vittime della sindrome di Stalin: «Quante divisioni ha il Papa?».
Sfortunatamente i despoti sanno rettificare prima dei democratici i loro errori di calcolo.
I servizi segreti dove Putin ricevette la sua istruzione (per arrivare poi alla guida del Kgb, ribattezzato Fsb), tentarono di liquidare Giovanni Paolo II molto prima che i governi democratici scoprissero quell'immensa passione per la libertà antitotalitaria di cui Wojtyla sarebbe diventato il simbolo.
Oggi, davanti alla nuova dissidenza che manifesta a Mosca, le autorità morali e politiche non battono ciglio.
Parigi, Roma, Londra e Berlino guardano da un'altra parte e fanno i loro calcoli: Putin, il suo petrolio, il suo gas, le sue armi di distruzione di massa e quelle che vende in giro per il mondo, pesano di più di qualche migliaio di manifestanti malmenati, dispersi e arrestati da forze di repressione dieci volte superiori.
Schröder continua a intascare i suoi dividendi alla Gazprom.
Chirac va in pensione senza rimorsi né rimpianti per quella Grande Croce della Légion d'Honneur che appuntò sul petto del numero uno russo.
E Prodi ricorda le sue letture di gioventù e sembra confondere Putin e Puskin.
Anna Politkovskaia è stata assassinata e già dimenticata, assieme a decine di altri giornalisti, vittime di «contratti» che grondano sangue.
Khodorkovsky e Trepaskin sono in cella, in qualche angolo sperduto della Siberia.
Un ceceno morto, su quattro o cinque.
Garry Kasparov, ieri arrestato con una rosa in mano e la Costituzione russa sotto il braccio, domani potrà essere incriminato dai tribunali.
Quante teste dovranno cadere, quante vocazioni dovranno essere spezzate, prima di vedere una reazione da parte degli europei, gli amici dei diritti umani?
Attenzione! Non fate lo sbaglio di credere che si tratti soltanto di idealismo, di morale, di valori.
Non contrapponete ingenuità e realismo, etica della convinzione ed etica della responsabilità .
Da quando risulta «realistico» e «responsabile» lasciar rinascere, alle porte dell'Unione Europea, su un sesto delle terre emerse, una potenza autocratica che sfugge a qualsiasi controllo, tranne quello del padrone del Cremlino, dei suoi servizi speciali, del suo esercito e della sua polizia?
Ci siamo forse dimenticati che la Russia dispone del secondo arsenale nucleare al mondo e di una fantastica leva di ricatto (gas, petrolio)?
Se per mezzo di censura, corruzione, violenza fisica, minacce e omicidi ogni critica viene imbavagliata, ogni opposizione paralizzata, non ci sarà più nessuno a difendere nella società russa la causa della democrazia, del realismo, della responsabilità , della prudenza e del rispetto dell'uomo.
Non avete imparato niente, Grandi d'Europa?
Vi sembra una buona idea lasciar eliminare tutti i contropoteri interni che potrebbero frenare un potere capace, per volontà o per disprezzo, di far saltare in aria il pianeta?
Occorre forse ricordare che, in un discorso all'assemblea federale nell'aprile 2005, Vladimir Putin ha rivelato il suo bilancio della storia:
«Bisogna riconoscere che la caduta dell'Unione Sovietica è stata la più grande catastrofe geopolitica del secolo ».
Nel Ventesimo secolo dunque, per il nostro capo di Stato, non meritano il titolo di «più grande catastrofe » né Hiroshima, né Auschwitz, né le due guerre mondiali o le decine di milioni di morti nei Gulag.
No! È la fine dell'impero sovietico, avvenimento che fu festeggiato da tutte le democrazie del mondo come una liberazione nel 1991.
Occorre forse precisare che la distruzione di Grozny, le centinaia di migliaia di vittime civili in Cecenia e l'annientamento delle sparute libertà d'espressione nella Russia stessa testimoniano dell'unica ossessione del Cremlino: il terror panico davanti a ogni forma di contestazione.
È ora che l'Unione Europea proclami che la passione per la libertà palpita nell'animo europeo sin dall'antica Grecia e che questa passione ha ispirato la sua creazione.
È la passione che ha animato tutte le rivolte antitotalitarie di Berlino (1953), il risveglio della Polonia (1956), l'insurrezione di Budapest (1956) e successivamente quella di Praga e di Varsavia, via via fino alla caduta del Muro di Berlino. E ancora: la rivolta degli studenti di Belgrado contro Milosevic, la rivoluzione delle rose a Tblisi e il dicembre arancione a Kiev. È venuto il momento di spiegare a voce alta e ben chiara che «l'altra Russia» e Kasparov ammontano a ben più di qualche divisione, sono l'anima stessa dell'Europa.
di ANDRÉ GLUCKSMANN dal CORRIERE DELLA SERA del 15/04/07

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