Lo DiCo o non lo DiCo? Convivenze e cittadinanza
di Nicoletta Poidimani
Il recente disegno di legge su diritti e doveri dei conviventi riassunti nella sigla DiCo sta suscitando molto malcontento.
Quella parte del movimento gay e lesbico che da anni lavorava perché anche in Italia venissero approvati i Pacs esprime molta delusione, pur sperando che la discussione in parlamento apporti dei miglioramenti. Intanto il Vaticano e i suoi portavoce della teo-company in parlamento lanciano anatemi e minacciano di far cadere il governo perché non intendono accettare che le relazioni d¹amore gay e lesbiche diventino soggetti di diritto. In sostanza per alcuni i DiCo sarebbero ben poca cosa rispetto alle richieste, mentre per altri sarebbero una rivoluzione che muterà irrimediabilmente la nostra società. Ma a monte emergono alcuni aspetti non trascurabili che vanno ben oltre il riconoscimento delle unioni di fatto.
Innanzitutto l¹omofobia veicolata dalle posizioni della destra e di una parte del
centro-sinistra: se i DiCo riguardassero soltanto le relazioni etero il dibattito
avrebbe ben altri toni, come dimostra il fatto che la coppia gay/lesbica sia
l¹oggetto reale del contendere. In secondo luogo, i DiCo legittimano un concetto
differenziale del diritto e della cittadinanza che avrà non poche conseguenze sulle leggi future.
Fondati su un sistema premi/punizioni, i DiCo sostanzialmente ti danno dei diritti col contagocce e ³se fai il bravo o la brava²: dopo 3 anni acquisisci un diritto, quello di subentrare nel contratto d¹affitto (anche prima, ma se sei una coppia etero con figli); dopo 9 anni il diritto di successione. La reversibilità della pensione, invece, verrà valutata in altra sede e a data da destinarsi. Il permesso di soggiorno per il/la migrante convivente sarà temporaneo, e proprio questo punto porta con sé il fantasma dei finti DiCo stipulati coi cittadini/e non-UE per
regolarizzarli, come se il problema, ancora una volta, non derivasse dalle strettoie della legge Bossi-Fini. Tra l¹altro, sempre nel caso di relazioni con donne o uomini non-UE, le/gli italiani stessi sarebbero penalizzati, perché
un/una cittadino/a francese in regime di Pacs può ricongiungersi, ovunque si trovi,
anche in Italia, con la persona con cui è pacsato/a, indipendentemente dal fatto che questa sia o meno cittadina UE, mentre i DiCo non riconoscono questa opportunità. Quindi, in sintesi, i francesi avranno più diritti degli italiani e, di conseguenza, differenti sarebbero anche i diritti delle/i migranti in relazione con l¹uno o con l¹altro dei cittadini UE.
Inoltre, dato che il permesso di soggiorno per chi è ³dicato² con chi ha la
cittadinanza italiana sarebbe solo temporaneo, come si concilia questa situazione con l¹obbligo, richiesto, di convivenza? Non è dato saperlo.
E qui sorge un ulteriore problema: quando i due soggetti in relazione, pur
essendo entrambi cittadini italiani, per cause di forza maggiore (lavoro o
altro) devono mantenere due residenze separate pur convivendo di fatto?
Niente DiCo!
Insomma, è chiaro che questi DiCo sono ben poca cosa se non la sanzione che le coppie che non intendono o non possono sposarsi, com¹è il caso delle coppie gay e lesbiche, sono coppie di serie B, composte da persone di serie B che per avere dei diritti di serie B devono fornire un¹infinità di garanzie non richieste alle coppie sposate. Un quadro preoccupante, che apre la strada a chissà quali altre differenziazioni e in chissà quali altri ambiti. Un quadro che evidenzia la complessità di implicazioni che questo disegno di legge porta con sé e che segnano la degenerazione del concetto di diritto in Italia. D¹altronde, come si può ragionare quando mancano le condizioni minime di laicità del dibattito?
Si sta invece assistendo ad un inasprimento ulteriore delle posizioni vaticane, soprattutto nei confronti dei cattolici che stanno in parlamento.
Eppure, vale, la pena di ricordarlo, il Vaticano è un altro paese. Cosa
accadrebbe se, con la stessa insistenza del monarca assoluto Ratzinger, fosse invece il presidente spagnolo Zapatero a pronunciarsi quotidianamente sulle leggi italiane? Penso che nessun parlamentare e nessun ministro si sentirebbe in dovere di dare delle spiegazioni o delle rassicurazioni e tutti sarebbero pronti a ricordargli che l¹Italia non è la Spagna. Ma neppure è una provincia del Vaticano!
Nel 2003 il lungimirante Ratzinger, all¹epoca prefetto del Sant¹uffizio, pubblicò le Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali. In questa ³Lettera² affermando che ³Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale² e usando il termine ³anomalia² per riferirsi all¹omosessualità, paventava che il riconoscimento di queste unioni avrebbe non solo minato la pubblica moralità ma addirittura contribuito al ³dilagare del fenomeno stesso². Come se l¹orientamento sessuale dipendesse dalla legge! Davvero curiosa come teoria, soprattutto perché non tiene in alcuna considerazione le migliaia di omosessuali ³velati² che negli scorsi decenni hanno usato il matrimonio proprio come copertura del loro reale
orientamento sessuale, vivendo lacerati tra un¹eterosessualità pubblica diurna e
un¹omosessualità clandestina e notturna.
Pare quasi che le gerarchie cattoliche auspichino il permanere di queste
situazioni ipocrite a fronte della libertà di amare e convivere alla luce del giorno e, soprattutto, senza perdere diritti di cittadinanza in base a chi si ama.
Un po¹ come si vive l¹omosessualità all¹interno della chiesa: lo faccio ma non lo dico che oggi diventa ³lo faccio ma non lo DiCo².
Che la chiesa cattolica avesse affilato le armi da tempo lo dimostra un
capitoletto di questa stessa ³Lettera² dedicato ai ³Comportamenti dei politici cattolici nei confronti di legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali²: poche righe per dire che votare a favore di leggi che vanno in questa direzione sarebbe ³un atto gravemente immorale² e fornire le indicazioni etiche che motiverebbero la giustezza di un atto di discriminazione verso gay, lesbiche e transgender.
Mentre si aspetta che anche la parte illuminata e progressista del mondo cattolico risponda compatta e per le rime a questi diktat, è già cominciato il ciclo di manifestazioni a Roma per dire ³no² alle ingerenze vaticane nella politica italiana. Il 10 febbraio il coordinamento Facciamo Breccia ha, per il secondo anno consecutivo, organizzato il corteo ³NoVat² per l¹autodeterminazione, la laicità e l¹antifascismo, scegliendo significativamente l¹anniversario dei Patti Lateranensi tra Mussolini e Pio XI (11 febbraio 1929), con una piattaforma ricca e complessa in cui comparivano anche l¹abolizione della legge 40 sulla procreazione assistita e
di tutte le leggi ideologiche dettate dal Vaticano, l¹abolizione del Concordato e dell¹ora di religione nelle scuole, per la difesa del principio di autodeterminazione di tutte/i.
Il 10 marzo sono scese in piazza diverse associazioni glbt per chiedere ³Diritti ora!².
Un altro importante appuntamento sarà il 9 giugno a Roma, per il Pride nazionale gay lesbico e trans, e vedremo se finalmente ci sarà da festeggiare almeno una ritrovata laicità o se commemoreremo l¹anniversario della rivolta di Stonewall (New York, 28 giugno 1969) scoprendoci discriminati non più ³solo² per l¹arretratezza della cultura italiana ma anche per legge.
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