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sabato 14 giugno 2025

Da LA RAGIONE 14 Giugno. Distesa di mine

  Droni russi che attendono le vittime e la minaccia che durerà decenni

 di Alla Perdei e Giorgio Provinciali 

 Pryluky –  I russi hanno iniziato a disseminare la regione di Sumy con una moltitudine di droni ‘dormienti’ che le Forze armate ucraine hanno ribattezzato “Zhduna”. 

Si tratta di dispositivi esplosivi delle dimensioni di colpi d’artiglieria allacciati a un piccolo quadricottero alimentato da una o due batterie grandi quanto quelle delle moto, che a sua volta poggia su staffe artigianali realizzate in modo da massimizzare la superficie d’appoggio di quei congegni. Una volta atterrati, gli “Zhduna” possono rimanere in stato di idle anche per lunghi periodi finché uno o più rilevatori di prossimità posti alle loro sommità non registrano un movimento. A quel punto quei droni si ‘svegliano’ ed entrano in modalità predatoria usando telecamere ad alta definizione, microfoni e tutta la sensoristica di cui sono dotati per ingaggiare scontri mortali con gli esseri umani, anche qualora essi siano a bordo di veicoli o biciclette.

 Similmente a quanto descrivemmo riguardo ad altri Uav russi progettati allo stesso scopo, che anziché poggiare a terra fluttuano a diverse decine di metri da terra, anche questi dispositivi sono in grado d’interfacciarsi fra loro organizzando autonomamente azioni coordinate per fuorviare le proprie prede, rendendo praticamente impossibile la fuga. L’elevatissima rapidità di movimento di questi apparecchi (che sono in grado di schizzare da zero a duecento chilometri orari in appena un secondo) e quella di calcolo dei loro processori (che sfruttano reti neurali addestrate a riconoscere umani ed eventuali autoveicoli da essi impiegati) rendono a dir poco impari quegli scontri. 

Se a questo aggiungiamo che buona parte dei campi dell’oblast’ di Sumy sono stati minati prima dagli ucraini, poi dai russi che l’occuparono nel 2022 puntando a Kyiv e poi ancora dagli ucraini per difenderla, è facile comprendere quanto la vita da queste parti sia estremamente difficile. Per queste ragioni non di rado c’è capitato di vedere mietitrebbiatrici saltare in aria nel periodo della raccolta del grano o agricoltori finire mutilati durante la semina. Per quanto essi dispongano di mappe che l’esercito ucraino gli consegna periodicamente affinché possano evitare l’eventualità di finire su un ordigno esplosivo da loro piazzato, la probabilità che s’imbattano in uno russo sono oggi ancor più elevate, ora che gli occupanti ne stanno facendo piovere centinaia dal cielo. 

Com’è ormai tristemente noto, con oltre 174mila km2 contaminati da esplosivi di vario genere, di fatto l’Ucraina è oggi il campo minato più grande al mondo. 

Già prima che i russi l’infestassero coi droni descritti in quest’articolo, l’Ukrainian Association of Humanitarian Demining aveva stimato che bonificarne i territori richiederà oltre trent’anni. Nel corso d’un interessante scambio a distanza d’esperienze di vita vissuta col reduce della guerra americana nel Vietnam Raymond Hathaway, questi ci ha confidato che, rispetto a quelle attuali in Ucraina, le già orribili minacce che s’è trovato ad affrontare in gioventù sembrano essere molto meno temibili. Il distretto di Krasnopillia è oggi quello maggiormente contaminato dai droni “Zhduna” ma varianti più sofisticate – come quelle descritte nei nostri precedenti dispacci dal fronte – stanno iniziando a comparire lungo strade, sentieri e negli orti dei contadini dei villaggi a Sud di Pysarivka. Con l’incedere degli occupanti verso Sumy, è sempre più probabile che presto anche quel capoluogo diventi inabitabile almeno quanto lo è già Kherson. 

domenica 1 giugno 2025

dicembre 2023"Nei miei incubi rivivo le urla di quella donna" Le testimonianze degli stupri nei kibbutz.

  · Le violenze sessuali di Hamas

TEL AVIV - Le prime testimonianze dettagliate sulle violenze sessuali di massa perpetrate dai miliziani di Hamas il 7 ottobre arrivano da una corrispondenza firmata da Christina Lamb sul Sunday Times di Londra. 

Lamb, giornalista specializza ta in questioni femminili, ha raccolto le testimonianze di chi è uscito vivo dal rave di Reim a Sitria, nei pressi di Tel Aviv, in un luogo allestito specificamente per loro.

Il primo a parlare è Yoni Saadon, 39 anni, sopravvissuto nascondendosi sotto un palco e, soprattutto, sotto il corpo di una ragazza uccisa con un colpo alla testa: «Ho tirato il suo corpo verso di me e ho sparso il suo sangue su di me in modo da sembrare morto anche io. Mi sveglio ogni notte e vorrei dirle che mi dispiace."

 Da li, l'uomo ha assistito all'orrore: "Ho visto questa ragazza con il viso da angelo e otto o dieci uomini che la picchiavano e la violentavano. Lei urlava "uccidetemi e basta": loro ridevano e uno alla fine le ha sparato in testa. Continuavo a pensare che avrebbe potuto essere mia sorella o una delle mie figlie,  Ma non era finita." 

Saadon ha visto anche altri due combattenti che avevano preso una ragazza: "Lei lottava, non voleva essere spogliata. L'hanno buttata per terra e uno ha preso una pala e l'ha decapitata. La sua testa è rotolata per terra. Nei miei incubi vedo anche quella."

Ad assistere Saadon e gli altri sopravvissuti c'è fra gli altri Bar Yu- val-Shani, 58 anni, che il 7 ottobre ha perso sua sorella Deborah e il cognato, Shlomi Matias, entrambi musicisti e attivisti per la pace, uccisi nel kibbutz Holita Lamb ha raccontato che più di un sopravvissuto ha condiviso con gli assistenti lo shock di aver assistito a stupri.

A guardare le cose a posteriori, che il 7 ottobre fossero state commesse violenze sessuali è stato chiaro dall'inizio: lo mostravano le foto e i video che quasi in diretta arrivavano dalle zone attaccate.

 Cadaveri di ragazze seminude con le gambe aperte, una giovane fatta scendere a forza dal retro di un pick up a Gaza con le mani legate dietro la schiena, i piedi nudi, le braccia ferite e una ampia chiazza di sangue sul retro dei pantaloni. Ma in un Paese che per giorni ha faticato a mettere a fuoco la reale entità dell'attacco, tutto ciò si è confuso insieme al resto degli orrori. 

Poi sono arrivate le testimonianze degli uomini della Zaka (l'organizzazione ultraortodossa che ha raccolto i corpi delle vittime) e dell'esercito e infine dei sopravvissuti. E che non si trattasse di casi isolati ha iniziato a diventare chiaro.

Cercando di colmare il ritardo dei primi giorni che ha portato a conseguenze importanti: sui corpi non sono state fatte analisi specifiche per recuperare le prove delle violenze da qualche settimana la polizia israeliana ha aperto l'indagine più grande mai avviata sui crimini contro le donne. Ora ci è chiaro che i crimini sessuali facevano parte della pianificazione e che lo scopo era quello di terrorizzare e umiliare le persone, ha detto qualche giorno fa alla stampa Shelly Harush, comandante della polizia che guida le indagini. Il suo team ha raccolto migliaia di dichiarazioni, fotografie e videoclip: comprese quelle di ragazze con il bacino rotto, tanto erano state violentate». Harush nei giorni scorsi ha parlato in Parlamento.

 In un video diffuso dalla televisione parlamentare díce: Uno dei testimoni, sopravvissuto al Festival di Re'im ha raccontato nella sua deposizione: "Era un ammasso di corpi, ragazze senza vestiti. Donne con i bacini frantumati, gambe a spaccata, per quanto erano state stuprate"

Un altro testimone: "Donne con i jeans allentati fino alle caviglie". (...) C'erano spari ovunque, in particolare sui genitali degli uomini. Ho visto molti seni e molti genitali maschili asportati"»

Un supporto importante al team della polizia è arrivato dalla commissione civile sui crimini di Hamas contro le donne il 7 ottobre guidata da Kokhav Elkayam-Levy, un'esperta di diritto internazionale, che prima ancora delle forze dell'ordine ha iniziato a creare un archivio. Anche lei e il suo team hanno riferito sul loro lavoro in Parlamento.

"La denuncia degli stupri del 7 ottobre non ha suscitato le reazioni che chi ha lavorato per mettere insieme le prove si sarebbe aspettato.

 Come femministe, come specialiste, siamo rimaste scandalizzate dal silenzio della comunità internazionale", ci dice Inbal Berner, terapista specializzata in violenza di genere. 

In realtà pochi giorni fa le agenzie delle Nazioni Unite hanno emesso un comunicato di condanna sulle violenze contro le donne avvenute il 7 ottobre.

 Ma per le israeliane è troppo poco. 

Ed è arrivato troppo tardi: solo dopo che la presentazione del materiale raccolto in Parlamento. E solo dopo che i giornali di tutto il mondo hanno sollevato la questione.

da un post di Vito Laruccia del 5 dicembre 2023



giovedì 8 maggio 2025

Un nuovo diritto conquistato grazie anche a me. Ma nessuno ne parla.

 Diffondo questo messaggio, visto che media e social istituzionali non lo fanno.

Continuiamo a lottare per ottenere pari opportunità per tutti, a 360 gradi e oltre !

AMg

Ciao Alba,

Grazie al tuo sostegno, da gennaio in Italia esiste un diritto rivoluzionario: le persone con gravi disabilità possono finalmente presentare liste elettorali con firma digitale .

È una vittoria storica nata dalla sentenza della Corte Costituzionale ottenuta con il ricorso di Carlo Gentili, fratello di Marco – co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni. A Carlo era stato negato di firmare per la lista "Referendum e Democrazia" alle regionali del Lazio 2023.

Questa sentenza ha cancellato norme vecchie di mezzo secolo, avviando una vera transizione digitale dei diritti civili e politici .

Ma c'è un problema serio: a pochi mesi dalle amministrative, questo diritto resta invisibile. Zero informazioni sui siti istituzionali. Nessuna comunicazione per chi potrebbe finalmente esercitarlo.

È inaccettabile. Ed è per questo che ci rivolgiamo a te.

Vogliamo monitorare insieme se e come il governo ei comuni garantiranno il diritto di conoscere questo nuovo diritto .

Un primo passo è stato compiuto: poco prima di Pasqua, grazie alla vicepresidente del Senato Mariolina Castellone, il governo ha approvato un nostro ordine del giorno che lo impegna a informare adeguatamente i cittadini , anche attraverso siti istituzionali e canali Rai. Ora dobbiamo assicurarci che questi impegni diventino realtà.

Nel frattempo stiamo lavorando per estendere questo diritto a tutti:

  • Attivando la piattaforma pubblica per la firma digitale delle liste elettorali, come già avviene per referendum e leggi di iniziativa popolare

  • Promuovendo la lista "Referendum e Democrazia" nei prossimi appuntamenti elettorali, per spingere le istituzioni ad applicare – e allargare – il diritto conquistato

Possiamo contare ancora sul tuo sostegno?

In autunno si voterà in Campania, Marche, Toscana, Puglia, Veneto e Valle d'Aosta. Potremmo lanciare liste civiche con un obiettivo politico chiaro: estendere la possibilità di firmare e candidarsi digitalmente a tutti i cittadini .

Nei prossimi giorni condivideremo i costi di questa battaglia – finora sostenuto anche grazie al tuo aiuto. Oltre alle spese legali dal 2022, alcune regioni ci chiedono di pagare penalità. Li chiamiamo "i costi della non-democrazia" . Ma non ci fermeranno.

E presto,

Marco Perduca

Associazione Luca Coscioni

giovedì 17 aprile 2025

L'annientamento dei legami familiari. L'imminente distruzione dell'umanità. Il massacro del 7 ottobre


Screenshot a scopo didattico di Nancy Hartfelt Kobrin, Ph.D. 


Nel rapporto della Commissione civile sui crimini del 7 ottobre commessi da Hamas contro donne e bambini, intitolato "Un crimine senza nome per vittime senza voce", il dott. Cochav Elkayam-Levy ha introdotto il termine "kinocidio" nel lessico, una forma specifica e urgente di genocidio che prende di mira le famiglie per l'annientamento totale. Questo termine deve ancora essere formalizzato nel diritto internazionale. Ma nominare tali atti è essenziale: il linguaggio fornisce chiarezza e struttura a una brutalità altrimenti indicibile. 

Il "kinocidio" si riferisce alla distruzione sistematica dei legami familiari attraverso l'omicidio di intere famiglie, con l'obiettivo di cancellare non solo vite, ma anche lignaggi, connessioni e l'idea stessa di casa. Il termine "kinocidio" è una parola composita: parentela + -cidio, che significa l'omicidio dell'intera famiglia.


Comprenderne l'etimologia ci aiuta a cogliere il profondo peso del termine. Secondo l'Online Etymology Dictionary, "kin" risale all'inglese antico cynn, che significa famiglia, razza, tribù o natura. Deriva dal proto-germanico kunja- e dalla radice proto-indoeuropea gene-, che significa "dare alla luce" – una radice condivisa con parole come genus e generation. 

Pertanto, "kin" è fondamentalmente legato alla nascita, alla madre, alla discendenza e al legame umano della procreazione. Questa storia linguistica è importante. 

Collega il kinocidio direttamente a kind e child, sottolineandone l'orrore: l'uccisione mirata di genitori davanti ai figli e di figli davanti ai genitori. Il trauma è sia fisico che psicologico. Gli atti spesso includono stupro, abusi sessuali e mutilazioni – una recisione intenzionale dell'umanità alle sue radici.



Cosa ci ha rivelato Hamas il 7 ottobre 2023, quando ha attaccato famiglie israeliane – genitori, figli, nonni, generazioni – nelle loro case? Quale messaggio inespresso si cela dietro il massacro di interi nuclei familiari?  C'è un elefante nella stanza: le pulsioni inconsce dietro una violenza così nichilista. Perché esplorare l'inconscio di questi attori? 

La risposta è semplice: non è per loro, ma per noi. Non si tratta di provare empatia per i colpevoli. Mancano di empatia; non è mai stata coltivata nella loro psiche. Perché? Perché le psicodinamiche della loro cultura basata su vergogna e onore, sposata all'Islam radicale, l'hanno cancellata. 

Morte e distruzione sono tutto ciò che conoscono. La rabbia che esprimono supera l'omicidio: si manifesta in mutilazioni, profanazioni, vergogna e umiliazione.

https://www.ilsole24ore.com/art/hamas-attacca-israele-tutti-video-AFjAdm9?refresh_ce=1

In questo attacco tattico e simbolico contro gli ebrei che vivono vicino a Gaza, Hamas e altri gruppi islamisti, compresi i civili che si sono uniti ai saccheggi e alle mutilazioni, non solo hanno assassinato ebrei, ma anche non ebrei che vivevano e lavoravano tra loro, come i braccianti agricoli thailandesi. Le loro azioni rivelano, forse più di ogni altra cosa, lo stato patologico delle loro stesse vite familiari. In parole povere:  odiano le loro famiglie. Proiettano questo odio all'esterno. La rabbia che non riescono ad affrontare internamente viene inflitta sugli altri. 

È terrificante confrontarsi con questa realtà, e forse è per questo che il concetto di kinocidio è rimasto indiscusso fino ad ora. 

Il kinocidio è la forma più elementare di genocidio. Perché? Perché distrugge la struttura umana fondamentale: la famiglia. 

Nel documento legale fondamentale della Commissione, che usa la parola "legame" trenta volte in ottanta pagine, ciò che rimane inespresso è questo: Hamas usa la violenza come forma di legame. Si attacca a noi attraverso il terrore. Uccidendoci, tenta di fondersi con noi.


Prendo a prestito qui il concetto di "fusione della morte", coniato dallo psicoanalista americano S. Orgel nell'analisi del suicidio di Sylvia Plath. Quando mi sono imbattuto in questo termine durante le mie ricerche sul terrorismo suicida islamico, l'ho visto come la spiegazione perfetta dell'11 settembre. Gli attentatori suicidi si fondono con le loro vittime, annientando sia se stessi che l'altro in un legame psicopatico e parassitario. cfr. il mio libro "La banalità del terrorismo suicida: la nuda verità degli attentati suicidi islamici", Potomac, 2010.

La psicologia moderna parla spesso di stili di attaccamento: sicuro, evitante, disorganizzato. Ma l'attaccamento implica sempre un legame. In questi attacchi, Hamas si fonde violentemente con le sue vittime, esprimendo una fantasia inconscia di uccidere la madre. Sono legate psicoticamente a un oggetto materno, pieno di vergogna, umiliazione e violenza, che devono annientare. Con il pretesto della politica, infliggono questa ferita psichica agli altri.


Gli studi dimostrano che fino al 95% dei pensieri e il 94% del comportamento non verbale sono inconsci. Le azioni di Hamas gridano un profondo odio per se stessi e per la famiglia.

 Eppure, nel discorso politico edulcorato di oggi, tali verità sono tabù. Eppure, dobbiamo dirle. 

I legami violenti rivelano una bancarotta culturale.

 Non si può riparare Gaza con i soldi. Nessun progetto infrastrutturale può affrontare bisogni psicologici insoddisfatti così profondi. La rabbia che supera l'omicidio non può essere placata dagli aiuti materiali. La società inizia con la famiglia.

Come disse lo psicoanalista D.W. Winnicott, "La casa è dove iniziamo".

 Per Hamas, la casa è dove inizia l'annientamento.

 I loro legami familiari non sono solo spezzati, sono cancellati. Nulla migliorerà finché non lo capiremo noi, non loro.

 Il kinocidio deve essere riconosciuto non solo come un termine legale di recente coniazione, ma come l'espressione più chiara del collasso psicotico che minaccia l'intera umanità. 

Noi ebrei siamo solo il canarino nella miniera di carbone.

 Ciò che inizia con noi non finirà con noi. Il kinocidio non è solo un crimine di guerra contro un popolo, è un crimine contro i legami che ci rendono umani. Non riconoscerlo significa deludere la vita stessa.