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lunedì 27 ottobre 2025

«L’ex ostaggio Tal Shoham racconta Hamas e i gazawi»




 
27.10.2025L’ex ostaggio Tal Shoham racconta Hamas e i gazawi
Articolo di Shira Navon

Testata: israele.net
Data: 27 ottobre 2025

Autore: Setteottobre


Per cinquecento giorni prigioniero di Hamas, Tal Shoham ha raccontato una Gaza dove il confine tra civili e terroristi è svanito: insegnanti, medici e professori diventati carcerieri per paura o potere. Hamas recluta attraverso la miseria, razzia gli aiuti umanitari e impone silenzio e complicità. Shoham descrive una società infettata da un’ideologia che ha disumanizzato il nemico

Scrive Shira Navon: Il male travestito da normalità. Per cinquecento giorni Tal Shoham ha vissuto sotto terra, prigioniero di Hamas. Quando è tornato alla luce, ha raccontato qualcosa che ancora oggi molti non vogliono vedere: i suoi carcerieri non erano tutti uomini in uniforme o fanatici armati. Tra loro c’erano insegnanti, medici, professori universitari. Persone che, nella vita civile, curavano, educavano, parlavano di conoscenza e futuro. Poi avevano scelto di servire l’odio.

Shoham, liberato a febbraio, ha descritto ai giornalisti un mondo rovesciato: “Uno dei miei guardiani insegnava in una scuola elementare, un altro era un docente universitario, un altro ancora un medico. Gente normale diventata terrorista.” Non per fede, ha aggiunto, ma per potere, paura, appartenenza. L’islam radicale come coperta ideologica, ma sotto un’altra realtà: l’obbedienza cieca, la corruzione, la sete di dominio.

Il racconto mette a nudo un dato che gli analisti militari e le agenzie umanitarie confermano da mesi: Hamas ha progressivamente reclutato civili, offrendo cibo, denaro e protezione in cambio di fedeltà. In una Gaza distrutta, la miseria è diventata arma di arruolamento. I capi restano nei bunker, mentre il popolo, privato di alternative, viene spinto a fare da scudo o da carnefice.

Shoham ha visto tutto: i carichi di aiuti umanitari razziati dai miliziani, le scatole di cibo e medicine provenienti da Egitto, Turchia, Emirati portate via come bottino di guerra. “Ne celebravano la conquista, ma a noi prigionieri non davano nulla,” ha raccontato. In quei tunnel, l’unico gesto umano che ricorda è un biglietto della moglie, fatto passare di nascosto da uno dei guardiani.

E sopra quei tunnel, in superficie, nessuno parlava. Nessun gazawi ha mai tentato di aiutare gli ostaggi israeliani, che spesso erano nascosti nelle case comuni, accanto ai letti dei bambini o nei sotterranei degli ospedali. Il terrore non lo impone solo chi spara: lo perpetua anche chi tace, chi finge di non sapere.

La catena di comando, ha detto Shoham, era confusa, intermittente. C’erano fanatici e opportunisti, crudeltà e gesti improvvisi di pietà, ma sempre dentro lo stesso recinto morale: l’idea che il nemico non fosse umano.

Un giorno ha visto un palestinese accusato di “comportamento sospetto”: gli hanno sparato alle ginocchia per poi finirlo davanti ai soccorritori.

Così appare oggi la società di Gaza, vista dagli occhi di chi vi è stato sepolto vivo: non una massa di innocenti ostaggi di Hamas, ma un corpo infettato da un’ideologia che ha dissolto il confine tra civile e terrorista. “Hamas non è solo un esercito – ha detto Shoham – È un’idea che ha infettato una generazione.”

(Da: Setteottobre magazine, 18.10.25)

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venerdì 26 settembre 2025

Hamas E' o NON è, per la nostra struttura giuridica, considerata un'organizzazione terrorista?

 Grazie all'Amico Vittorio Tozzini che, ieri sera, mi ha fatto ricordare che possiedo ancora una Laurea in Giurisprudenza (nello specifico in Diritto Penale Militare) e che, anche se da tempo non apro più un libro per farne un utilizzo specifico, a causa di una guerra in corso (lo so perdonatemi), l'accensione dell'interruttore "on" mi ha fatto risvegliare da un sonno millenario.

La quaestio è:
Hamas E' o NON è, per la nostra struttura giuridica, considerata un'organizzazione terrorista? 

Se è vero, come ha pubblicato sul "Il Tempo", il direttore Cerno (mirabile esempio di giornalista che passa dal dirigere testate di estrema sinistra a quella di destra, destreggiandosi meglio di Valentina Nappi in una gangbang) che la base di finanziamento, organizzazione logistica e reclutamento della Scemud Flotilla è riconducibile a soggetto affiliato DIRETTAMENTE ad Hamas,
Allora......
allora esiste l'Art.270 bis del Codice Penale, applicabile e perseguibile peraltro d'ufficio, che cita:

"Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni.

Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego"

Nel dispositivo, inoltre, al pari dell'art. 270, vengono considerate diverse condotte, suddivise in ruoli di cosiddetto rango superiore come quelle di costituzione, organizzazione, direzione, punite per questo più severamente, e il ruolo di semplice partecipe, che configura un'autonoma ipotesi di reato. Tra queste, dal 2001, rientra anche la condotta di "finanziamento", che principalmente si rifà a fenomeni di terrorismo internazionale. Tutte queste devono essere poste in essere da un'associazione il cui scopo è quello di porre in essere un preciso programma di violenza con fini di versione dell'ordine democratico o di terrorismo.

Similmente a quanto previsto dall'art. 270, trattasi di reato di pericolo, per la cui configurabilità occorre, l'esistenza di una struttura organizzata, anche elementare, che presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l'attuazione del progetto criminoso e tale da giustificare la valutazione di pericolosità.

Per contro, non è indispensabile che il programma di violenza con finalità di terrorismo sia effettivamente realizzato o che qualcuno degli affiliati abbia dato inizio all'esecuzione.

Il delitto si consuma, quindi, in due ipotesi:

- da un lato, la promozione, costituzione, organizzazione, direzione e finanziamento dell'associazione. Il finanziamento, introdotto dal legislatore nel 2001, deve essere finalizzato al consolidamento ed al mantenimento dell'associazione e non dei singoli consociati, e l'apporto economico deve comunque avere un minimo di consistenza, tale da sostenere l'attività terroristica o la progettazione di attacchi terroristici;
- dall'altro lato, la mera partecipazione, consistente in qualsiasi attività in favore dell'associazione.



Molto interessante come si espresse la Suprema Corte nel 2005:


Cass. pen. n. 35427/2005

L'art. 270 bis, comma terzo, c.p., introdotto con la legge 18 ottobre 2001 n. 374, ha esteso la tutela penale anche agli atti di violenza rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, senza individuare quando un atto di violenza deve ritenersi eseguito per finalità di terrorismo e pertanto tale nozione deve essere ricavata dai principi di diritto interno e internazionale. In particolare, tra le fonti internazionali deve individuarsi la Decisione quadro del consiglio dell'Unione europea pubblicata sulla G.U. della Comunità Europea 22 giugno 2002 n. 164, che individua come compiuti «per finalità di terrorismo» gli atti «diretti a intimidire gravemente la popolazione o costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare, distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese» e come «reati terroristici» quelli che costituiscono attentati alla vita e alla integrità fisica, sequestri di persona, danneggiamenti di vasta portata di strutture governative, di sistemi di trasporto, di infrastrutture, di sistemi informatici, dirottamenti aerei e navali, fabbricazione, detenzione e acquisto di armi convenzionali, atomiche, chimiche e biologiche. (sentenza emessa prima della introduzione dell'art. 270 sexies c.p., inserito dall'art. 15 D.L. 27 luglio 2005 n. 144, convertito in legge 31 luglio 2005 n. 155).

I ProPal che dicono?

L'Avv.Albanese che dice?
Accetto consigli e interpretazioni opposte, in fondo siamo in democrazia qui, mica in Qatar.


Roberto Casalone

martedì 9 settembre 2025

1.124.513 firme verificate Consegnate in Commissione europea: l’Italia protagonista di My Voice My Choice



Lunedì è stata una giornata incredibile: ho avuto l’onore e la responsabilità – quella bella, che ti fa sentire parte di qualcosa di davvero grande – di rappresentare l’Italia a Bruxelles, nel giorno in cui abbiamo consegnato ufficialmente alla Commissione europea 1.124.513 firme verificate a sostegno dell’Iniziativa dei Cittadini Europei My Voice My Choice. L’Italia ha dato un contributo decisivo a questo risultato storico, con 161.254 firme verificate, fondamentali per il successo dell’iniziativa a livello europeo.

È stata un’esperienza intensa e indimenticabile, con una manifestazione davanti al Parlamento e alla Commissione, seguita da una conferenza stampa internazionale e il mio intervento che puoi rivedere cliccando sul video qui sotto:

Un vortice di emozioni mi ha accompagnata: entusiasmo, orgoglio e la consapevolezza di portare con me non solo dei numeri, ma il valore di ogni firma raccolta, di ogni ora trascorsa ai tavoli, di ogni gesto di attivisti e volontari, e di una rete senza precedenti che ha reso possibile tutto questo. 

Nel corso della conferenza stampa è stato ricordato un impegno espresso già nel 2019 dalla Presidente Ursula von der Leyen: “Il compito della Commissione europea in questo ambito è fornire pieno sostegno agli sforzi degli Stati membri per l’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, rilevanti per la salute delle donne, l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva, alla pianificazione familiare e all’educazione.”


Parole importanti, che oggi – grazie ad oltre un milione di firme raccolte – chiediamo diventino finalmente azioni concrete

Da oggi si apre una fase cruciale che nei prossimi mesi vedrà tre appuntamenti fondamentali:

  • Ottobre 2025 – Audizioni presso la Commissione europea
    Sarà il primo momento ufficiale di confronto con i Commissari europei. Lì presenteremo nel dettaglio la nostra proposta.

  • Dicembre 2025 – Hearings al Parlamento europeo
    L’iniziativa sarà discussa in un’audizione pubblica con eurodeputati e gruppi politici. Sarà un’occasione fondamentale per mettere il tema dei diritti riproduttivi al centro dell’agenda politica europea e raccogliere sostegno trasversale.

  • Entro marzo 2026 – Risposta ufficiale della Commissione europea
    La Commissione dovrà poi esprimersi formalmente sull’iniziativa, fornendo una risposta motivata: accettare o meno la proposta e, in caso positivo, avviare l’iter legislativo. Sarà il momento della verità, quello in cui capiremo se le oltre un milione di voci raccolte saranno ascoltate con serietà e responsabilità.

Alba, per la prima volta, il diritto all’aborto sarà discusso con una proposta legislativa concreta dei cittadini e delle cittadine all’interno delle istituzioni europee e come Associazione Luca Coscioni faremo tutto il possibile perchè la politica - italiana ed europea - ascolti davvero la volontà e le voci di oltre 1 milione di persone.

Non possiamo fermarci adesso. Dobbiamo mantenere viva l’attenzione, continuare a mobilitarci e portare ovunque questa voce che viene dal basso, dall’Europa reale, dalle persone.

Abbiamo scritto insieme una pagina di storia. Ma questa storia continua, e ha bisogno di te e di tutte e tutti noi per andare avanti.

Con orgoglio e gratitudine,

Alice Spaccini
Coordinatrice mobilitazione italiana – My Voice My Choice




lunedì 25 agosto 2025

Abolire L'ONU?

Dal FOGLIO del 23/08/2025, a pagina III, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Il palazzo da chiudere".


Giulio Meotti


L'ONU costa tanto, non risolve alcuna crisi ed è bravo solo a punire Israele, in ogni occasione. Invece che rinnovare i loro lauti finanziamenti, i governi membri dovrebbero chiederne la chiusura: non solo della sua sede a New York, ma proprio dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Dai rossi italiani ai vini di Samarcanda: per trovarli sulla stessa carta si può riservare un tavolo alla Delegates Dining Room delle Nazioni Unite. E’ uno dei migliori ristoranti di New York. Da lì si può anche godere della vista sull’East River e sul Queens. Ma entro la fine del 2026, i dipendenti di tre agenzie dell’Onu, UN Women, Unicef e il Fondo per la popolazione (Unfpa) trasferiranno la loro sede centrale da New York a Nairobi, dovendosi accontentare della cucina keniota. Ma visto che il cosiddetto “personale professionale” dell’Onu, che si sposta in tutto il mondo, guadagna uno stipendio base che va dai 46 mila dollari all’anno per un esperto alle prime armi ai 205 mila dollari per un dirigente, saranno più che sufficienti per costruirsi una dolce vita anche nelle capitali africane pronte ad accogliere le agenzie. Un afflusso di lavoratori ben pagati dell’Onu fornisce, infatti, una spinta economica per qualsiasi città.

Quando le Nazioni Unite furono istituite nel 1945, le città americane gareggiarono per ospitarne la sede centrale. Da allora, città come Copenaghen e Ginevra hanno conquistato varie agenzie delle Nazioni Unite con nuovi edifici scintillanti e incentivi fiscali. I calcoli dell’ufficio del sindaco di New York suggeriscono che l’Onu aggiunge 3,7 miliardi di dollari al reddito annuo della città, scrive l’Economist. L’Onu, le sue agenzie e affiliate rappresentano insieme il 22esimo datore di lavoro di New York, con 10.900 dipendenti.

Ora il Palazzo di vetro sta finendo in bancarotta. I primi segni della crisi si videro cinque anni fa, quando le scale mobili erano state disattivate per un po’ presso la sede centrale di New York per risparmiare denaro. E tagli mai visti prima saranno presentati come una opportunità per “decolonizzare” l’Onu.

L’Unaids, l’agenzia per la lotta all’Aids, sta tagliando il personale della sua sede centrale di Ginevra di oltre l’85 per cento, passando da 127 a soli 19 dipendenti, nell’ambito di una radicale ristrutturazione che durerà un anno. Anche l’Oms prevede di ridurre le posizioni di medio livello del 40 per cento, e i tagli potrebbero raggiungere il 40 per cento anche presso la sede centrale a Ginevra, da poco ristrutturata e che conta oltre 2.600 dipendenti. Alcuni dipendenti e dipartimenti verrebbero trasferiti in altre città meno costose. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, prevede di trasferire 120 dei 900 posti di lavoro con sede a Ginevra in centri meno costosi. L’Agenzia per il commercio e lo sviluppo prevede di tagliare 70 posizioni, pari al venti percento della sua forza lavoro. Si prevede che i nuovi tagli all’Organizzazione internazionale per le migrazioni avranno un impatto su almeno il venti per cento degli oltre mille dipendenti della sede centrale. L’Alto Commissariato per i rifugiati ha dichiarato di ridurre i costi del 30 per cento e dimezzare le posizioni dirigenziali. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, l’Unicef, prevede che i suoi finanziamenti saranno ridotti di almeno un quinto nel 2025 rispetto al 2024. Anche l’Ufficio per il coordinamento degli Affari umanitari, noto come Ocha, ha annunciato di tagliare di un quinto il suo personale di 2.600 persone. Secondo una nota interna visionata da Reuters, il Segretariato delle Nazioni Unite si sta preparando a tagliare del venti per cento il suo bilancio di 3,7 miliardi di dollari e a tagliare 6.900 posti di lavoro su 33 mila persone. Cosa sia l’Onu lo spiega Jean-Pierre Lehmann, professore di Economia politica internazionale a Losanna: “Oggi serve come una miniera d’oro per un sistema occupazionale gonfio”. E’ la più grande burocrazia del mondo.

La credibilità delle Nazioni Unite non è mai stata così a terra: accusate di complicità con Hamas nella guerra di Gaza scoppiata il 7 ottobre 2023, inesistenti sul fronte ucraino, malate di sclerosi amministrativa e scandali. L’Onu festeggia un tristissimo ottantesimo anniversario. E se sparare contro le Nazioni Unite è stato quasi come sparare sulla Croce Rossa, il “ricorso all’Onu” è diventato l’alibi dei Brics che vogliono fare la pelle all’occidente e del pacifismo ad oltranza. In medio oriente, dal 2011, una serie di inviati delle Nazioni Unite – tre in Yemen, quattro in Siria e sei in Libia – ha cercato di risolvere le guerre civili, senza alcun successo. Se consideriamo i fallimenti (Srebrenica, Ruanda, abusi sessuali in Congo, colera a Haiti, “oil for food” in Iraq e altri) e i successi, la bilancia pende a dir poco verso i primi. Non c’è agenzia che non si sia compromessa con qualche dittatura. Molte svolgono un buon lavoro (Fao), altre sono inutili (Unido), altre dannose (Unrwa). E al vertice, l’Onu riflette ancora il mondo del 1945.

In un anno gli Stati Uniti hanno contribuito con oltre 18 miliardi di dollari, pari a un terzo dei finanziamenti totali delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno fornito al sistema delle Nazioni Unite più finanziamenti di quelli di altri 185 stati membri messi insieme. Con Donald Trump, la musica si è fermata e ora l’Onu deve tagliare. La strategia del segretario generale, Antonio Guterres, di scommettere sul “sud globale” si sta rivelando più complicata del previsto (il sud globale non finanzia il Palazzo di vetro).

Eppure, il bilancio ordinario del Segretariato delle Nazioni Unite è aumentato in maniera mostruosa negli ultimi anni: 3,59 miliardi di dollari approvati per il 2024, 3,72 miliardi di dollari approvati per il 2025, quando storicamente, dalla fine degli anni 90 al 2010-2011, il bilancio biennale ordinario è cresciuto da 2,49 miliardi di dollari a 5,42 miliardi di dollari, con un aumento del 117 per cento. Tra il 2000-2001 e il 2010-2011, il bilancio è aumentato da 2,4 miliardi di dollari a 4,2 miliardi di dollari, con un aumento del 75 per cento. Ora è arrivato il momento dell’austerity.

Guterres, il cui stipendio è di 418,348 dollari all’anno (più alto di quello del presidente degli Stati Uniti), ha appena informato che l’anno scorso all’Onu si sono svolte 27 mila riunioni che hanno coinvolto 240 organismi, e che il Segretariato delle Nazioni Unite ha prodotto 1.100 rapporti, con un aumento del venti per cento dal 1990. “L’enorme numero di riunioni e report sta spingendo il sistema – e tutti noi – al punto di rottura”, ha affermato Guterres. “Molti di questi report non sono letti da nessuno”.

Alcuni membri pagano le loro fatture in ritardo e altri non lo fanno affatto. L’Onu riscuote le quote obbligatorie nell’anno in cui intende spenderle. Per questo motivo, i membri dovrebbero versare le loro quote a gennaio in modo che l’Onu possa pagare il personale e i fornitori. Ma i paesi pagano le quote obbligatorie sempre più tardi. Poi ci sono i free-rider. Quest’anno solo 49 paesi hanno pagato puntualmente, costringendo l’Onu a ridurre le spese e a rinviare i pagamenti. Nel dicembre 2024, le Nazioni Unite avevano chiesto 44 miliardi di dollari. Dopo sei mesi, i donatori avevano erogato appena un ottavo della somma richiesta. Così l’Onu ha ora rivisto le priorità e chiesto una cifra inferiore, pari a 29 miliardi di dollari. Questa estate l’aria condizionata è stata impostata a 26 gradi a Ginevra.

Secondo una delle opzioni, gli aspetti operativi del Programma alimentare mondiale, dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (che prevede di tagliare 3.500 posti di lavoro) verrebbero fusi in un’unica entità umanitaria. Si suggerisce di fondere l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids nell’Oms e di ridurre la necessità di un massimo di sei traduttori alle riunioni. Cinque anni fa uno scandalo sessuale si era abbattuto su Unaids, dopo che Martina Broström, dipendente dell’agenzia Onu, aveva rivelato di avere subito per più di un anno molestie da parte di Luiz Loures, vicedirettore esecutivo della stessa istituzione ginevrina.

Secondo l’Associated Press, l’Oms ha speso 59 milioni di dollari per la tubercolosi, 71 milioni per l’Aids e l’epatite, 61 milioni per la malaria, 200 milioni per i viaggi e 450 milioni per la poliomielite. Durante un viaggio in Guinea, la direttrice generale dell’Oms, Margaret Chan, ha elogiato gli operatori sanitari dell’Africa occidentale. Poi ha soggiornato nella suite presidenziale più grande dell’hotel Palm Camayenne di Conakry. Il prezzo della suite è di 1.008 dollari a notte. L’AP riferisce che Chan ha speso più di 370 mila dollari in viaggi in un solo anno. Bruce Aylward, che ha diretto la risposta dell’Oms all’epidemia di Ebola, ha accumulato quasi 400 mila dollari in spese di viaggio durante la crisi dell’Ebola. Un ex ministro norvegese, Erik Solheim, da numero uno della Unep, l’Agenzia delle Nazioni Unite per la difesa dell’ambiente, ha speso mezzo milione di dollari per viaggi ufficialmente di lavoro ma in realtà per piacere o per motivi personali. Scandali che minano la credibilità di una struttura già considerata inutile.

La metà delle spese della Fao se n’è andata in gestione della struttura. Lo ha rivelato il rapporto di un comitato di valutazione commissionato dalle Nazioni Unite e guidato da Leif Christoffersen: “In molti uffici i costi amministrativi sono superiori ai costi del programma”. Brett Shaefer della Heritage Foundation ha calcolato che in un anno il 45 per cento del budget dell’Unesco va in spese del personale, viaggi e costi operativi. Denaro che non lascia mai la bella sede di Parigi.

Nel 2000, l’Onu aveva trentamila dipendenti. Il numero è aumentato a 106.059 nel 2017 e 133.126 nel 2023. Il numero di impiegati all’Unhcr, l’agenzia dei rifugiati, è passato da 4.142 a oltre diciannovemila. Anche la Corte internazionale di Giustizia è quadruplicata dal 2000 e con scarsissimi risultati, spesso comici. I giudici e i loro coniugi viaggiano in prima classe. Ora si torna indietro. Presso l’Unhcr, i licenziamenti sono già iniziati. Il numero totale di dipendenti è sceso da 19.768 a fine 2024 a 17.575 a maggio. Nel 1996, gli Stati Uniti di Bill Clinton suggerirono all’Onu di chiudere una delle sue agenzie più assurde, l’Organizzazione per lo sviluppo industriale (Unido). Oggi ha ancora 646 dipendenti. Quanto prende il direttore associato di un ufficio delle Nazioni Unite? Il conto lo ha fatto il New York Daily News: 143 mila dollari all’anno, 65 mila dollari di benefit e il rimborso di una parte dei viaggi per tornare nel paese di origine e per l’istruzione dei figli.

L’impatto economico dell’Onu è evidente a Gigiri, un angolo verde di Nairobi. I cartelli stradali lasciano intuire l’importanza dei cinquemila dipendenti delle Nazioni Unite che vi lavorano per l’economia locale: United Nations Crescent conduce a United Nations Avenue. Il quartiere è pieno di ristoranti, caffè e hotel di lusso, prezzi inaccessibili per la maggior parte dei kenioti.

Qualche anno fa, un anonimo dirigente dell’Onu scrisse un articolo formidabile sul Guardian: “I rapporti che invii non vengono accolti con una risposta. Hai un ufficio. Non una tenda, non un container: un ufficio vero e proprio, con un telefono, un computer e una connessione internet a tutto gas. I tuoi colleghi vestiti Armani entrano, caffè in mano, alle dieci meno un quarto. Non c’è niente di urgente da fare, tutto può aspettare, è solo carta. Non ci sono famiglie ansiose sedute fuori dalla tua porta, in attesa di notizie del loro figlio rapito. Nessun volto affamato premuto contro il finestrino della tua auto mentre attraversi un campo profughi. Niente vedove, padri, madri che piangono e implorano un minuto della vostra attenzione. Non dovete lavorare nei fine settimana, perché nessuno lo fa e farlo creerebbe un brutto precedente. Inoltre, potete sposarvi e avere figli. Assicurazione sanitaria. Contributo pensionistico. Borsa di studio per i vostri figli. Sussidio per l’affitto. Aumenti salariali regolari. Impari a reclutare persone che non ti minacceranno: i mediocri, coloro che capiranno le regole del gioco”.

All’Onu circola così una battuta che è quasi un epitaffio sui suoi ottant’anni: l’unico malato che l’Organizzazione mondiale della sanità non è riuscito a curare è la burocrazia.

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