Vivere per la proposta di legge Eutanasia Legale

Libertà sessuale, libera sessualità- 1976 - Adele Faccio

Piano improvisation di Salvatore Maresca Serra

Alba Montori su Facebook

martedì 9 settembre 2025

1.124.513 firme verificate Consegnate in Commissione europea: l’Italia protagonista di My Voice My Choice



Lunedì è stata una giornata incredibile: ho avuto l’onore e la responsabilità – quella bella, che ti fa sentire parte di qualcosa di davvero grande – di rappresentare l’Italia a Bruxelles, nel giorno in cui abbiamo consegnato ufficialmente alla Commissione europea 1.124.513 firme verificate a sostegno dell’Iniziativa dei Cittadini Europei My Voice My Choice. L’Italia ha dato un contributo decisivo a questo risultato storico, con 161.254 firme verificate, fondamentali per il successo dell’iniziativa a livello europeo.

È stata un’esperienza intensa e indimenticabile, con una manifestazione davanti al Parlamento e alla Commissione, seguita da una conferenza stampa internazionale e il mio intervento che puoi rivedere cliccando sul video qui sotto:

Un vortice di emozioni mi ha accompagnata: entusiasmo, orgoglio e la consapevolezza di portare con me non solo dei numeri, ma il valore di ogni firma raccolta, di ogni ora trascorsa ai tavoli, di ogni gesto di attivisti e volontari, e di una rete senza precedenti che ha reso possibile tutto questo. 

Nel corso della conferenza stampa è stato ricordato un impegno espresso già nel 2019 dalla Presidente Ursula von der Leyen: “Il compito della Commissione europea in questo ambito è fornire pieno sostegno agli sforzi degli Stati membri per l’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, rilevanti per la salute delle donne, l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva, alla pianificazione familiare e all’educazione.”


Parole importanti, che oggi – grazie ad oltre un milione di firme raccolte – chiediamo diventino finalmente azioni concrete

Da oggi si apre una fase cruciale che nei prossimi mesi vedrà tre appuntamenti fondamentali:

  • Ottobre 2025 – Audizioni presso la Commissione europea
    Sarà il primo momento ufficiale di confronto con i Commissari europei. Lì presenteremo nel dettaglio la nostra proposta.

  • Dicembre 2025 – Hearings al Parlamento europeo
    L’iniziativa sarà discussa in un’audizione pubblica con eurodeputati e gruppi politici. Sarà un’occasione fondamentale per mettere il tema dei diritti riproduttivi al centro dell’agenda politica europea e raccogliere sostegno trasversale.

  • Entro marzo 2026 – Risposta ufficiale della Commissione europea
    La Commissione dovrà poi esprimersi formalmente sull’iniziativa, fornendo una risposta motivata: accettare o meno la proposta e, in caso positivo, avviare l’iter legislativo. Sarà il momento della verità, quello in cui capiremo se le oltre un milione di voci raccolte saranno ascoltate con serietà e responsabilità.

Alba, per la prima volta, il diritto all’aborto sarà discusso con una proposta legislativa concreta dei cittadini e delle cittadine all’interno delle istituzioni europee e come Associazione Luca Coscioni faremo tutto il possibile perchè la politica - italiana ed europea - ascolti davvero la volontà e le voci di oltre 1 milione di persone.

Non possiamo fermarci adesso. Dobbiamo mantenere viva l’attenzione, continuare a mobilitarci e portare ovunque questa voce che viene dal basso, dall’Europa reale, dalle persone.

Abbiamo scritto insieme una pagina di storia. Ma questa storia continua, e ha bisogno di te e di tutte e tutti noi per andare avanti.

Con orgoglio e gratitudine,

Alice Spaccini
Coordinatrice mobilitazione italiana – My Voice My Choice




lunedì 25 agosto 2025

Abolire L'ONU?

Dal FOGLIO del 23/08/2025, a pagina III, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Il palazzo da chiudere".


Giulio Meotti


L'ONU costa tanto, non risolve alcuna crisi ed è bravo solo a punire Israele, in ogni occasione. Invece che rinnovare i loro lauti finanziamenti, i governi membri dovrebbero chiederne la chiusura: non solo della sua sede a New York, ma proprio dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Dai rossi italiani ai vini di Samarcanda: per trovarli sulla stessa carta si può riservare un tavolo alla Delegates Dining Room delle Nazioni Unite. E’ uno dei migliori ristoranti di New York. Da lì si può anche godere della vista sull’East River e sul Queens. Ma entro la fine del 2026, i dipendenti di tre agenzie dell’Onu, UN Women, Unicef e il Fondo per la popolazione (Unfpa) trasferiranno la loro sede centrale da New York a Nairobi, dovendosi accontentare della cucina keniota. Ma visto che il cosiddetto “personale professionale” dell’Onu, che si sposta in tutto il mondo, guadagna uno stipendio base che va dai 46 mila dollari all’anno per un esperto alle prime armi ai 205 mila dollari per un dirigente, saranno più che sufficienti per costruirsi una dolce vita anche nelle capitali africane pronte ad accogliere le agenzie. Un afflusso di lavoratori ben pagati dell’Onu fornisce, infatti, una spinta economica per qualsiasi città.

Quando le Nazioni Unite furono istituite nel 1945, le città americane gareggiarono per ospitarne la sede centrale. Da allora, città come Copenaghen e Ginevra hanno conquistato varie agenzie delle Nazioni Unite con nuovi edifici scintillanti e incentivi fiscali. I calcoli dell’ufficio del sindaco di New York suggeriscono che l’Onu aggiunge 3,7 miliardi di dollari al reddito annuo della città, scrive l’Economist. L’Onu, le sue agenzie e affiliate rappresentano insieme il 22esimo datore di lavoro di New York, con 10.900 dipendenti.

Ora il Palazzo di vetro sta finendo in bancarotta. I primi segni della crisi si videro cinque anni fa, quando le scale mobili erano state disattivate per un po’ presso la sede centrale di New York per risparmiare denaro. E tagli mai visti prima saranno presentati come una opportunità per “decolonizzare” l’Onu.

L’Unaids, l’agenzia per la lotta all’Aids, sta tagliando il personale della sua sede centrale di Ginevra di oltre l’85 per cento, passando da 127 a soli 19 dipendenti, nell’ambito di una radicale ristrutturazione che durerà un anno. Anche l’Oms prevede di ridurre le posizioni di medio livello del 40 per cento, e i tagli potrebbero raggiungere il 40 per cento anche presso la sede centrale a Ginevra, da poco ristrutturata e che conta oltre 2.600 dipendenti. Alcuni dipendenti e dipartimenti verrebbero trasferiti in altre città meno costose. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, prevede di trasferire 120 dei 900 posti di lavoro con sede a Ginevra in centri meno costosi. L’Agenzia per il commercio e lo sviluppo prevede di tagliare 70 posizioni, pari al venti percento della sua forza lavoro. Si prevede che i nuovi tagli all’Organizzazione internazionale per le migrazioni avranno un impatto su almeno il venti per cento degli oltre mille dipendenti della sede centrale. L’Alto Commissariato per i rifugiati ha dichiarato di ridurre i costi del 30 per cento e dimezzare le posizioni dirigenziali. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, l’Unicef, prevede che i suoi finanziamenti saranno ridotti di almeno un quinto nel 2025 rispetto al 2024. Anche l’Ufficio per il coordinamento degli Affari umanitari, noto come Ocha, ha annunciato di tagliare di un quinto il suo personale di 2.600 persone. Secondo una nota interna visionata da Reuters, il Segretariato delle Nazioni Unite si sta preparando a tagliare del venti per cento il suo bilancio di 3,7 miliardi di dollari e a tagliare 6.900 posti di lavoro su 33 mila persone. Cosa sia l’Onu lo spiega Jean-Pierre Lehmann, professore di Economia politica internazionale a Losanna: “Oggi serve come una miniera d’oro per un sistema occupazionale gonfio”. E’ la più grande burocrazia del mondo.

La credibilità delle Nazioni Unite non è mai stata così a terra: accusate di complicità con Hamas nella guerra di Gaza scoppiata il 7 ottobre 2023, inesistenti sul fronte ucraino, malate di sclerosi amministrativa e scandali. L’Onu festeggia un tristissimo ottantesimo anniversario. E se sparare contro le Nazioni Unite è stato quasi come sparare sulla Croce Rossa, il “ricorso all’Onu” è diventato l’alibi dei Brics che vogliono fare la pelle all’occidente e del pacifismo ad oltranza. In medio oriente, dal 2011, una serie di inviati delle Nazioni Unite – tre in Yemen, quattro in Siria e sei in Libia – ha cercato di risolvere le guerre civili, senza alcun successo. Se consideriamo i fallimenti (Srebrenica, Ruanda, abusi sessuali in Congo, colera a Haiti, “oil for food” in Iraq e altri) e i successi, la bilancia pende a dir poco verso i primi. Non c’è agenzia che non si sia compromessa con qualche dittatura. Molte svolgono un buon lavoro (Fao), altre sono inutili (Unido), altre dannose (Unrwa). E al vertice, l’Onu riflette ancora il mondo del 1945.

In un anno gli Stati Uniti hanno contribuito con oltre 18 miliardi di dollari, pari a un terzo dei finanziamenti totali delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno fornito al sistema delle Nazioni Unite più finanziamenti di quelli di altri 185 stati membri messi insieme. Con Donald Trump, la musica si è fermata e ora l’Onu deve tagliare. La strategia del segretario generale, Antonio Guterres, di scommettere sul “sud globale” si sta rivelando più complicata del previsto (il sud globale non finanzia il Palazzo di vetro).

Eppure, il bilancio ordinario del Segretariato delle Nazioni Unite è aumentato in maniera mostruosa negli ultimi anni: 3,59 miliardi di dollari approvati per il 2024, 3,72 miliardi di dollari approvati per il 2025, quando storicamente, dalla fine degli anni 90 al 2010-2011, il bilancio biennale ordinario è cresciuto da 2,49 miliardi di dollari a 5,42 miliardi di dollari, con un aumento del 117 per cento. Tra il 2000-2001 e il 2010-2011, il bilancio è aumentato da 2,4 miliardi di dollari a 4,2 miliardi di dollari, con un aumento del 75 per cento. Ora è arrivato il momento dell’austerity.

Guterres, il cui stipendio è di 418,348 dollari all’anno (più alto di quello del presidente degli Stati Uniti), ha appena informato che l’anno scorso all’Onu si sono svolte 27 mila riunioni che hanno coinvolto 240 organismi, e che il Segretariato delle Nazioni Unite ha prodotto 1.100 rapporti, con un aumento del venti per cento dal 1990. “L’enorme numero di riunioni e report sta spingendo il sistema – e tutti noi – al punto di rottura”, ha affermato Guterres. “Molti di questi report non sono letti da nessuno”.

Alcuni membri pagano le loro fatture in ritardo e altri non lo fanno affatto. L’Onu riscuote le quote obbligatorie nell’anno in cui intende spenderle. Per questo motivo, i membri dovrebbero versare le loro quote a gennaio in modo che l’Onu possa pagare il personale e i fornitori. Ma i paesi pagano le quote obbligatorie sempre più tardi. Poi ci sono i free-rider. Quest’anno solo 49 paesi hanno pagato puntualmente, costringendo l’Onu a ridurre le spese e a rinviare i pagamenti. Nel dicembre 2024, le Nazioni Unite avevano chiesto 44 miliardi di dollari. Dopo sei mesi, i donatori avevano erogato appena un ottavo della somma richiesta. Così l’Onu ha ora rivisto le priorità e chiesto una cifra inferiore, pari a 29 miliardi di dollari. Questa estate l’aria condizionata è stata impostata a 26 gradi a Ginevra.

Secondo una delle opzioni, gli aspetti operativi del Programma alimentare mondiale, dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (che prevede di tagliare 3.500 posti di lavoro) verrebbero fusi in un’unica entità umanitaria. Si suggerisce di fondere l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids nell’Oms e di ridurre la necessità di un massimo di sei traduttori alle riunioni. Cinque anni fa uno scandalo sessuale si era abbattuto su Unaids, dopo che Martina Broström, dipendente dell’agenzia Onu, aveva rivelato di avere subito per più di un anno molestie da parte di Luiz Loures, vicedirettore esecutivo della stessa istituzione ginevrina.

Secondo l’Associated Press, l’Oms ha speso 59 milioni di dollari per la tubercolosi, 71 milioni per l’Aids e l’epatite, 61 milioni per la malaria, 200 milioni per i viaggi e 450 milioni per la poliomielite. Durante un viaggio in Guinea, la direttrice generale dell’Oms, Margaret Chan, ha elogiato gli operatori sanitari dell’Africa occidentale. Poi ha soggiornato nella suite presidenziale più grande dell’hotel Palm Camayenne di Conakry. Il prezzo della suite è di 1.008 dollari a notte. L’AP riferisce che Chan ha speso più di 370 mila dollari in viaggi in un solo anno. Bruce Aylward, che ha diretto la risposta dell’Oms all’epidemia di Ebola, ha accumulato quasi 400 mila dollari in spese di viaggio durante la crisi dell’Ebola. Un ex ministro norvegese, Erik Solheim, da numero uno della Unep, l’Agenzia delle Nazioni Unite per la difesa dell’ambiente, ha speso mezzo milione di dollari per viaggi ufficialmente di lavoro ma in realtà per piacere o per motivi personali. Scandali che minano la credibilità di una struttura già considerata inutile.

La metà delle spese della Fao se n’è andata in gestione della struttura. Lo ha rivelato il rapporto di un comitato di valutazione commissionato dalle Nazioni Unite e guidato da Leif Christoffersen: “In molti uffici i costi amministrativi sono superiori ai costi del programma”. Brett Shaefer della Heritage Foundation ha calcolato che in un anno il 45 per cento del budget dell’Unesco va in spese del personale, viaggi e costi operativi. Denaro che non lascia mai la bella sede di Parigi.

Nel 2000, l’Onu aveva trentamila dipendenti. Il numero è aumentato a 106.059 nel 2017 e 133.126 nel 2023. Il numero di impiegati all’Unhcr, l’agenzia dei rifugiati, è passato da 4.142 a oltre diciannovemila. Anche la Corte internazionale di Giustizia è quadruplicata dal 2000 e con scarsissimi risultati, spesso comici. I giudici e i loro coniugi viaggiano in prima classe. Ora si torna indietro. Presso l’Unhcr, i licenziamenti sono già iniziati. Il numero totale di dipendenti è sceso da 19.768 a fine 2024 a 17.575 a maggio. Nel 1996, gli Stati Uniti di Bill Clinton suggerirono all’Onu di chiudere una delle sue agenzie più assurde, l’Organizzazione per lo sviluppo industriale (Unido). Oggi ha ancora 646 dipendenti. Quanto prende il direttore associato di un ufficio delle Nazioni Unite? Il conto lo ha fatto il New York Daily News: 143 mila dollari all’anno, 65 mila dollari di benefit e il rimborso di una parte dei viaggi per tornare nel paese di origine e per l’istruzione dei figli.

L’impatto economico dell’Onu è evidente a Gigiri, un angolo verde di Nairobi. I cartelli stradali lasciano intuire l’importanza dei cinquemila dipendenti delle Nazioni Unite che vi lavorano per l’economia locale: United Nations Crescent conduce a United Nations Avenue. Il quartiere è pieno di ristoranti, caffè e hotel di lusso, prezzi inaccessibili per la maggior parte dei kenioti.

Qualche anno fa, un anonimo dirigente dell’Onu scrisse un articolo formidabile sul Guardian: “I rapporti che invii non vengono accolti con una risposta. Hai un ufficio. Non una tenda, non un container: un ufficio vero e proprio, con un telefono, un computer e una connessione internet a tutto gas. I tuoi colleghi vestiti Armani entrano, caffè in mano, alle dieci meno un quarto. Non c’è niente di urgente da fare, tutto può aspettare, è solo carta. Non ci sono famiglie ansiose sedute fuori dalla tua porta, in attesa di notizie del loro figlio rapito. Nessun volto affamato premuto contro il finestrino della tua auto mentre attraversi un campo profughi. Niente vedove, padri, madri che piangono e implorano un minuto della vostra attenzione. Non dovete lavorare nei fine settimana, perché nessuno lo fa e farlo creerebbe un brutto precedente. Inoltre, potete sposarvi e avere figli. Assicurazione sanitaria. Contributo pensionistico. Borsa di studio per i vostri figli. Sussidio per l’affitto. Aumenti salariali regolari. Impari a reclutare persone che non ti minacceranno: i mediocri, coloro che capiranno le regole del gioco”.

All’Onu circola così una battuta che è quasi un epitaffio sui suoi ottant’anni: l’unico malato che l’Organizzazione mondiale della sanità non è riuscito a curare è la burocrazia.

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domenica 17 agosto 2025

"Mettiamo il burqa alla Barbie, Voltaire al rogo e in manicomio chi dissente".

Da Informazione Corretta



Giulio Meotti

Anche la Barbie col velo integrale. Ultima trovata dell'islamicamente corretto. Nel mondo islamico, però, il film Barbie è vietato.

 

Christopher Hitchens, il compianto giornalista inglese di cui mancano tanto la libertà di tono e il coraggio, provò ad avvertirci quindici anni fa:

“Vi prego, resistete finché potete. Perché un giorno diranno che siete islamofobi. I barbari non prenderanno mai la città finché qualcuno non terrà aperte le porte per loro e saranno le autorità multiculturali a farlo per voi. Resistete finché potete. E se vi chiedete cosa succederà se non lo fate, guardate come una squadra di cricket in Inghilterra ha dovuto cambiare nome perché si chiamava Middlesex Crusaders. Resistete finché potete”.

Resistere? Piuttosto, capitolare.

Non si è ancora capito se dal vertice di Anchorage fra lo zar e il tycoon sia uscito qualcosa di buono (per noi occidentali o per i russi), ma sicuramente da Noisy-le-Sec non esce niente di buono.

Dovremmo considerare quello che succede in questo comune nella Seine-Saint-Denis non meno importante di quanto si decide in una base militare in Alaska.

Per rallegrare l’estate dei suoi 45.000 residenti in questa cittadina ultra multiculturale nella vasta banlieue di Parigi, il comune a guida comunista è desideroso di dimostrare che, dopo i kolchoz e le case popolari, gli eredi di Stalin possono ancora promettere un futuro migliore ai loro cittadini. Così ha previsto un cinema all'aperto, offerto gratuitamente.

Ma la proiezione del film Barbie è stata cancellata dopo che un gruppo di islamici ha minacciato gli agenti comunali e i presenti. Il sindaco, Olivier Sarrabeyrouse, ha spiegato che la decisione è stata presa per “tutelare la sicurezza”. La stessa sicurezza compromessa per gli ebrei della Seine-Saint-Denis, da cui l’80 per cento è già scappato.

Difficilmente si sarebbe potuta fare una concessione più generosa al banale spirito woke dei tempi di proiettare questa Barbie che lotta contro il “patriarcato”.

Ma i musulmani hanno accusato il film di “nuocere all’integrità delle donne”. Un po’ come i Talebani - geni del marketing - che hanno messo al bando la Barbie.

Noisy-le-Sec non è fuori dalla Francia; ne è il cuore. Dopo la carne halal nelle scuole vedremo l’etichetta “film certificato compatibile con il Corano”? Dopo tutto, Barbie è stata vietata nel mondo islamico (assieme a Victor Hugo e Dostoïevski).

Non abbiamo più politici e giornalisti che sappiano gridare che la libertà non si negozia? Di giornalisti simili ce ne sono, ma in Francia sono tutti sotto scorta. Per l’esattezza ce ne sono 120 sotto protezione. Non è un numero banale.

Il ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, ha condannato la capitolazione, dichiarando che “in Francia non esiste la polizia dei costumi e della virtù”. Falso, esiste eccome.

Perché come ha scritto uno dei più famosi giornalisti di sinistra, “ridiamo del Papa e del suo gregge, mai di Maometto e dei suoi seguaci”.

La Francia è passata dal “vietato vietare” del ‘68 dei libertini a “vietato parlare” dei progressisti. E con loro la sharia sta facendo passi da gigante.

Quelli che seguono sono tutti episodi di guerra culturale apparentemente ridicoli ma che mettono a dura prova la spina dorsale dell'Europa. Se non difendiamo un innocuo film hollywodiano, un libro, un quadro, una vignetta e altro, da un gruppo di islamici, come possiamo aspettarci di difendere la nostra civiltà da una immensa coalizione di estremisti che ci odiano?

Lione

A Lione, mezzo milione di abitanti al 30 per cento islamica, il negozio “Jennah Boutique” ha aperto i battenti a giugno, richiedendo a chiunque di indossare il velo per entrare. Il marchio ha un negozio anche a Noisy-le-Sec.

E cosa volete che sia se alcune macellerie non islamiche hanno già smesso di vendere il prosciutto.

E cosa sarà mai se ora gli insegnanti devono autocensurarsi nelle lezioni di biologia sul corpo umano?

A luglio, il documentario Dio può difendersi da solo non è stato proiettato al cinema di Saint-Ouen, nella Seine-Saint-Denis. Il film, che ripercorre il processo per l’attentato di Charlie Hebdo, è stato annullato. Ufficialmente per “evitare qualsiasi dibattito politico”. Ufficiosamente? Paura. Ennesima rinuncia, in un paese dove persino la memoria sta diventando “troppo sensibile”.

Gli studenti francesi dovevano assistere alla proiezione del film Persepolis in un cinema, quando il loro insegnante ha preferito annullare tutto. Succede nell'Ardèche, dove “per paura della reazione degli studenti musulmani”, rivela il Journal du dimanche, l’autocensura ha preso il potere. “Alcuni studenti sono musulmani e le loro reazioni potrebbero mettermi in pericolo”, confida il professore. E ha aggiunto: “Non siamo al sicuro dai fanatici”.

“Borat offende l’Islam”. E anche il poster del film con Sacha Baron Cohen è stato censurato in alcuni bus di Parigi. La sharia non prevede nudità.

Il poster del film di Nicolas Boukhrief Made in France, con un kalashnikov sovrapposto alla Torre Eiffel, era già nei corridoi della metropolitana di Parigi quando il commando dell’Isis è entrato in azione la notte del 13 novembre. L’uscita del film è stata immediatamente sospesa e Made in France relegato all’on demand. E il manifesto che accompagna la nuova uscita digitale perse il kalashnikov in locandina e la frase premonitrice: “La minaccia viene da dentro”.

Alcuni sindaci francesi, come a Nantes e Villiers-sur-Marne, hanno vietato la proiezione di Timbuktu sui gruppi islamici che si sono impadroniti della città africana, imponendo un regno di morte.

L’Apotre, il film di Cheyenne Carron, è stato deprogrammato dai cinema “per prevenire il rischio di attacchi”. Racconta la conversione di un musulmano francese al cattolicesimo. E in Francia prima di Carron nessuno aveva mai portato sul grande schermo una storia di conversione al Cristianesimo dal Corano.

L’antropologa francese Florence Bergeaud-Blackler non solo è stata messa sotto protezione della polizia dopo la pubblicazione del suo libro sui Fratelli Musulmani, ma la Sorbona ha annullato una sua conferenza per “motivi di sicurezza”.

Il libro di Hamed Abdel Samad, Il fascismo islamico, è stato censurato dalla casa editrice parigina Piranha, che aveva acquisito i diritti e c'era anche una data di uscita su Amazon.

Lo stesso ha fatto Michel Onfray, che rinunciò a pubblicare in Francia il suo libro sull’Islam.

Quando Le Parisien ha pubblicato un articolo su un’accademica licenziata in America per aver mostrato un’immagine di Maometto, lo ha fatto oscurando il volto di Maometto.

Gli insegnanti della scuola media Jacques-Cartier di Issou, fuori Parigi, sono entrati in sciopero dopo le minacce di allievi musulmani. Durante una lezione, un’insegnante ha mostrato agli alunni di prima media un dipinto del XVII secolo, Diana e Atteone di Giuseppe Cesari, che raffigura il passaggio delle Metamorfosi di Ovidio nel quale Atteone sorprende Diana e le sue ninfe senza vestiti mentre si lavano alla sorgente. I genitori degli alunni islamici si sono presentati davanti alla scuola per attaccare il professore.

Cinema, case editrici, giornali, università. E parliamo del paese che ha ancora la più solida cultura di libertà.

“Siamo in Francia o in Pakistan?”, ha chiesto il compianto intellettuale francese Jacques Julliard.

Questa settimana gli islamici hanno abbattuto anche l’albero che commemora Ilan Halimi, il ragazzo ebreo rapito, tenuto prigioniero come a Gaza in una banlieue parigina, torturato e bruciato vivo.

Che fare?

Visto che di resistere finché possiamo come chiedeva Hitchens non se ne parla, mettiamo il velo alla Barbie (già che ci siamo, facciamole anche una mutilazione genitale) e al rogo Voltaire. Ah no, è già successo.

La Mattel ha già realizzato la prima Barbie velata, la chiamano Hijarbie. Epocale il lancio sulla CNN: “Per la prima volta in assoluto, Barbie indossa l'hijab. La nuova bambola fa parte di un più ampio progetto di Mattel per diversificare la linea Barbie”.

Anche la nuova dittatura culturale si richiama alla “diversità” (qualcuno ha scritto che nessuna dittatura ha mai preso il potere annunciandosi come dittatura).

E a Ginevra, la città dove si rifugiò quel grande filosofo livoroso di François-Marie Arouet, Maometto o il fanatismo di Voltaire ha suscitato l’ira della comunità islamica e le autorità intimorite ne hanno disposto la cancellazione. In Francia, quando il comune di Saint-Genis-Pouilly ha deciso di mettere in scena il testo di Voltaire il risultato sono state auto distrutte, violenze e disordini. Al tempo, il sindaco ha chiamato rinforzi della polizia per proteggere il teatro. Ma erano vent’anni fa.

E da allora, il testo di Voltaire è scomparso. Hervé Loichemol, il regista teatrale che ha prodotto le letture dell’opera di Voltaire a Saint-Genis-Pouilly e Ginevra, disse sulla censura: “È così che inizia la catastrofe”.

La catastrofe ora è in pieno svolgimento. Felice soumission a tuttə.


Dalla newsletter di Giulio Meotti 

mercoledì 2 luglio 2025

Al via la raccolta firme per l’Eutanasia Legale anche on-line

 


In tutta Italia l'aiuto medico alla morte volontaria è legale grazie alla sentenza 242/2019 sul caso “Cappato-Dj Fabo”. Una persona dipendente da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che trova intollerabili, capace di scelte libere e consapevoli, oggi può chiedere al Sistema Sanitario nazionale di verificare le proprie condizioni e di essere aiutata ad autosomministrarsi un farmaco letale.

Da allora, in questi anni, solo 8 persone sono riuscite ad ottenere questo tipo di aiuto.

In assenza di procedura e tempi certi infatti, ci sono persone malate che hanno atteso anche tre anni prima di ottenere una risposta. Solo in Regione Toscana ora esistono regole certe, grazie all'approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare “Liberi Subito” dell'Associazione Luca Coscioni.

Oggi il Governo si è convinto della necessità di una legge, come più volte chiesto dalla Corte costituzionale al Parlamento. Il rischio però è che ora si approva una legge per ridurre i diritti già riconosciuti e tagliare fuori il Servizio Sanitario nazionale, mentre servirebbe una legge che consenta di ottenere l'aiuto alla morte volontaria, eventualmente anche per mano di un medico, anche a chi non dipende da trattamenti di sostegno vitale, così come accade in Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna.

Per questo il 26 giugno abbiamo iniziato la raccolta delle 50.000 firme necessarie a depositare la proposta di legge Eutanasia Legale da noi promossa. Vogliamo depositarla in Parlamento entro metà luglio, in tempo per l'avvio del dibattito sul tema al Senato, nella speranza che si decida al di là delle logiche di partito o di schieramento, proprio come sta avvenendo nel Parlamento francese e inglese.
PDL Eutanasia Legale

Ogni persona deve poter scegliere: al via la raccolta firme per legalizzare tutte le scelte di Fine vita

Una legge chiara, giusta e uguale per tutti. È questo l'obiettivo della proposta di iniziativa popolare Eutanasia Legale, che prevede per le persone affette da una condizione irreversibile o da una patologia con una prognosi infausta a breve termine l'assistenza per porre fine volontariamente alla propria vita mediante autosomministrazione o somministrazione di farmaci per la fine vita.

👉 Firma e fai firmare la nostra proposta di legge con SPID e CIE

Primo caso SMA Toscana

Fine Vita: in Toscana il primo caso dopo la legge “Liberi Subito”

Lo scrittore Daniele Pieroni era affetto da morbo di Parkinson ea causa di una grave disfagia, era costretto a vivere con una gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) in funzione per 21 ore al giorno. E' stato il primo caso di morte volontaria assistita in Toscana grazie alla sentenza della Corte costituzionale e alla nuova legge regionale toscana “Liberi Subito”, approvata a febbraio 2025. A dimostrazione della piena applicabilità della norma, nonostante l'impugnazione ideologica da parte del Governo.

👉Per maggiori dettagli leggi l'articolo completo

Disabilità

Ausili per la disabilità: tempi lunghi e costi aggiuntivi. Serve un intervento immediato

Un diritto, quello all'assistenza protesica, che rischia di rimanere solo sulla carta. Abbiamo consegnato alla Commissione nazionale LEA del Ministero della Salute un'indagine pubblica che segnala le gravi criticità nell'accesso agli ausili destinati alle persone con disabilità grave. La realtà di un sistema inefficiente.

👉 Tutti i dettagli sull'indagine svolta, le testimonianze raccolte e l'analisi effettuata nell'articolo completo

Relazione Ministero 2025 su Tossicodipendenze

La Relazione del Governo sulle tossicodipendenze al Parlamento confonde i numeri

E' stato pubblicato sul sito del dipartimento per le Politiche Antidroga il testo della Relazione 2025 sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, ma per approfondire seriamente il fenomeno delle sostanze stupefacenti illecite e il loro impatto sulla società occorre leggere il XVI Libro Bianco sulle droghe.

👉 Perché la relazione ufficiale non basta? Le critiche svelate

A Pavia nasce una nuova Cellula Coscioni: diritti, libertà e autodeterminazione al centro dibattito del pubblico

Un nuovo presidio di libertà prende vita a Pavia. Con l'evento pubblico intitolato Dal corpo delle persone al cuore della politica ha iniziato la sua attività ufficiale la Cellula Coscioni di Pavia. Una serata promossa dal Gruppo Territoriale M5S Pavese con il supporto di ANFFAS, CGIL, UILDM e dell'Associazione Luca Coscioni. Un'occasione importante per riflettere su diritti civili, disabilità e autodeterminazione, ma anche per celebrare la nascita della nuova Cellula Coscioni cittadina, con la partecipazione di Marco Cappato e Cristiana Zerosi.

Rock 'n' Rights: diritti civili, musica e impegno sociale a Passirano con la Cellula Coscioni di Brescia

Un'iniziativa all'insegna della buona musica, dell'ottimo cibo e della battaglia per i diritti civili. Presso il Birrificio Curtense di Passirano (BS) si è svolto il Rock 'n' Rights, una giornata imperdibile dove l'energia della musica rock ha incontrato l'impegno grazie all'organizzazione di realtà come la Ciurma Pastafariana, Amnesty International Lombardia, Brescia per Mediterranea e la Cellula Coscioni di Brescia. Che serata.

FILOMENA GALLO A FUORI TG

I diritti che ci riguardano da vicino sono al centro della trasmissione di Tg3, Fuori Tg durante la quale Patrizia Senatore ha intervistato Filomena Gallo, avvocata e Segretaria dell'Associazione Luca Coscioni

👉 Guarda la puntata
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